sabato 28 gennaio 2017

Amore e peccato nel Medioevo

Il Medioevo è quell’età intermedia che la coscienza umanistica del Rinascimento individua tra il momento della propria comparsa, e affermazione, e la fine del mondo antico.
Possiamo identificare l’inizio nel 476 e la fine con lo sbarco di Colombo nelle Americhe nel 1492.

In questo periodo di mezzo il corpo umano era considerato sotto due punti di vista: da una parte il culto per il corpo di Cristo, dall’altro il tentativo di limitare e mortificare i desideri della carne.

La chiesa riuscì in quest’intento?
Quali gli strumenti utilizzati per limitare il desiderio amoroso?
Siamo alla fine del XII secolo quando Stefano di Fougères elenca i difetti principali delle donne.
La prima accusa dell’uomo di chiesa al genere femminile è quella di deviare il corso delle cose. Le donne si oppongono alle intenzioni divine attraverso delle pratiche che si tramandano, in segreto, da secoli. La domanda sorge spontanea, come fanno a modificare il corso delle cose?
Quali sono queste pratiche così dannose alla civiltà occidentale? ...


La risposta potrebbe far sorridere l’essere umano del XXI secolo: i cosmetici – in parte ma non solo. La cosmesi modifica l’aspetto e. grazie al ricorso a queste pratiche, le donne imbrogliano l’uomo offendendo Dio che ha plasmato l’essere umano con le proprie mani.

Sorridiamo meno di fronte alle pratiche atte a procurare l’aborto della ragazza che non era stata capace di evitare la gravidanza. L’ultimo aspetto della prima accusa, lanciata da Stefano di Fougeres, attiene all’insieme di pratiche che servivano a dominare gli uomini: pratiche che potremmo far rientrare sotto il nome di sortilegi.
La seconda accusa riguarda l’ostilità delle mogli nei confronti dei mariti, padri o figli maggiori. Stefano sostiene che le donne sono perfide e vendicative.
L’ultima accusa mossa dal cappellano d’Enrico Plantageneto concerne la leccheria, oggi traducibile in lussuria: di fronte al marito reprimono il proprio ardore, in compenso corrono dietro a corteggiatori occasionali.
I peccati non si esaurivano in questa, fredda, classificazione: la donna contravveniva agli obblighi nei confronti del marito; lei deve amare, servire e consigliare l’uomo cui è stata affidata.
Possiamo vedere la donna come ad un vassallo dell’uomo?
In cambio cosa otteneva?
La protezione che il principe manifesta nei confronti dei propri sudditi.

Lasciamo Stefano di Fougeres alle sue elucubrazioni ed avanziamo nella linea del tempo, sapendo che dovremmo nuovamente indietreggiare per comprendere. La donna e l’amore dovevano incrociare i propri destini, non possiamo comprendere il peccato senza introdurre l’amore.

L’amore non era ancora cortese come molti immaginano. 

Un racconto del XII secolo può aiutarci ad entrare nel tempo: il canonico Gervasio di Tilbury faceva una passeggiata tra le vigne della regione francese della Champagne quando incontrò una ragazza di suo gusto. Le parlo d’amore lascivo. La donna rifiutò le cortesie del canonico pronunciando le seguenti parole “se perdessi la verginità sarei dannata”. Gervasio, sbigottito, non comprendeva il motivo del rifiuto. Era certamente una donna eretica, non poteva essere normale. La denunciò e la fece arrestare. La donna subì il giusto processo. Il rogo purificatore, la pena imposta per tale rifiuto.

Questa visione del mondo femminile, presente nel XII secolo ma che non si estinguerà prima del XVII, dove trova fondamento?
Con molta probabilità dalla decisione di Eva di disobbedire agli ordini e cogliere quella mela.
Comodo incolpare l’ipotetica donna per mantenere le ferree gerarchie?
Quale era l’idea fondamentale dell’uomo medievale sulla donna?
La donna era un essere inferiore: la visione passò dall’essere necessaria ad essere la porta dell’inferno. La figura femminile giungerà, nelle pagine del Malleus Maleficarum, ad accoppiarsi con il demonio: quel libro permise a decine di migliaia di uomini di staccare il cervello e non dover ragionare; era tutto scritto, dovevano solo seguire le indicazioni.

Considerare la caccia alle streghe un fenomeno medievale è un grave errore: le sere furono rischiarate dai roghi delle donne nel periodo del Rinascimento, che non aveva bisogno di luce poiché era illuminato da se stesso.
Nel Medioevo ancora le streghe non imperavano, ma la donna peccava nel momento stesso in cui vedeva la luce: la bambina era male accolta, peggio alimentata e ancora peggio vestita nei confronti dei fratelli.
La colpa della donna risale ad Eva e al dialogo tra lei ed il serpente. Quei frutti dovevano essere gustosi e prelibati per incitare la donna a peccare.

La Genesi è stata analizzata da illustri personaggi e pensatori della storia. Sant’Agostino presume che la donna sia fatta a somiglianza dell’uomo: conduce il vescovo d’Ippona a pensare la donna come l’aiutante dell’uomo: la figura maschile dirige la femmina obbedisce. Il venerabile Beda presume che il serpente abbia ingannato la donna, e non l’uomo “perché la nostra ragione non può essere sottomessa se non c’è il piacere, il piacere carnale”. Il peccato si attua in tre tempi: “ il serpente consiglia il piacere alla parte femminile, il corpo obbedisce e la ragione acconsente”.

Secondo Rabano Mauro “Eva non avrebbe toccato l’albero se non lo avesse prima contemplato. E’ stata condannata a morte dagli occhi”. Possiamo immaginare che il peccato inizi nel guardare, perché si guarda per avere. Rabano, monaco come Beda, pensava che Eva fu tentata dalla vanagloria ma soprattutto dal desiderio di godere. Guardare e toccare per godere.
Prima della classificazione proposta all’inizio di quest’articolo, di Stefano, Roberto ritiene che “la donna è sempre occupata a fantasticare con il corpo e lo sguardo. Vaga incuriosita nel giardino alla ricerca del piacere”.
Avanzando nella storia giungiamo ad Abelardo: “ l’uomo è immagine di Dio, la donna non esprime che la sua somiglianza. L’uomo è più vicino a Dio e quindi più vicino alla sua perfezione: egli detiene il potere sulla donna come su tutte le creature”.
Le donne peccavano guardando, immaginando, vagando e toccando.

In che periodo l’amore si staccò dal peccato?

“E’ banale collocare nel XII secolo, presso l’alta nobiltà francese, la scoperta dell’amore, almeno quel modo d’amare che distingue la nostra cultura da tutte le altre culture”.
Molte canzoni che celebrano la dama, e certi racconti che narrano le avventure di un amante e della sua amata, furono composte nel XII secolo nel linguaggio delle corti.
Le canzoni ed i racconti piacquero all’uomo del medioevo?
Se fosse accaduto il contrario non sarebbero giunte sino a noi: la risposta è affermativa.
Per piacere dovevano rappresentare la società del tempo, i personaggi non potevano essere estranei alla vita quotidiana. La maggior parte di queste rappresentazioni si basava su tre personaggi: la dama, l’amante e il marito. La dama era il centro, il fulcro della vicenda.
Un particolare incuriosisce: i creatori della letteratura cavalleresca furono uomini di chiesa. Nella casa dei principi, questi personaggi, servivano Dio confessando e cantando l’ufficio nella cappella dell’edificio.

Siamo nel periodo della Rinascenza del XII secolo: i creatori di racconti non ruppero i legami con la scuola dalla quale provenivano, ma aderirono ad idee nuove dal punto di vista religioso. In questo periodo nacquero nuove idee sull’uomo e sul rapporto che esso aveva con la natura.
I cappellani, oltre a svolgere l’ufficio religioso, avevano un secondo grande compito: cercare di mantenere tranquilla la cavalleria. Uomini rudi e forti tornavano dalle battaglie raccontando aneddoti di quello che era, da poco, accaduto.
Avranno esagerato le forme e le sostanze: quell’esagerazione ha prodotto l’amor cortese?

I cantori del XII secolo, come detto in precedenza, non si discostarono dalla scuola dalla quale provenivano. Questi poeti presero a prestito dall’amore puro, l’amor di Dio di Bernardo di Chiaravalle, la veemenza e la gratuità.
Per mantenere in tranquillità i cavalieri, ma anche le dame, riuscirono ad inserire l’amore carnale all’interno dei loro lavori.
Questi scrittori – cappellani sono riusciti in un piccolo prodigio, nel momento in cui i moralisti volevano, fortemente, escludere il sesso dal matrimonio.


Il sesso non era il centro del rapporto, era qualcosa che doveva esserci, ma non rappresentava il fulcro: il desiderio non era, solo, quello di vedere e toccare sotto le vesti. I romanzieri cercarono di giustificare l’amore fisico esaltando l’amor purus di Bernardo.

Il non abbandonarsi al solo piacere della carne lo possiamo ritrovare in Chrétien de Troyes.

Stando insieme in un solo letto,
l’uno e l’altra si abbracciano e si baciano,

e non vi è nulla che li diletti altrettanto.

L’amor cortese come insieme d’amore puro e materiale.
A tutto questo si contrappone il cinismo dello storico medievalista Jacques Le Goff, in un'intervista rilasciata alla Repubblica. Quando gli si chiede se l’amor cortese sia mai esistito nella realtà e non sia stato al contrario invece solamente un “genere letterario” risponde nel seguente modo: "Io credo che l’amor cortese sia puramente immaginario. Esiste soltanto nella letteratura. Ciò non significa che l’amore reale sia sempre stato brutale, che ci sia sempre stata una violenta dominazione dell’uomo sulla donna. Ma l’amore in cui la donna diventa il signore e il cavaliere il suo servo, non c’è mai stato”.

Torniamo al tempo degli eventi.
Il vescovo Hugues di Lincoln interrogato da una moglie insoddisfatta risponde: “Vuoi che tuo marito ritrovi il suo ardore? Dovrò farne un prete. Appena un uomo è prete, brucia”.

Il sesso era considerato un atto naturale?

Guillaume de Conches nel XII secolo asseriva che “solo gli ipocriti lo ignorano”.
Un libro uscito negli ultimi anni ha cercato di analizzare il sesso nel medioevo: Sexualités au moyen âge di Jacques Rossiaud.
La posizione sessuale considerata lecita era quella del missionario, poiché adatta alla procreazione.
San Pier Damiani, nel 1049, stende una lista d’atti contro natura “che rientrano sotto la definizione di una parola potente: sodomia”.
Pier Damiani fa rientrare diversi comportamenti nella sodomia: la masturbazione solitaria e reciproca, la fornicazione tra le cosce e da dietro.

Con il trascorrere del tempo diverse altre posizioni furono accettate, tranne il cavallo erotico che era considerato pericoloso: probabilmente perché la donna sedeva sopra l’uomo?
Superando le posizioni considerate lecite, quante volte era lecito congiungersi?
Stando alle raccomandazioni diffuse, non si dovevano superare i due amplessi a settimana.

Esistevano manuali erotici?

Si dovrà attendere il XV secolo per il primo manuale sessuale europeo: Speculum al foderi ossia lo specchio del coito.
La prostituzione?
Era considerata come un male necessario. Tommaso d’Aquino, il bue muto, asseriva: “il sesso con le prostitute è da vedersi come le condotte fognarie di una casa: non belle a vedersi ma se non ci fossero, l’intera casa sarebbe inondata dai liquami”.

Fonte: viaggiatoricheignorano.blogspot.it

3 commenti:

  1. Un passato di cui vergognarsi e dir poco! E ciò nonostante ci facciamo governare ancora oggi dagli stessi che come allora ci dicono come pensare e come fare.

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    1. Ovvio! Delegare è molto più comodo che prendersi le proprie responsabilità (sigh)

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  2. Ciao, concordo, guardarsi dentro e fare un percorso personale è anche faticoso, meglio rifugiarsi in un qualche dogma, questo è quello più a portata di mano...

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