martedì 21 febbraio 2017

“Terra, lavoro, salute e dignità”

Il 25 marzo 2017 sarà il sessantesimo anniversario del Trattato di Roma che ha dato vita alla CEE e alla Politica Agricola Comune (PAC) con i suoi obiettivi originali, quali quello di garantire una vita giusta alle comunità agricole, stabilizzare i mercati, garantire l’approvvigionamento alimentare della Europa con prezzi degli alimenti che fossero accessibili a tutti i consumatori.

Oggi questi obiettivi sono tutti largamente disattesi, ma noi, lavoratori della terra, contadine/i e braccianti, di questo paese sentiamo con forza la responsabilità di produrre un’alimentazione sana e di buona qualità a cui possano accedere tutti, in particolare quanti, spinti dentro una spirale di povertà dalle politiche neoliberiste, dalla ristrutturazione del mercato del lavoro e, più in generale, da una crisi economica che continua ad arricchire un numero sempre più ristretto di persone, hanno visto ridurre i loro consumi alimentari ormai dal 2011 (ISTAT).

La spesa per generi alimentari e bevande (media mensile) era di 477,08 € del 2011, nel 2013 era di 460,72€, di 436,06€ nel 2014 e risalire a 441,5€ nel 2015....


La povertà assoluta in Italia tocca l’11,7% delle famiglie che dipendono da un salario operaio. 

Sale, nel 2015, al 32,1 % delle le famiglie di soli stranieri nel Nord. Cresce se misurata in termini di persone (7,6% della popolazione residente nel 2015, 6,8% nel 2014 e 7,3% nel 2013). Per i comuni che hanno una popolazione inferiore a 50.000 abitanti – essenzialmente collocati in territori rurali – la povertà relativa, pari all’ 11,2% delle famiglie, è di almeno due punti percentuali più alta di quella delle famiglie che vivono in area metropolitana. La crisi del sistema agricolo nazionale, in particolare delle piccole e medie aziende agricole e agroalimentari, è in parte responsabile di questo processo di impoverimento e, in parallelo, dell’aumento dello sfruttamento del lavoro, sia di quello del coltivatore diretto e della sua famiglia che di quello dei braccianti e dei lavoratori che movimentano i prodotti nell’indotto della grande distribuzione organizzata.

In aggiunta la qualità del cibo sempre più spesso inquinato da pesticidi proposti come indispensabili ad una agricoltura ormai ostaggio delle industrie a monte ed a valle della produzione. In effetti i pesticidi, secondo l’ultimo Rapporto EFSA, sono presenti in quasi la metà dei cibi che arrivano sulle nostre tavole e in più del 27% dei casi sotto forma di residui multipli. Si valuta che in un pasto completo si possono trovare mediamente residui di 8-13 pesticidi, con punte massime di 91: ne risulta quindi un quadro di vasta contaminazione dell’ambiente e della catena alimentare con danni gravi prima di tutto su chi distribuisce questi prodotti e poi su chi si alimenta, in modo particolare sui bambini. Inoltre secondo l’ultimo Rapporto ISPRA queste sostanze sono ormai ampiamente presenti nelle acque superficiali e profonde ed il loro numero è purtroppo in costante aumento.

Le politiche decise dai governi della UE, la più grande potenza agroalimentare del Pianeta, hanno continuato inesorabilmente a riproporre misure distruttive del tessuto produttivo agricolo, incapaci di fornire una via di uscita dalla crisi, distruggendo diritti fondamentali – come il diritto al cibo sano – e costruendo un sistema agroalimentare insostenibile, ad assoluto vantaggio di un pugno di speculatori finanziari e gruppi monopolistici, nazionali o transnazionali. La politica agricola comunitaria è, quindi un problema di tutti. Primi fra questi dei lavoratori a cui viene sottratto una parte del reddito per essere riversato nel finanziamento pubblico di questa politica. Questi soldi, ripartiti ingiustamente tra le aziende agricole e agro alimentari, sostengono un’agricoltura industrializzata, a forte impatto ambientale, che produce materie prime di scarsa qualità che daranno un cibo di altrettanta scarsa qualità che finirà nel piatto dei consumatori meno abbienti.

In Italia poco più di un milione di aziende agricole (1.163 mila) ricevono una parte dei fondi della PAC (“pagamenti diretti” – sostegno al reddito) per un valore totale (nel 2014) di 3,9 miliardi di €.

Ma:

Le aziende agricole che ricevono fino a 5.000€ all’anno sono un milione, cioè l’87% del totale delle aziende e hanno ricevuto il 26% dei fondi stanziati, per un totale di un miliardo, cioè una media di 1.000 € ad azienda. Per il resto, il 13% delle aziende riceve i 2/3 dei fondi restanti.

Le aziende che ricevono 150.000€ ed oltre di sostegno, sono 1.280, cioè lo 0,11% del totale delle aziende che riceve poco più del 9% del totale dei fondi, per una media aziendale di 285.00€

Le aziende che ricevono più di 500.000€, sono solo 90, si spartiscono quasi 79 milioni di €, con una media aziendale di circa 880.000€ (cioè lo 0,01% delle aziende da sole prendono poco più del 2% del totale della somma erogata in Italia).

Ci sono altri fondi compresi nello stanziamento totale della PAC pagati dalla UE all’Italia. Anche questi sono ripartiti in maniera ingiusta; perché concentrati in poche strutture produttive e ad esclusivo beneficio di alcune regioni italiane, le stesse dov’è massiccia la presenza dell’agroindustria. Nel 2015, ad esempio, una singola cooperativa agricola ha ricevuto circa 10 milioni di euro, 8 imprese agricole, di cui 3 spa, hanno ricevuto un pagamento PAC (Regime di pagamento unico (RPU) compreso tra 2 e 3 milioni di euro ciascuna e 15 associazioni di produttori hanno ricevuto (Fondo operativo delle organizzazioni di produttori) un totale di oltre 146 milioni di euro, con finanziamenti che andavano da un minimo di 3,1 milioni ad un massimo di quasi 38 milioni di euro.

Più in generale, i finanziamenti attuali della PAC sono, da una parte, una sovvenzione indiretta per l’industria alimentare europea e, dall’altra, nel caso delle esportazioni, un sostegno indiretto alle stesse che, di fatto, impedisce alle comunità rurali dei paesi in via di sviluppo di aver accesso al loro mercato.

Per queste ragioni, noi mettiamo le persone prima del profitto e la solidarietà prima della competitività. E crediamo fermamente che la politica alimentare ed agricola europea debba essere pubblica e forte, socialmente e ecologicamente sostenibile, equa: a beneficio di tutti i cittadini, in particolare dei lavoratori e di quelli che hanno meno reddito a disposizione.

Chiediamo dunque che, finalmente, la Politica Alimentare e Agricola Comune:

Consideri l’alimentazione come diritto umano universale e non come merce per fare profitto;

Fissi come priorità di produrre gli alimenti, per la popolazione umana e non, all’interno della stessa Europa e consideri il commercio internazionale agricolo come residuale, rigettando i trattati di liberalizzazione dei mercati internazionali

Dia priorità al mantenimento di un’agricoltura con numerosi contadini e lavoratori agricoli su tutta la UE, che produca il cibo, gestisca e salvaguardi il territorio, con prezzi agricoli giusti e sicuri, che permettano un reddito dignitoso per contadini/e, salariati/e maggiore sostenibilità per i cittadini tutti;

Combatta la concentrazione di potere di mercato nella logistica, nella trasformazione e nella distribuzione alimentare e la sua influenza su ciò che è prodotto e consumato e promuova sistemi economici alimentari che riducano la distanza fra contadini e cittadini incrementando, ad esempio, lo scambio diretto tra gli uni e gli altri;

Definisca le forme di produzione agroecologiche come la norma di produzione nell’UE: basso utilizzo di input, basso consumo di energia, miglioramento della biodiversità, benessere animale e altre pratiche sostenibili.

Applichi un sostegno pubblico per la pratica delle norme descritte sopra e una tassazione progressiva per i modelli non agroecologici che sono responsabili degli effetti sociali ed ambientali e delle loro negative conseguenze.

Garantisca un l’accesso alla terra per tutti coloro che vogliono coltivarla, nel rispetto della natura e dell’ambiente e, per quanti, in particolare giovani, intendano migliorare o iniziare un’attività agricola; attraverso misure che impediscano la concentrazione delle proprietà, gli investimenti speculativi (land grabbing) e un’attiva politica redistributiva dei diritti all’uso delle terre agricole, proteggendone la loro destinazione prioritaria alla produzione di cibo.


Noi ci impegniamo a costruire un percorso comune – come abbiamo già fatto per la nostra lunga battaglia per ottenere un riconoscimento formale dell’agricoltura contadina e dei suoi valori – con quanti, contadine/i, braccianti, lavoratori e cittadini – e rispettive loro organizzazioni – intendano mobilitarsi, nelle forme che decideremo insieme, affinché i governi della UE che si troveranno a Roma il 25 marzo 2017 per dar vita a l’ennesima inutile passerella delle élite dominanti, si confrontino invece con le alternative, nate dalla nostre resistenze, dalle proposte, di tutti /tutte noi, che in questi decenni abbiamo saputo costruire

12.1.2017
Firmato da:

ASSOCIAZIONE RURALE ITALIANA – A. R. I. info@assorurale.it contatti FABRIZIO GARBARINO 347 156 46 05

S.O.S. ROSARNO sosrosarno@gmail.com contatti NINO QUARANTA 329 105 74 95

PER ADERIRE https://buonacausa.org/cause/appello-25-marzo

Appuntamenti già in cantiere per approfondire e costruire il percorso comune (aggiungete e diffondete i vostri):

Con l’Associazione Rurale Italiana e Rurali Reggiani il 28 gennaio a Reggio Emilia (per info info@assorurale.it o 347 156 46 05)

Con SOS Rosarno il 10 – 12 febbraio a Rosarno (per info sosrosarno@gmail.com o 329 105 74 95)


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