Il lago di Vostok, in Antartide, fu scoperto per la prima volta da un geografo russo, Andreji Kapica nel 1959 e poi, per la prima volta, oggetto di studi e carotaggi, a partire dai primi anni novanta.
Si tratta di un lago sub-glaciale, individuato a circa tremilasettecento metri di profondità rispetto alla superficie del polo sud, in una zona dell’Antartide orientale ed è parte di una serie di settanta laghi sub-glaciali. I dati che riguardano questo bacino sotterraneo indicano una lunghezza di 25° chilometri, un’ampiezza oscillante tra i quaranta e i cinquanta chilometri e una profondità rispetto alla superficie oscillante tra i tremilasettecento e i quattromila metri.
Si tratta di un lago sub-glaciale, individuato a circa tremilasettecento metri di profondità rispetto alla superficie del polo sud, in una zona dell’Antartide orientale ed è parte di una serie di settanta laghi sub-glaciali. I dati che riguardano questo bacino sotterraneo indicano una lunghezza di 25° chilometri, un’ampiezza oscillante tra i quaranta e i cinquanta chilometri e una profondità rispetto alla superficie oscillante tra i tremilasettecento e i quattromila metri.
Il dato più importante relativo alle caratteristiche geotermiche del lago è dato dal fatto che la sua temperatura media sarebbe di meno tre gradi, dunque superiore, a quella profondità, alla temperatura di fusione del ghiaccio. Inoltre, secondo gli studi sin qui condotti, il fondale del lago sarebbe localizzato in una zona in cui la crosta terrestre potrebbe essere più sottile e, dunque, sarebbe possibile ipotizzare la presenza di temperature molto più elevate, attorno ai trenta gradi...
Occorrono ancora alcuni mesi e, nell’ottobre dello stesso anno, un “incidente” durante le perforazioni consente l’incredibile scoperta: un flusso di cherosene, risalito in superficie durante una trivellazione, per via della differenza di pressione, e immediatamente ricongelato in superficie, porta con sé dei batteri. Forme di vita, dunque. Probabilmente sconosciute. I batteri vengono poi analizzati e si scopre che essi hanno un DNA sconosciuto all’ottantasei per cento (i protocolli scientifici stabiliscono che, affinché si parli di vita “aliena”, nel senso di specie vivente non nota, occorre che lo scarto sia almeno pari al novanta per cento).
Appare subito evidente l’enormità della scoperta, non tanto per lo scarto differenziale tra ceppi genetici conosciuti e ignoti, quanto piuttosto perché il ritrovamento conferma che c’è un ecosistema o, quanto meno, che in quel lago la vita esiste. E quella vita, se tutte le variabili sin qui ipotizzate restano valide, risale a venticinque milioni di anni fa. Tutto questo potrebbe già essere sufficiente per confezionare la sceneggiatura di un romanzo, o la trama di una serie tv tra quelle oggi più in voga. Eppure, si tratta solo di una parte delle numerose coincidenze che riguardano questa zona del globo terrestre.
Non basta. Sempre nel 2012, il canale tv Fox annuncia che una intera spedizione scientifica è scomparsa nella zona di perforazione della calotta antartica, per poi riapparire magicamente dal nulla. Ovviamente, a seguito di ciò, le notizie si fanno sempre più scarne e la cosa passa sottotraccia. Ma non basta ancora. Sempre nel 2012 due donne australiane attraversano il continente antartico sugli sci; una volta giunte sono state prelevate con la forza di una squadra americana e messe in isolamento in un luogo non precisato. Altro non è stato detto e da allora non si è saputo che fine abbiano fatto le due malcapitate. L’unica cosa certa è che la loro scomparsa cela un mistero collegato con l’ultimo collegamento radio e la base di Casey, stazione australiana, nella quale affermavano che “avevano visto qualcosa di cui volevano assolutamente riferire, ma di cui non osavano parlare per via radio per timore di essere captate”. È servito a poco, perché sono state intercettate e isolate rendendo ancora più fitto il mistero. Cosa hanno visto le due donne che non dovevano vedere? Basta così?
Caverne abitate. E, naturalmente, non basta. Alcuni quotidiani russi, proprio in occasione delle trivellazioni operate sul fondale del lago, hanno rispolverato una vecchia fantastoria. Infatti, assieme alle teorie sulle possibili scoperte di organismi mai visti, riaffiora anche la storia dei resti di Hitler, che potrebbero essere stati trasportati in Antartide alla fine della Seconda guerra mondiale. Più che resti, campioni di dna, con l’obiettivo di clonare il Führer ed Eva Braun, la compagna morta con lui. Nel 1943, peraltro, l’Ammiraglio Karl Doenitz si vantava del fatto che una flotta di sottomarini tedeschi avesse raggiunto l’Antartide e lì avesse lavorato duramente per allestire «una fortezza inespugnabile per il Führer all’altro capo del mondo.
Di concreto, a suffragio, c’è davvero poco. Spulciando, infatti, gli archivi navali tedeschi, emersi a seguito della caduta del Terzo Reich, parrebbe che, nel 1945, il sottomarino U-530 arrivò effettivamente al Polo Sud. È evidente la differenza che esiste tra “un sottomarino” e una intera flotta di sommergibili. Comunque, i membri dell’equipaggio avrebbero costruito una grotta di ghiaccio, utilizzata come magazzino di fortuna – probabilmente anche temporaneo – con «reliquie del Terzo Reich».
Mescolando tutti gli ingredienti di questa gustosa ricetta è almeno possibile trarre una conclusione: finché non si farà chiarezza sul “misterioso” oggetto discoidale deposto sul fondale del lago di Vostok tutte le speculazioni più azzardate continueranno a proliferare, soprattutto se, ad alimentarle, contribuiscono fatti come quello di seguito riassunto.
Tempo fa, la portavoce della NASA, Debra Shingteller, nel corso di una conferenza stampa, ha alluso a «questioni di sicurezza nazionale» che hanno consentito all’ente aerospaziale di assumere il controllo di quello che era stato un tentativo internazionale di esplorare un vasto lago sotto il ghiaccio nei pressi della stazione di ricerca russa Vostok. La signora Shingteller pare sia stata immediatamente allontanata dal podio, lasciando a un’assistente il compito di sostituire le inquietanti dichiarazioni con un più rassicurante teorema: «il progetto è stato bloccato a causa di problemi di natura ambientale». Comunque, dopo la conferenza stampa, pare che la signora Shingteller non abbia risposto a ripetuti tentativi di contatto.
Vincenzo Di Pietro
Vincenzo Di Pietro, autore italiano nato nel 1974 a Pescara, è conosciuto nel mondo letterario per i suoi romanzi che spaziano dalla narrazione introspettiva, al genere horror, alla fantascienza. Ha iniziato la sua carriera letteraria nel 1992 con “Una strada buia” seguito da numerosi altri titoli tra cui, di recente pubblicazione, “Genesi” – Arkadia Editore – che sviluppa una complessa storia fantascientifica incentrata sul ritrovamento di Vostok.
Fonte: www.altrogiornale.org
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