lunedì 18 settembre 2017

Qui e ora: basta per essere felici?

Il “qui e ora” viene spesso presentato con l’aneddoto del maestro zen che, inseguito da una tigre, arriva sull’orlo di un precipizio. Riesce ad arrampicarsi su un ramo sporgente, ma si rende conto che questo non reggerà il suo peso a lungo. Come se non bastasse, sul fondo del dirupo un’altra tigre lo aspetta per divorarlo. Non potendo risalire o scendere, la sua morte è certa. A quel punto l’uomo scorge una fragola lì accanto, la prende, la mangia e… “Mmm… com’è buona!”

Il qui e ora è la capacità di vivere in profondità il momento presente, senza farsi distrarre dal futuro o dal passato. Anche nel momento più terribile, schiacciato tra la vita e la morte, il saggio sa riconoscere e gustare la bellezza attorno a sé.
Affascinante, vero?

Ma quanti di noi, provenienti dalle nostre vite caotiche, materialistiche e opprimenti, sanno sinceramente gustare il qui e ora? Certo, basta guardare Facebook o Instagram per contare le centinaia di persone che giurano di essere felici solo con l’odore del caffè al mattino, il sorriso di un amico e il fiorellino che è spuntato dal marciapiede. Facciamo pure finta che sia vero, ma… il resto delle 24 ore? ...


Saper vedere la bellezza nella piccole cose è una dote ammirabile, uno strumento indispensabile da avere sempre a portata di mano, ma diciamolo: da solo non basta, perché a volte quelle piccole cose non ci sono. È come saper spremere il tempo per estrarne tutta la bellezza, come fosse un prezioso succo, ma nella vita ci sono giornate molto avide di bellezza: se il frutto è marcio, marcia sarà anche la sua spremuta.

Per questo, anche se il maestro zen riuscisse davvero a essere felice sempre e comunque, molti si faranno bastare quei pochi istanti piacevoli che il convento passa di tanto in tanto.

Questa è la trappola: confondere il “qui e ora” con l’accontentarsi.

Si finisce a sopportare la vita a capo chino, in attesa di quei pochi momenti piacevoli che sappiamo gustare, per poi dire: “io so essere felice con poco”. No, ci accontentiamo di poco, ed è tutt’altra cosa.

Ci accontentiamo di quella poca felicità stantia che riusciamo a rosicchiare dal fondo del barile, illudendoci che sia felicità autentica, ma quel sapore non lo conosceremo mai in questo modo.

Accontentarsi è essere spettatori passivi della propria vita, e farselo andare bene.

D’altra parte la ricerca della felicità, quella di cui parlo spesso, è volere di più, ammettere a sé stessi di non essere nel posto giusto o di non avere tutto quello che serve. Per cercare la giusta strada si prende il controllo della propria vita, ma è una continua battaglia e rischia davvero di diventare una condanna all’insoddisfazione, come molti pensano.

Insomma, non c’è speranza?

Certo che c’è. L’errore sta nel pensare che la ricerca e il “qui e ora” si escludano a vicenda, due strade differenti da percorrere, quando invece sono strumenti che vanno usati assieme, due gambe dello stesso corpo, come l’istinto e la ragione.

Il qui e ora ci permette di gustare la bellezza delle nostre giornate, la ricerca fa in modo che le nostre giornate siano sempre più belle.

Come avere un occhio alla bussola e l’altro al panorama, così la vita diventa davvero uno splendido viaggio.

Se la ricerca della felicità è un lungo cammino e il “qui e ora” è la gioia ad ogni passo, insieme sono la consapevolezza che il domani sarà migliore di oggi.

E che sapremo vedere la differenza.

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