di Pierre Béland
Per quanto dichiarati specie protetta, questi cetacei non riescono
ad aumentare di numero, poiché sono falcidiati
da patologie dovute al gravissimo inquinamento di origine industriale.
Le guide locali dichiararono che quegli animali erano commestibili e che in lingua locale il loro nome era Adothuys. Si trattava di beluga, una specie artica di cetacei che vive da millenni nel fiume San Lorenzo.
Queste piccole balene provviste di denti si insediarono nel fiume poco dopo il termine dell'ultima glaciazione; con il riscaldamento del clima, il livello dell'Atlantico si sollevò, sommergendo buona parte della costa orientale nordamericana. Le acque andarono a coprire un'area vastissima, che arrivava quasi fino ai Grandi Laghi e ai territori corrispondenti agli Stati di New York e del Vermont. Molte specie di foche e di cetacei si avventurarono in questo mare interno; poi, col tempo, la terraferma riemerse, il bacino si disseccò e si definì il corso del San Lorenzo...
Nel passato, lungo il San Lorenzo si effettuava un'intensa attività di caccia al beluga, come mostra questa fotografia scattata nel 1918. Dalle testimonianze storiche si stima che più di 16 000 beluga siano stati catturati tra il 1866 e il 1960.
Nessuno sa quanti beluga siano stati
uccisi prima dell'Ottocento; tuttavia si
è stimato che tra il 1866 e il 1960 siano
stati catturati circa 16 200 beluga, una
media di 172 all'anno.
Questa cifra fa
pensare che all'inizio del XX secolo la
popolazione dovesse essere di 5000-10 000 individui. Quando le catture si
diradarono e cadde la domanda di prodotti
ricavati dai cetacei, il beluga del
San Lorenzo fu quasi dimenticato. Si
pensa che negli anni settanta rimanessero
solo 500 individui.
Nel 1979 il Governo canadese dichiarò
i beluga specie protetta; tuttavia,
nonostante il provvedimento, la loro
popolazione non si è minimamente
ripresa e si calcola che oggi nel San
Lorenzo ci siano ancora soltanto 500
esemplari. La staticità di questo numero
rimane in gran parte inspiegata. Alcuni
biologi marini hanno indicato come
cause un basso tasso riproduttivo
all'interno dell'esigua popolazione o il
degrado del suo habitat dovuto agli impianti
idroelettrici. Ma negli ultimi anni
io e i miei colleghi abbiamo portato alla
luce un'altra ragione.
Vittime dell'inquinamento
Le mie ricerche iniziarono nell'autunno
del 1982, quando mi recai con un
veterinario locale, Daniel Martineau, a
esaminare la carcassa di un beluga
spiaggiatosi sulla sponda del San Lorenzo.
Il cetaceo era relativamente piccolo,
ma nel sole del tardo pomeriggio
si stagliava chiaramente su un letto di ciottoli scuri; appariva bianchissimo e
liscio come plastica.
Il successivo esame
autoptico dimostrò che il cetaceo
era morto probabilmente per insufficienza
renale; i campioni di tessuto rivelarono
una forte contaminazione da
mercurio e piombo oltre che da policlorobifenili
(PCB), DDT, Mirex e altri
pesticidi. Più tardi, nella medesima stagione,
furono rinvenuti due beluga intossicati
in pari misura.
In un certo senso questa scoperta non
fu una novità, perché molti scienziati
avevano già documentato livelli elevati
di PCB e DDT nelle foche e nelle focene
di altre località. Questi composti
organoalogenati sono altamente solubili
nei lipidi e, dal momento che non
vengono metabolizzati nell'organismo
dell'animale, si accumulano nei tessuti
adiposi. Le sostanze chimiche si trasmettono
verso l'alto lungo la catena alimentare,
raggiungendo da ultimo le
massime concentrazioni nei predatori
finali. Un'abbondante letteratura ha descritto
le diverse patologie associate ai
composti organoalogenati, tra cui danni
epatici, ulcerazioni gastriche, lesioni
cutanee e ghiandolari, squilibri ormonali.
Tuttavia ancora all'inizio degli anni
ottanta gran parte degli esperti riteneva
che i composti organoalogenati
costituissero un rischio limitato per i
mammiferi marini.
Lungo le sponde del San Lorenzo si incontrano molte industrie chimiche.
Nei beluga
che vivono in questo fiume si sono trovati circa 25 composti potenzialmente tossici,
tra cui i PCB e il DDT e anche il Mirex, pesticida prodotto negli anni settanta vicino
al lago Ontario, il quale ha contaminato le anguille che migravano verso la foce
del San Lorenzo, dove venivano predate dai beluga.
I cetacei si addensano presso la
foce del Saguenay in estate (in rosso nella carta) e in inverno (in blu) si disperdono.
Le osservazioni patologiche furono
sorprendenti: il 40 per cento degli animali
presentava tumori, ben 14 dei quali
erano carcinomi (più della metà di
tutti i tumori maligni mai osservati nei
cetacei); vi era anche un'elevata incidenza
di ulcere gastriche, compresi tre
casi di ulcere perforate (condizione patologica
mai documentata prima nei cetacei),
e il 45 per cento delle femmine
produceva solo piccole quantità di
latte a causa di infezioni, necrosi e tumori
delle ghiandole mammarie.
Comuni
erano le lesioni alla tiroide e alle
ghiandole surrenali e molti animali
sembravano soffrire di una compromissione
del sistema immunitario: un numero
abnorme di essi mostrava infezioni
da batteri e da protozoi opportunisti,
mentre altri presentavano malattie multisistemiche
oppure avevano perso i
denti. Un esemplare si rivelò un vero
ermafrodita.
Per contro, i beluga artici non mostravano
alcuna di queste patologie e
così pure altre specie di cetacei o di foche
dello stesso San Lorenzo, benché
intossicate, sia pure in misura minore,
dalle stesse sostanze riscontrate nei beluga.
Nei beluga artici i livelli più elevati di PCB erano di circa cinque parti per milione (ppm), mentre in quelli del
San Lorenzo le concentrazioni risultavano fino a cento volte superiori.
Gran
parte dei tessuti conteneva più di 50
5 ppm, valore che, per la legge canadese,
12 basta a classificarli come rifiuti tossici!
E Abbiamo anche scoperto che le sostanze tossiche non erano confinate nei depositi adiposi, come ci si poteva aspettare, ma si trovavano in piccole quantità nei lipidi presenti in altri tessuti, dove potevano danneggiare più rapidamente organi vitali...
Consiglio la lettura completa dell'articolo, che continua QUI
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PIERRE BÉLAND svolge la sua attività di ricercatore presso il St. Lawrence National Institute of Ecotoxicology.
In questa posizione, e in quelle precedentemente occupate presso il Department of Fisheries and Oceans in Canada e il Fisheries Ecology Research Center, egli ha studiato gli ecosistemi marini dell'estuario del San Lorenzo e del Golfo del San Lorenzo.
Storia, e poesia pura ...
La storia del fiume San Lorenzo (chiamato Magtogoek dai nativi), dalla preistoria ad un futuro che si vorrebbe recuperasse il senso vitale del rispetto della natura.
“Più l’umanità diventa forte, più distrugge. Mi sono ribellato a questa attitudine devastatrice. Avete mai pensato al tempo, al lavoro, al miracolo che è necessario per creare una vita? E’ un capolavoro d’ingegnosità per la forma, la differenza, l’adattamento, l’evoluzione che persiste dopo milioni di anni. E noi, noi siamo in procinto di distruggere tutto ciò per amore del petrolio, amore della potenza, culto di prodotti chimici dei quali non conosciamo affatto i poteri distruttivi e che ci si ostina a fabbricare per denaro. Siamo cinque miliardi di esseri umani, cioè dieci miliardi di mani. Abbiamo bisogno di essere positivi verso la vita, il mondo: quanto basta per innescare un meccanismo che sollevi le masse di questi dieci miliardi di mani e la felicità che esse contengono”.
(Frédéric Back)
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