sabato 10 giugno 2023

Campi Flegrei, la crosta del vulcano si sta indebolendo: non si esclude l'eruzione

 
La crosta della caldera della zona vulcanica dei Campi Flegrei risulterebbe indebolita, il che suggerirebbe la necessità di una maggiore attenzione per valutare la pericolosità effettiva della situazione.

È quanto emerge da un nuovo studio pubblicato su “Communications Earth & Environment” da Christopher Kilburn, professore di Vulcanologia presso l’ University College London (UCL), da Stefano Carlino, ricercatore dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia – Osservatorio Vesuviano (INGV-OV), da Nicola Alessandro Pino, primo ricercatore INGV-OV e da Stefania Danesi, primo ricercatore INGV Sezione Bologna. Va precisato che – secondo quanto riportato dall’INGV – “al momento i risultati della ricerca non hanno alcuna implicazione diretta su misure che riguardano la sicurezza della popolazione”.

Per il nuovo studio il susseguirsi degli episodi di sollevamento degli ultimi decenni ha causato un progressivo indebolimento nella crosta della caldera dei Campi Flegrei. Dalla ricerca risulta che la crosta della caldera flegrea sta attraversando un progressivo passaggio da una fase “elastica” a una “inelastica”. L’autore principale, il professor Christopher Kilburn, ha dichiarato: “Il nostro nuovo studio conferma che i Campi Flegrei si stanno avvicinando alla rottura. Tuttavia, questo non significa che un’eruzione sia garantita ...

Una cartina dei Campi Flegrei risalente al '600

La rottura può aprire una crepa attraverso la crosta, ma il magma deve ancora essere spinto verso l’alto nel punto giusto perché si verifichi un’eruzione. 

Questa è la prima volta che applichiamo il nostro modello, che si basa sulla fisica di come le rocce si rompono, in tempo reale a qualsiasi vulcano. Il nostro primo utilizzo del modello è stato nel 2017 e da allora i Campi Flegrei si sono comportati come previsto, con un numero crescente di piccoli terremoti che indicano una pressione dal basso".

La caldera 

L’attività della caldera è causata da movimenti di fluidi che si troverebbero a circa 3 chilometri di profondità e che potrebbero essere costituiti sia da magma che da gas di natura vulcanica. Secondo molti autori, inclusi quelli del presente lavoro – riporta l’INGV – la causa dell’attuale sollevamento potrebbe essere di origine idrotermale, ma non è possibile escludere completamente un eventuale contributo magmatico. Nel loro documento, il team ha spiegato che l’effetto dei sommovimenti dagli anni ’50 è cumulativo, il che significa che un’eventuale eruzione potrebbe essere preceduta da segnali relativamente deboli come un tasso minore di sollevamento del suolo e meno terremoti.

“Lo studio”, afferma Stefano Carlino (INGV-OV), “evidenzia che, nonostante il livello del suolo raggiunto oggi sia superiore di oltre 10 cm a quello raggiunto durante la crisi bradisismica del 1984, la deformazione inelastica sta avvenendo con un livello di sforzo inferiore rispetto al 1984. Questo risultato suggerisce che, nel corso degli episodi di sollevamento della caldera dei decenni passati si sono progressivamente prodotte modifiche dello stato fisico della crosta e che questi cambiamenti non possono essere trascurati nello studio della dinamica vulcanica in atto e nelle sue evoluzioni future”. “Nello studio”, aggiunge Stefania Danesi della Sezione di Bologna dell’INGV, “dimostriamo che gli episodi di sollevamento ai Campi Flegrei dal 1950 a oggi devono essere considerati come fasi di un unico processo di lungo termine in cui la recente transizione da regime “elastico” a “inelastico” segna un passaggio rilevante”.

Gli autori sottolineano, infine, come il loro studio indichi la necessità di analisi sempre più quantitative delle relazioni tra i segnali registrati in superficie dalle reti di monitoraggio e i processi che li determinano, indispensabili per fornire valutazioni più attendibili per la pericolosità vulcanica. In effetti, aggiungono, vi sono diversi possibili scenari che potrebbero portare a esiti diversi. 

“I nostri risultati”, osserva Nicola Alessandro Pino dell’Osservatorio Vesuviano dell’INGV (INGV-OV), “sono basati sull’elaborazione di un modello scientifico in cui i parametri osservati permettono di ipotizzare scenari di evoluzione della fratturazione delle rocce e quindi della sismicità. 
Nello scenario più critico, la persistenza del regime inelastico potrebbe portare alla rapida fratturazione degli strati crostali più superficiali, con precursori che potrebbero essere meno intensi di quanto generalmente attesi in caso di risalita di magma. Tuttavia, la riattivazione progressiva e diffusa di fratture potrebbe causare la depressurizzazione del sistema idrotermale, con arresto del sollevamento del suolo e, quindi, la ripresa della lenta subsidenza”. 


Nella peggiore delle ipotesi, stando a uno studio pubblicato nel 2012 sulla rivista Scientific Reports, potremmo avere solo qualche giorno di preavviso.
In tal caso si spera che le autorità e gli organi competenti possono disporre l'evacuazione degli abitanti nel minor tempo possibile.

Il livello di allerta dei Campi Flegrei è passato dal 2012 da verde a giallo, dunque attualmente è in uno stato di "attenzione" poiché dal 2011 è in atto il sollevamento del suolo.
Il sollevamento, noto come bradisismo, è causato da variazioni interne al sistema vulcanico: l’aumento di temperatura e di pressione nelle rocce del sottosuolo determinano il sollevamento dell’area secondo una geometria a “cupola”.
In passato alcune eruzioni vulcaniche si sono verificati dopo intensi e prolungati sollevamenti del suolo.
Prima dell'ultima eruzione dei Campi Flegrei, avvenuta nel 1532, l'area della caldera vulcanica si sollevò di oltre 8 metri perciò in molti temono possa ripetersi lo stesso scenario in quanto, dal 2011 al marzo 2021, la caldera flegrea si è ormai sollevata di oltre 70 centimetri. Tratto da: www.mapsism.com


Allo stato attuale il livello di allerta dei Campi Flegrei è GIALLO, come stabilito dal Dipartimento della Protezione Civile, sulla base dei risultati del monitoraggio e delle valutazioni espresse dalla Commissione Grandi Rischi. 

Tale livello, a differenza del livello di allerta “verde”, che corrisponde all’attività ordinaria del vulcano, è indice della variazione di alcuni dei parametri monitorati dall'INGV.


Durante il mese di maggio 2023 nell'area dei Campi Flegrei sono stati registrati 661 terremoti con una Magnitudo massima=3.5±0.3. 

Di questi, 633 eventi (circa il 96% del totale) hanno avuto una magnitudo minore di 1.0 o non determinabile a causa della bassa ampiezza del segnale non chiaramente distinguibile dal rumore di fondo, 25 eventi (circa il 3.5% del totale) hanno avuto una magnitudo compresa tra 1.0 e 1.9,  2 eventi (circa lo 0.3% del totale) hanno avuto una magnitudo compresa tra 2.0 e 2.9 e 1 evento (circa lo 0.2% del totale) ha avuto una magnitudo maggiore o uguale a 3.0. In totale sono stati localizzati 331 eventi (circa il 50% di quelli registrati), ubicati prevalentemente tra Pozzuoli, Bagnoli, Solfatara-Pisciarelli e il Golfo di Pozzuoli, con profondità concentrate nei primi 2 km e profondità massima di circa 4.5 km. 

Le reti di monitoraggio delle deformazioni del suolo confermano una geometria radiale del sollevamento centrato nell'area di Pozzuoli con una velocità massima di circa 15±3 mm/mese. 
Il sollevamento registrato alla stazione GNSS di Rione Terra (RITE), a partire da novembre 2005, è di circa 109.5 cm, di cui circa 76 cm da gennaio 2016. 
Le misure termografiche nelle aree monitorate mostrano andamenti della temperatura in diminuzione nell'area della Solfatara e in aumento in quella di Pisciarelli. I parametri geochimici confermano i trend pluriennali di riscaldamento e pressurizzazione del sistema idrotermale. 
Il flusso di CO2 dal suolo nell'area della Solfatara si conferma essere di circa 3000 t/d, valori comparabili a quelli che si ritrovano nel plume di vulcani attivi a degassamento persistente.
Fonte: www.ov.ingv.it


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