martedì 8 novembre 2016

Fukushima - la verità insabbiata

Di Robert Hunziker

È letteralmente impossibile per la comunità mondiale farsi un’idea chiara, e sapere tutta la verità, sul disastro nucleare di Fukushima.

Questa affermazione si basa sullo speciale di Martin Fackler uscito sul Columbia Journalism Review (“CJR”) il 25 ottobre 2016, intitolato: “Il naufragio di una coraggiosa iniziativa nel campo del giornalismo d’inchiesta in Giappone”.

Le rivelazioni dell’articolo sono tanto scandalose da essere agghiaccianti.

Sostanzialmente, ciò che si delinea è un tentativo di sovvertire e cancellare tre anni di sforzi da parte del più antico, liberale e intellettualistico dei quotidiani giapponesi, l’Asahi Shimbun (circa 6,6 milioni di copie al giorno), di condurre un’inchiesta giornalistica sul disastro nucleare di Fukushima. La vicenda si è conclusa con un’improvvisa e inaspettata chiusura della sezione d’inchiesta del giornale...

Gli scatti del progetto fotografico "Revenir sur nos pas", ambientato nei pressi di Fukushima. Carlos Ayesta e Guillaume Bression

L’articolo del Columbia Journalism Review rappresenta una messa in stato d’accusa, non si sa quanto voluta o intenzionale, del controllo sui media esercitato in tutto il mondo dalla destra politica. La notizia è, tra l’altro, di quelle che spaventano e preoccupano, perché non possiamo ritenere affidabile e veritiera nessuna delle fonti che hanno diffuso informazioni su un incidente così terribile e devastante quale la fusione del nocciolo dei reattori di Fukushima. Nel caso qualcuno l’avesse dimenticato, tre reattori della centrale nucleare di Fukushima Dai-ichi hanno subito ciò che si definisce un meltdown completo, da cui la “Sindrome cinese” che si è scatenata ormai più di cinque anni fa.

I nuclei di questi reattori si sono liquefatti ad uno stadio chiamato corium, ovvero un grumo di nuclidi radioattivi così letali che le telecamere di sorveglianza si sono fulminate! 

La radioattività è terribilmente potente, micidiale e ha una longevità di centinaia di anni. Ancora, per chi avesse scordato la lezione, la TEPCO (Tokyo Electric Power Company), non ha idea di che fine abbiano fatto oggi quelle masse di liquido radioattivo rovente. Si sono raccolte in sacche sotterranee? Nessuno lo sa, ma sappiamo che quegli agglomerati di radioattività sono straordinariamente pericolosi, dato che stanno rigurgitando radiazioni mortali in modo imprevedibile “chissà dove”.

Fukushima è un’emergenza su scala sia nazionale sia globale ed è il segreto peggio mantenuto di sempre, perché tutti noi sappiamo cosa sta avvenendo. 

È attuale; è concreta; è devastante; ha ucciso (come già riportato in diversi articoli precedenti) e ucciderà, nonché farà nascere menomate, molte altre persone per le decadi a venire (più avanti in questo articolo viene descritta l’atrocità delle radiazioni).

Gli scatti del progetto fotografico "Revenir sur nos pas", ambientato nei pressi di Fukushima. Carlos Ayesta e Guillaume Bression

Nonostante ciò il governo di Abe sta proponendo al comitato olimpico di tenere alcune competizioni, come il baseball, a Fukushima per le Olimpiadi di Tokyo 2020. 
Hanno perso la testa, stanno dando i numeri, sono pazzi, fuori controllo? 
Dopo tutto, la TEPCO ammette candidamente: 
1) che ci vorranno decenni per ripulire Fukushima, se mai sarà possibile farlo, e 
2) che nessuno è a conoscenza dell’ubicazione delle più letali, roventi masse radioattive, portatrici di morte e distruzione. Sorge spontanea la domanda: Perché a Chernobyl c’è tuttora una Exclusion Zone di 1000 miglia quadrate dopo la rottura di un reattore avvenuta 30 anni fa, mentre Fukushima, dopo la fusione di tre reattori, ognuna più grave di Chernobyl, è già in corso di ripopolamento? Non mi torna!

La risposta sintetica è che l’amministrazione Abe sostiene che l’area è stata ripulita dalla radioattività. Ma una risposta molto più lunga sconfessa il governo Abe spiegando che è praticamente impossibile bonificare tutta l’area. Ci sono oltretutto organizzazioni indipendenti che operano a Fukushima (documentate in articoli precedenti) che dicono la verità. Esse hanno rilevato livelli di radiazioni pericolose in tutta la regione che le squadre di pulizia avrebbero dovuto decontaminare.

L’articolo del Columbia Journalism Review, intenzionalmente o no, ritrae un “giornalismo di emanazione governativa” in Giappone, che rinnega ogni tipo di reale attività giornalistica. È giornalismo finto, un po’ come se leggessimo il Daily Disneyworld Journal & Times.

Secondo l’articolo del CJR: “Il modo in cui l’Asahi ha ritrattato in tutta fretta solleva legittimi dubbi sul fatto che il giornalismo d’inchiesta – un’impresa intrinsecamente rischiosa, che si propone di rivelare e smascherare, e di sfidare i potenti – sia possibile nei grandi mezzi d’informazione nazionali giapponesi, fortemente legati all’establishment politico”.

Gli scatti del progetto fotografico "Revenir sur nos pas", ambientato nei pressi di Fukushima. Carlos Ayesta e Guillaume Bression

I giornalisti giapponesi appartengono ai “club della stampa”, il cui accesso è consentito esclusivamente ai pezzi grossi dei principali media, dove le storie vengono imboccate direttamente dai burocrati del governo, punto e basta. Questa è la notizia, punto e basta! Niente domande, ed è così che l’Asahi è finito nei pasticci. Ha messo insieme un gruppo di 30 giornalisti che raccontassero la verità su Fukushima e per questo si è aggiudicato riconoscimenti e premi, finché all’improvviso, inaspettatamente si è dovuto fermare. In seguito, solo un grande mistero….

Sempre secondo il CJR, “La Sezione per il Giornalismo Investigativo [dell’Asahi] si è rivelata subito un successo, vincendo il Japan’s top journalism award per due anni di seguito per aver rivelato le verità insabbiate dall’informazione ufficiale, tra cui il lavoro mediocre di decontaminazione della zona intorno alla centrale nucleare.”

E ancora: “Il repentino cambio di direzione da parte dell’Asahi, un quotidiano con 137 anni di storia e 2.400 giornalisti, che è stato l’emblema dell’informazione liberale giapponese del secondo dopoguerra, ha rappresentato una prima vittoria per il governo del Primo Ministro Shinzo Abe, che sta cercando di mettere a tacere le voci di dissenso da quando ha deciso di ridimensionare il pacifismo giapponese del dopoguerra e far ripartire l’industria nucleare.”

In fin dei conti, la verità è presto detta: “Nel giornalismo giapponese scoop di solito significa semplicemente apprendere oggi dai funzionari governativi cosa hanno intenzione di fare domani – dice Makoto Watanabe, un ex reporter della sezione d’inchiesta che ha lasciato l’Asahi a marzo perché si sentiva ostacolato nello svolgere la sua attività di giornalismo investigativo. “Noi siamo usciti con scoop diversi da quelli ufficiali, che non sono stati ben accolti nell’ufficio del Primo Ministro”.

Non sorprende che Reporter Senza Frontiere abbia abbassato il rating del Giappone da undicesimo nel 2010 (ma verrebbe da chiedersi come sia possibile che siano arrivati così in alto) a settantaduesimo nella classifica globale della libertà di stampa di quest’anno, diffusa il 20 aprile 2016.

Koichi Nakano, professore di scienze politiche alla Sophia University di Tokio, dice: “Castrare l’Asahi ha permesso ad Abe di imporre una nuova, triste conformità al mondo dei media.”

Se consideriamo i premi che l’Asahi ha vinto durante la sua breve incursione nel giornalismo investigativo – ad esempio l’equivalente giapponese del Premio Pulitzer nel 2012 per aver rivelato che, dopo il disastro di Fukushima, agli scienziati è stato ordinato di tenere la bocca chiusa e il governo non ha diffuso indicazioni sui rischi delle radiazioni ai residenti che stavano evacuando la zona – adesso che l’Asahi è stato costretto a mettere un freno al “giornalismo investigativo” e deve rigare dritto nei “press club”, qualsiasi notizia sui pericoli e le condizioni di Fukushima è, ipso facto, da leggere con sospetto!

C’è un silenzio di tomba riguardo a informazioni attendibili sul più grave disastro del mondo! (Cosa che dovrebbe farci fermare a riflettere… davvero a lungo.)
Ci sono prove schiaccianti che non esiste alcuna fonte affidabile sul più grande disastro nucleare di sempre – probabilmente uno dei maggiori pericoli per il pianeta nella storia dell’umanità. Sarà tuttavia il tempo a dircelo, dato che le conseguenze dell’esposizione alle radiazioni sulla salute ci mettono anni a manifestarsi. È un killer silenzioso, ma gli effetti si accumulano nel tempo. Le radiazioni a Fukushima continuano a diffondersi ma nessuno sa cosa fare. Dire che la situazione è scandalosa è un tale understatement che è difficile che il messaggio venga preso seriamente come meriterebbe. Eppure, è scandaloso, non solo per il Giappone ma per l’intero pianeta.


Dopo tutto, consideriamo questo: 30 anni dopo il disastro di Chernobyl, si trovano bambini orribilmente deformi in oltre 300 orfanotrofi, sperduti nei luoghi più remoti della campagna bielorussa. È altrettanto spiacevole, ma forse ancora più odioso, che ancora oggi le radiazioni di Chernobyl (dal 1986) stiano producendo effetti sulla seconda generazione di bambini.

USA Today li descrive nell’articolo del 17 aprile 2016 L’eredità di Chernobyl: bambini con i corpi devastati dal disastro: “Ci sono 2.397.863 persone iscritte presso il ministero della sanità ucraino per ricevere continue cure mediche per problemi relativi a Chernobyl. Di queste, 453.391 sono bambini – nessuno dei quali era nato ai tempi dell’incidente. I loro genitori erano piccoli nel 1986. Questi bambini soffrono una gamma di patologie che va dai problemi respiratori, digestivi, muscolo-scheletrici, oculistici, a malattie del sangue, cancro, malformazioni congenite, anomalie genetiche e traumi.”

Al mondo ci sono voluti 30 anni per iniziare a comprendere, grazie ad un articolo di USA Today, quanto l’esposizione alle radiazioni sia devastante per le persone, non per pochi anni, ma per decadi. È un killer silenzioso che si annida nel corpo e passa di generazione in generazione in generazione, un processo di distruzione infinita che non può essere fermato!

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