Cosa non va della rivoluzione verde
Ci sono Paesi che hanno messo in frigorifero il green deal, come la Gran Bretagna, e altri che, dopo aver aderito entusiasticamente all’accordo Cop 26 di Glasgow sull’abbandono del carbone come fonte energetica, hanno fatto retromarcia riaprendo le centrali.
La rivoluzione verde, tanto amata dalla sinistra europea e dai burocrati di Bruxelles, si è rivelata una follia.
Non perché sia sbagliato in assoluto il principio, ma perché i profeti del futuro verde e sostenibile non hanno tenuto conto di troppe variabili: la guerra che ha scatenato la crisi energetica, la siccità che ha penalizzato l’idroelettrico, la mancanza di vento nel mare del Nord che ha limitato l’eolico e, dulcis in fundo, la carenza di materie prime che ha fatto salire alle stelle il costo di installazioni di fotovoltaico ...
La transizione ecologica
La transizione ecologica, lo sanno anche i bambini, necessita di tempi lunghi. In un mondo che va avanti e produce grazie a gas, petrolio e anche carbone (Cina docet) non si può decidere di staccare la spina in una data prefissata senza deroghe, chiudendo gli occhi davanti alle congiunture che cambiano o agli stravolgimenti geopolitici.
Perché gli effetti sono sotto gli occhi di tutti e negarlo sarebbe non solo sciocco ma anche una menzogna.
Eppure l’Unione europea non vuole prendere in considerazione l’emergenza attuale per modificare o prorogare la marcia verde che si è prefissata.
La crisi del gas si affronta e si risolve, secondo la Commissione guidata da Ursula von der Leyen, con altri strumenti come il razionamento dei consumi o l’estensione del meccanismo Ets.
E rallentare la corsa verde?
Non se ne parla neppure, anzi, se ne parla solo per continuare a sostenerla affermando che tutte le misure anti crisi non debbano ledere in alcun modo il cammino tracciato per il green deal. E via alla neutralità carbonica nel 2050, senza se e senza ma, con l’obiettivo intermedio di ridurre il Co2 del 55% entro il 2030, e poi stop a tutte le auto diesel e a benzina entro il 2035.
Le misure per la rivoluzione verde
Ma come ci arriveremo a quei traguardi? Come saranno ridotte le nostre industrie? Quante recessioni dovremo vivere e quanta povertà affrontare se continuiamo a camminare con il paraocchi?
Pandemia, guerra, siccità sono solo alcuni degli ostacoli che ci si sono parati davanti. E chissà quanti altri ne potremo incontrare…
La scorsa estate, quando la Commissione europea presentò gongolante il suo piano “Fit for 55”, cioè le dodici misure necessarie per la rivoluzione verde, tutti erano consapevoli che avrebbero fatto aumentare i prezzi del riscaldamento, dei trasporti, dei carburanti eccetera. Il Financial Times scriveva che Bruxelles ne era consapevole, ammettendo che l’estensione del sistema Ets «avrà un impatto sulle famiglie povere».
Secondo gli studi, infatti «potrebbe esserci uno shock iniziale sulla bolletta».
Shock al quale si n’è aggiunto un altro, con la crisi energetica e la guerra in Ucraina. «Machissenefrega» ripetono i profeti del green deal. E continuano a fare proseliti tanto che ora arrivano anche i vaccini green, come quello antinfluenzale della Sanofi.
«Le confezioni sono studiate con un packaging che rispetta il pianeta – informa l’azienda francese -. Riducono l’impatto in termini di emissioni di Co2».
Il mondo verde si autoelogia, come la Follia di Erasmo da Rotterdam.
Fonte: www.veritaeaffari.it
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