martedì 14 dicembre 2021

Che fine fanno i detriti spaziali?

 

Nel mese di novembre scorso la Stazione spaziale internazionale ha dovuto effettuare una manovra per evitare una possibile collisione con un detrito spaziale. La scheggia cosmica apparteneva a Fengyun-1C, satellite metereologico cinese distrutto nel 2007 da un discusso test missilistico. Da quella collisione sono stati prodotti oltre 3.500 detriti, la maggior parte dei quali vagano ancora intorno al nostro pianeta. Non è la prima volta che la Iss schiva un detrito spaziale. In oltre vent’anni, gli incontri ravvicinati con frammenti di spazzatura cosmica sono stati una trentina.
Ma che fine fanno questi detriti?


di Chiara Rossi

Le attività spaziali hanno impatto sull’ambiente e tra le conseguenze ci sono i detriti spaziali. Fatti, numeri, commenti e scenari.
L’orbita terrestre è sempre più affollata… di detriti spaziali.

Le attività umane lasciano troppi satelliti morti e frammenti di macchinari scartati nell’orbita terrestre. 

La spazzatura spaziale ingombra le orbite e rappresenta una minaccia urgente per il tempo, la sicurezza, le comunicazioni e altri satelliti ...


Senza dimenticare i detriti del razzo cinese ‘Long March 5B’ che ha portato il modulo centrale Tianhe (Heavenly Harmony) rientrati in maniera incontrollata nell’atmosfera terrestre lo scorso maggio.

Se lasciata in orbita, la spazzatura spaziale potrebbe porre problemi significativi alle generazioni future, rendendo l’accesso allo spazio sempre più difficile o, nel peggiore dei casi, impossibile, segnala il New York Times.

“I satelliti operativi attorno alla Terra sono 4.300 mentre i detriti spaziali grandi da un millimetro a 10 centimetri possono aggirarsi attorno ai 130 milioni. La collisione anche con un solo frammento della grandezza di un centimetro può causare gravi danni.
A chi spetterà farsi carico dello smaltimento dello “space debris”?” ha sottolineato il presidente di Leonardo Luciano Carta intervenendo al convegno “G20-L’Italia per lo Spazio, l’economia, l’industria, le regole” della Fondazione Leonardo Civiltà delle Macchine.

Il tema rappresenta anche una sfida per i regolatori e gli operatori satellitari, in particolare SpaceX e Amazon, e altre società che cercano di costruire megacostellazioni di migliaia di satelliti per trasmettere il servizio Internet a terra dall’orbita terrestre bassa.

Tutti i dettagli ...


I DETRITI SPAZIALI IN NUMERI

Per la spazzatura spaziale, le implicazioni sono forti. 

Più di 2.500 oggetti di dimensioni superiori a quattro pollici orbitano attualmente a un’altitudine di 250 miglia o inferiore. 
Nel peggiore dei casi, un aumento della vita orbitale fino a 40 anni significherebbe che meno oggetti vengono trascinati nella bassa atmosfera. Gli oggetti a questa altitudine prolifererebbero di 50 volte fino a circa 125.000.

COSA STA FACENDO LA NASA

Un rapporto dell’Office of Inspector General (Oig) pubblicato a inizio anno evidenzia che la Nasa ha fatto un buon lavoro nel deorbitare i propri veicoli spaziali e corpi di razzi. Tuttavia, molte altre nazioni non sono state così proattive, lanciando veicoli spaziali e razzi che rimangono in orbita più a lungo dei 25 anni raccomandati.

Per questo gli esperti avvertono che l’agenzia spaziale statunitense dovrà sia mitigare la spazzatura già nello spazio che impedire la creazione di spazzatura futura per mantenere al sicuro i veicoli spaziali in futuro.

L’OIG ha anche raccomandato alla Nasa di sviluppare un mezzo migliore per tracciare e comprendere la natura della spazzatura spaziale in orbita.


L’ALLARME DELL’ESPERTO CONTRO STARLINK DI SPACEX

Ad agosto, Hugh Lewis, capo dell’Astronautics Research Group presso l’Università di Southampton, Regno Unito, ha osservato che oltre la metà degli “incontri ravvicinati” o del “forte rischio collisione tra i satelliti” è dovuta a Starlink, la costellazione satellitare di SpaceX.

Starlink mira a creare “il sistema Internet a banda larga più avanzato al mondo”. Ha già lanciato circa 1.700 satelliti nell’orbita terrestre, che sono responsabili di circa la metà di tutti i quasi incidenti attualmente, suggerisce la ricerca del professor Lewis.

Lewis ha esaminato i dati del database Socrates (Satellite Orbital Conjunction Reports Assessing Threatening Encounters in Space), che traccia le orbite dei satelliti e ne modella la traiettoria per valutare il rischio di collisione. 
Ha esaminato i dati a maggio 2019, quando Starlink ha lanciato il suo primo lotto di satelliti. Lewis ha affermato che i satelliti Starlink sono responsabili di 1.600 incontri ravvicinati tra due veicoli spaziali a settimana. Escludendo i quasi incidenti che coinvolgono due satelliti Starlink, la cifra era di 500.

I satelliti Starlink saranno in definitiva responsabili del 90% dei quasi incidenti nell’orbita terrestre, prevede lo scienziato.

COSA EMERGE DAL RAPPORTO DELL’ESA

Nel frattempo, rapporto sulla spazzatura spaziale dell’Agenzia spaziale europea pubblicato l’anno scorso ha rilevato che lo smaltimento dei veicoli spaziali defunti in orbita sta migliorando, ma sta accadendo a un ritmo più lento del necessario.

LA COMMESSA ASSEGNATA A D-ORBIT UK

Ma l’Agenzia spaziale europea non è rimasta a guardare.
Proprio a inizio settembre, l’Esa ha assegnato un contratto alla società comasca D-Orbit attraverso la sua filiale britannica per sviluppare la tecnologia per la rimozione di detriti spaziali.
La commessa, del valore di 2,2 milioni di euro, fa parte del Programma di sicurezza spaziale dell’Esa.

Il contratto prevede lo sviluppo e la dimostrazione in orbita di un “Deorbit Kit”, un pacchetto autonomo di dispositivi che consentirà a veicoli spaziali di qualsiasi dimensione di eseguire manovre propulsive di smaltimento.

La società guiderà un consorzio che comprende Airbus Defence and Space, ArianeGroup, GMV Innovating Solutions e Optimal Structural Solutions per sviluppare il kit multiuso. Questo sarà installato inizialmente su un payload adapter del razzo Vega chiamato Vespa (Vega Secondary Payload Adapter). Il kit sarà installato prima del lancio per eseguire una manovra propulsiva di rientro su un’area disabitata designata poco dopo il rilascio del payload.

NECESSARIA UNA COLLABORAZIONE INTERNAZIONALE

Come ha rivelato Axios, gli esperti stanno lavorando per elaborare nuovi modelli per capire esattamente come i diversi tipi di veicoli spaziali e materiali si muovono in orbita. Lo scopo è di rendere più efficace il tracciamento.

Moriba Jah dell’Università del Texas ha spiegato ad Axios che sta cercando di quantificare la “capacità di carico” di determinate orbite per sapere esattamente quanti satelliti possono e devono essere lanciati in varie parti dello spazio. In questo modo, consentirebbero di stabilire se determinate costellazioni possono essere lanciate.
Jah e altri esperti chiedono anche una migliore collaborazione internazionale sul problema della spazzatura spaziale, con gli Stati Uniti in ritardo rispetto ad altri (come l’Europa) nell’affrontare il problema in modi innovativi.

PROFUMO (LEONARDO): “STABILIRE REGOLE CERTE”

E anche in Italia istituzioni e aziende del settore spaziale si interrogano sulla questione della spazzatura spaziale.

“Abbiamo tre sfide da affrontare nel prossimo futuro: stabilire le linee guida per il traffico satellitare, per contribuire a un uso sostenibile dello spazio; l’impatto che le attività spaziali hanno sull’ambiente con particolare attenzione rivolta ai detriti spaziali; regolamentare il settore dell’esplorazione e della colonizzazione spaziale” ha dichiarato il ministro per l’Innovazione Tecnologica con delega allo Spazio, Vittorio Colao intervenendo alla prima giornata del G20 Space Economy Leaders Meeting 2021.

“In un contesto così dinamico, che prevede nuove opportunità c’è bisogno di regole certe: fino a pochi anni fa la gestione degli spazi orbitali riguardava principalmente le sole comunicazioni. Ora servono regole per l’accesso e le interazioni nello spazio” ha ribadito di recente il numero uno del colosso dell’aerospazio e difesa italiano Leonardo Alessandro Profumo.

“Dove ci sono sempre più satelliti, aumentano i detriti spaziali, con tutti i rischi connessi, bisogna stabilire regole e definire responsabilità” ha sottolineato Alessandro Profumo.




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