domenica 6 agosto 2023

Il Giappone si arrese prima del lancio della bomba atomica?

 Un epilogo atomico per favorire la globalizzazione?

Lo sostiene Marco Pizzuti, nel suo libro 
"Rivelazioni non autorizzate" 

La Seconda guerra mondiale, come tristemente noto, terminò con il lancio dei primi due ordigni nucleari contro la popolazione civile giapponese di Hiroshima (6 agosto 1945) e Nagasaki (9 agosto 1945).

Vennero così sterminate centinaia di migliaia di persone, le più fortunate delle quali perirono cremate all'istante, mentre tutte le altre patirono una lunga e dolorosa agonia tra le malattie letali e le orribili mutazioni genetiche indotte dalle radiazioni. Le bombe atomiche, insomma, non furono lanciate su obiettivi militari come fortificazioni o flotte navali all'ancora, ma su alcune delle città più densamente popolate del Giappone.

La giustificazione di un simile gesto la troviamo propagandata su tutti i libri di scuola e recita sostanzialmente quanto segue : 
''Bisognava piegare l'armata nipponica per evitare il prolungamento della guerra e imporre all'imperatore la resa incondizionata senza che fosse necessario invadere il Giappone. In tal modo e' stato risparmiato l'inutile sacrificio di molti soldati americani''.

Stando quindi alla versione ufficiale si trattò di una scelta inevitabile e quindi del 'male minore'...


L'ordine venne impartito dal successore di Roosevelt, ovvero dall'ennesimo gran maestro massone della Casa Bianca, Harry Truman.

Tuttavia solo diciotto mesi più tardi fu egli stesso ad ammettere:

  ''Ai giapponesi venne fatto pervenire un leale avvertimento e furono offerti dei termini, che alla fine essi accettarono, ben prima della caduta della bomba''.

Quello che gli yesman della storia ufficiale non dicono, infatti, è che il Giappone aveva accettato di arrendersi la primavera precedente alle stesse condizioni che furono accettate dopo il lancio delle micidiali bombe sulla popolazione civile.

La resa incondizionata dell'imperatore Hirohito era stata raggiunta grazie alla mediazione con il Vaticano e ciò venne confermato sia dall'ex ministro britannico Tony Benn che dal colonnello in pensione Donn Grand Pre. Quest'ultimo infatti dichiarò in un articolo comparso il 12 settembre 1994 su The Spotlight (un giornale d'inchiesta americano) di sapere con certezza che i giapponesi si erano dichiarati disposti alla resa ben prima di Hiroshima. 

Aggiunse inoltre che nel maggio 1945 aveva messo in fuga dal Burma settentrionale ciò che rimaneva dell'esercito giapponese con le sue truppe mentre le squadriglie di B-29 stavano martoriando la città di Tokyo.

Pertanto come affermato sempre dal colonnello Donn Grand Pre : ''L'effetto psicologico dell'esplosione delle bombe era quello di creare una paura così estesa della potenza dell'energia atomica da spingere le nazioni a rinunciare alla loro sovranità, cedendo tutte le loro forze armate ad un governo mondiale, abdicando così alla propria libertà''.


Per la solita e doverosa par condicio riporto qui una risposta all'articolo originale
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"Questa notizia è un falso storico.
Per comprendere come sono andate le cose bisogna calarsi nella situazione di settanta anni fa. Pensare con la testa di chi vive ai giorni nostri non ci è di aiuto per comprendere la vicenda.
Gli Stati Uniti svilupparono la bomba atomica per timore che Hitler la ottenesse prima di loro.
Anche Einstein fece pressione sugli Stati Uniti perché avviasse il Progetto Manhattan.
Vinta la guerra in Europa, gli Stati Uniti continuavano a combattere e morire nel Pacifico quando la bomba fu infine realizzata e testata nel Nuovo Messico.

I giapponesi non si arresero assolutamente prima.

Per loro era impensabile anche solo prenderlo in considerazione. Figurarseli a trattare una resa, è completamente fantasioso e fuori dalla realtà.
Spiace dirlo, ma tra gli strateghi militari della WWII la bomba atomica era semplicemente una bomba più grossa delle altre. Alcune cittadine tedesche furono bombardate così fittamente che gli effetti sarebbero stati gli stessi utilizzando l'atomica.
Gli effetti collaterali delle radiazioni erano stati fortemente sottovalutati.

I bombardamenti dei civili giapponesi seguirono la stessa logica di quelli europei. Punire la popolazione che appoggiava i regimi, in modo da destabilizzare la nazione.

Nonostante i bombardamenti continui su Tokyo e le altre metropoli, i giapponesi continuavano a non piegarsi. Così si decise di utilizzare l'arma atomica. Anche per dare un avvertimento alla Russia, alleato di comodo delle forze occidentali. Con cui si sarebbe presto entrati in contrapposizione nella successiva guerra fredda.

I giapponesi dopo la prima atomica non si arresero. Alla seconda finalmente ci fu la reazione dell'imperatore che annunciò alla radio la resa e la fine delle ostilità.

Fu un momento molto drammatico per i giapponesi. Nessuno prima di allora (tolti pochissimi collaboratori) aveva mai udito la voce dell'imperatore. La resa fu una grande vergogna per tutti. Solo l'imperatore in persona poteva fermare la resistenza giapponese.

Prima della resa giapponese, gli americani avevano pianificato l'invasione dell'isola attraverso il lancio preventivo sulle coste di altre sei bombe, per non ripetere il massacro dello sbarco in Normandia. Ma per fortuna non c'è ne fu bisogno, perché oggi sappiamo che quei soldati sarebbero comunque morti a causa delle radiazioni.

Ed ora spendiamo due parole sulla crudeltà dei bombardamenti sui civili. 

Gli alleati non furono i primi ad adottare questa strategia. A segnare il passo furono i tedeschi.
Durante le prime fasi dell'invasione dei paesi alleati, i Paesi Bassi furono conquistati in pochi giorni. A guerra finita Hitler diede l'ordine di bombardare Rotterdam. Più di 2000 persone morirono al solo dichiarato scopo di mostrare la crudeltà tedesca nei confronti delle razze inferiori.
Infine esprimo il mio più grande senso di disprezzo per chi riscrive le pagine della nostra storia in modo così meschino. Invito tutti a riflettere. Leggere e informarsi da più fonti. Non dare per vera una notizia solo perché qualcuno l'ha scritta, ma dubitare.
Siate critici, e fatelo per voi stessi. Proteggetevi da chi abusa della vostra buona fede."
Fonte: nomassoneriamacerata.blogspot.it


Il messaggio dell'imperatore Hirohito

Il 15 agosto 1945, poco prima di mezzogiorno, in tutto il paese le persone si radunarono intorno ai pochi apparecchi radio disponibili, che trasmettevano solo l’unico canale statale, e si misero all’ascolto. 

Hirohito era salito al trono quasi due decenni prima, nel dicembre 1926, e da allora non non aveva mai parlato direttamente al suo popolo. L’evento era quindi eccezionale; ma il messaggio dell’imperatore sarebbe stato ancora più indimenticabile.

Il sonoro era disturbato quando dalle radio uscì una voce molto impostata, acuta. «Ai nostri bravi e leali sudditi – cominciò – Dopo aver soppesato a fondo gli andamenti generali del mondo e le condizioni reali che si sostanziano oggi nel nostro impero, abbiamo deciso di effettuare una risoluzione che fa ricorso a una misura straordinaria».



L’imperatore non parlava nella lingua quotidiana dei giapponesi, ma in un linguaggio altamente formale e ornato di molte frasi classiche. Molti in ascolto non riuscirono a comprendere subito che cosa il sovrano cercasse di dire loro.

«Abbiamo ordinato al nostro governo di comunicare ai governi degli Stati Uniti, della Gran Bretagna, della Cina e dell’Unione Sovietica che il nostro impero accetta quanto previsto dalla loro dichiarazione congiunta», proseguì la voce. La «dichiarazione congiunta» era la posizione degli Alleati nei confronti delle nazioni ancora in guerra espressa dopo la conferenza di Potsdam, il 26 luglio.

Churchill e Roosevelt chiarirono che, dopo la fine del conflitto in Europa, l’unica possibilità per il Giappone rimasto solo a combattere nel Pacifico era la resa incondizionata del nemico o, in alternativa, «l’immediata e completa distruzione».

La voce proseguì: «la situazione della guerra si è sviluppata in modo non necessariamente favorevole al vantaggio del Giappone». Fu quanto di più vicino ad una ammissione di sconfitta uscì dalla voce dell’imperatore. 
Parlava a un paese in ginocchio: il 9 e 10 marzo 1945 l’aviazione americana lanciò il primo attacco incendiario contro la capitale Tokyo, densamente popolata. Il 40 per cento della città venne ridotta in cenere dalla cosiddetta “tempesta di fuoco” causata dalle bombe incendiarie morirono oltre centomila persone.

«Inoltre, il nemico ha cominciato ad impiegare una nuova e crudelissima bomba, il cui potere di causare danni è, infatti, incalcolabile, prendendo il tributo di molte vite innocenti. Se dovessimo continuare a combattere, ciò risulterebbe non solo nel collasso finale e nella cancellazione della nazione giapponese, ma ciò porterebbe anche alla totale estinzione della civiltà umana».

I due bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki erano avvenuti il 6 e il 9 agosto. Due B-29 avevano sganciato Little Boy e Fat Man, i primi – e unici – ordigni nucleari utilizzati in operazioni di guerra, avevano causato la distruzione delle due città e un numero di morti che prima della fine del 1945 avrebbe superato le centocinquantamila persone. Gli attacchi aerei dell’aviazione americana avevano devastato altre sessantaquattro delle maggiori città del paese. Nelle aree urbane bombardate, una media del 40 per cento delle abitazioni era stata distrutta – il 65 per cento a Tokyo – e un terzo della loro popolazione era senza più una casa ...

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