venerdì 4 ottobre 2013

La banca più potente al mondo annuncia il crash

Con sede a Basilea, la BRI, la Banca dei regolamenti internazionali, promuove la cooperazione tra la banche centrali, fornisce servizi finanziari in qualità di “banca delle banche centrali” e opera come agente o mandataria nei pagamenti internazionali che le vengono affidati.

In definitiva, nella sua veste di banca di tutte le banche, la BRI di Basilea è la banca più potente al mondo, quella che capta e dirige il clima della finanza a livello mondiale. E le sue ultime previsioni sono allarmanti.
L’allarme lanciato dalla BRI settimana scorsa in un rapporto, fa stato di uno tsunami del debito che – nell’indifferenza generale dei governi e dei media – sta per abbattersi sui mercati, sulla finanza e sull’economia. Un crash dalle proporzioni ciclopiche.

E non sarà certamente il dietrofront del presidente della Federal Reserve Ben Bernanke, che ha rinunciato a ridurre la massiccia (quanto inutile) iniezione di 85 miliardi di dollari mensili nella disastrata economia americana che metterà a posto le cose.
L’annuncio della Fed di proseguire con il programma del Quantitative easing e con la stampa illimitata di moneta, conferma l’impotenza del governo americano nel rimettere in piedi una situazione economica compromessa da tempo e che non è in grado di rinunciare all’illusorio sostegno di questi stimoli artificiali.
In parallelo, malgrado il proseguimento del Quantitative easing, la Fed ha rivisto nuovamente al ribasso la previsione di crescita per il 2013... 
William White, ex economista presso la BRI, conferma le sinistre previsioni del rapporto dell’istituto finanziario :

“Siamo tornati a una situazione peggiore di quella che prevaleva alla vigilia del crollo di Lehman Brothers, nel 2008. Tutte le situazioni di disequilibrio sono ancora presenti. I livelli di indebitamento pubblico e privato sono aumentati del 30% rispetto a cinque anni fa.”
Il debito mondiale viene quantificato in cifre tanto allucinanti quanto incomprensibili. Secondo il giornale The Economist sarebbe di 52 mila miliardi di dollari. E c’è chi lo quantifica ancora più alto, addirittura di 190 mila miliardi di dollari.



In pieno dibattito sul tetto del debito, il Congresso americano farà quello che ha sempre fatto : entro il 15 ottobre voterà a favore di un nuovo innalzamento del limite massimo del debito nazionale.
Cosa può fare d’altro? Se non voterà a favore, gli Stati Uniti andranno in default di pagamento.
Il Giappone prosegue la sua rovinosa fuga in avanti. Indebitato al 211% del suo Pil, il paese consacra oltre la metà delle sue entrate fiscali al rimborso dei soli interessi del debito nazionale. E il 46% del budget 2013 può essere finanziato unicamente con debiti supplementari.
In Cina, negli ultimi cinque anni i debiti privati sono saliti da 8 a 23 miliardi di dollari.
In Europa, in un anno il tasso d’indebitamento è aumentato da 88,2 a 92,2%. Il tutto mentre i governi della Zona euro si affannano a dichiarare che la crisi è passata e l’economia è in ripresa.

Davanti a noi si apre il baratro e gli artefici di questa gravissima crisi economica e finanziaria sono incapaci di trovare un rimedio.
Sinora, nei paesi più disagiati della Zona euro l’unico rimedio trovato dai governi è stato quello di proporre – e in taluni casi di attuare – il prelievo sui conti dei cittadini, per tentare di salvare il settore bancario e chiudere i buchi nelle finanze dello Stato. Cipro ne è un chiaro e tragico esempio.

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