Quando utilizziamo il computer creiamo molte cose sul suo schermo.
Parte di queste vanno a finire nella memoria interna della macchina, mentre molte altre rimangono registrate nelle memorie dei server di grandi gruppi informatici, come Google.
Ciò significa che il giorno in cui il computer muore la memoria di tutto quel lavoro svolto non va perduta, rimane disponibile.
Tuttavia una persona ignorante cui non sia mai stato spiegato che i file di internet rimangono registrati altrove, e che abbia usato in vita sua solo il proprio computer potrebbe credere che tutto sia contenuto nella propria macchina, e che quando questa si rompe tutto vada perduto irrimediabilmente...
Ora, io sono abituato a pensare agli esseri umani come biocomputer interattivi semoventi ed autoreplicanti.
Posso quindi, per analogia, immaginare che la nostra memoria, o perlomeno una sua parte, sia registrata in qualche luogo esterno al nostro singolare organismo, che rimanga ad esso indipendente, e quindi possa conservarsi al di là della sua esistenza.
Può trattarsi di una semplice fantasia da fantascienza, tuttavia già qualcuno ha immaginato una cosa del genere: gli antichi indù ritenevano che tutto ciò che facciamo sia registrato nel cosiddetto "Akasha", e molte altre filosofie o religioni hanno immaginato ugualmente.
Da un punto di vista scientifico questa è una ipotesi che rimane tale, come enunciato a valore di verità indeterminato, non sapendo come verificarlo sperimentalmente, del quale dunque non possiamo definire né che sia vero né che sia falso.
Tuttavia la questione non è irrilevante, perché da sempre gran parte degli umani si sono dichiarati fermamente convinti che un quid del nostro essere, detto anima, o mente, o psiche, o altro ancora, sia eterno, indipendentemente dalla limitata durata della vita dell'organismo fisico cui si trova associato.
Il fatto che una convinzione di questo genere rimanga viva attraverso i millenni e su tutta la faccia del pianeta deve pur far riflettere, anche se non si tratta di un argomento affrontabile con metodi scientifici tradizionali (a meno di decidere di considerare strumento di osservazione l'organismo di un Lama o Acharia in stato di profonda meditazione).
Lo pscicoanalista Carl Gustav Jung affrontava così il problema: "Io sono uno scienziato, e devo impiegare un metodo scientifico. Da questo punto di vista devo osservare sperimentalmente che la mia anima si comporta come se fosse eterna".
"Come se" non è una prova conclusiva.
Tuttavia, se un animale miagola come un gatto, cammina a quattro zampe come un gatto, muove la coda come un gatto e cattura i topi come un gatto non si può escludere che sia un gatto.
Dove va a finire l'informazione (ovvero il tipo di ordine) prodotta da una vita umana?
Nel corso di una intera vita essa si distribuisce ovunque, in numerosissime direzioni, attraverso un grande numero di interazioni.
Ad esempio si trasferisce in altre menti umane tramite la comunicazione, a tutti i livelli, per la quale ognuno di noi conserva una enormità di ricordi di attività prodotte da altri, con la loro logica.
Molta informazione si trasmette attraverso lo spermatozoo e l'ovulo che danno origine alla realizzazione di un nuovo organismo, il quale raccoglie le caratteristiche dei due genitori.
In senso più ampio, è informazione ogni prodotto dell'interazione con l'ambiente.
Naturalmente tutte queste informazioni non rimarranno statiche, bensì verranno elaborate dall'ambiente ospite, secondo modalità e tempi disparati, proprio come avviene all'interno del nostro corpo.
Il cervello elabora informazioni, ma a loro modo anche tutti gli altri organi componenti (un osso capisce di essersi rotto e sviluppa le conseguenti riparazioni, e così via).
In definitiva, dunque, tutta l'informazione prodotta da una vita umana si distribuisce nell'ambiente, e ne viene elaborata.
Da questo punto di vista si può tranquillamente asserire che se definiamo la vita come produzione di azione, informazione ed elaborazione, questo processo è eterno.
Fonte: www.facebook.com
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