martedì 21 luglio 2020

Longevità

L’apparente inefficienza del sistema è la sua forza.

I luoghi comuni sono difficilissimi da sradicare: uno dei luoghi comuni con le radici più tenaci e profonde è quello relativo all'età media che si sarebbe allungata in questi ultimi decenni.

Moltissimi sono convinti che, mentre oggi la vita media, almeno nei paesi occidentali, si aggira intorno ai 75-80 anni, nell'antichità le persone morivano per lo più intorno ai quarant'anni. 
Ciò è falso.

In primo luogo, secondo molti studiosi, veramente i patriarchi biblici antidiluviani vivevano 600-700 anni o più. Che noia!

Capisco tuttavia che questa ipotesi sia scartata dagli storici e dai paleontologi ortodossi ...


Consideriamo allora l'età antica:
- Eraclito visse dal 550 al 480 a.C. circa;
- Platone dal 427 al 347 a.C.;
- Aristotele dal 384 al 322 a.C.;
- Epicuro dal 341 al 271 a. C.;
- Zenone dal 333 al 263 a.C.;
- Panezio di Rodi dal 185 al 110 a.C.;
- Posidonio dal 135 al 51 a.C.;
- Epitteto dal 50 al 138 d.C.
I tre tragici greci:
- Eschilo dal 525 al 455 a.C.;
- Sofocle dal 496 al 406 a.C.;
- Euripide dal 485 al 406 a.C.
L'elenco potrebbe continuare, ma mi fermo qui.

Mi pare evidente che nell'antichità le persone delle classi privilegiate avevano, in genere, dinanzi a sé un'aspettativa di 70 o più anni di vita.
Costoro, grazie agli agi, all'alimentazione variata e ricca, all'uso di piatti, coppe e brocche d'argento, vivevano più a lungo di coloro che appartenevano alle classi umili, un po' come avviene, mutatis mutandis, nel mondo odierno, dove le popolazioni delle nazioni povere e poverissime hanno una vita media intorno ai 35-40 anni, a differenza di quanto avviene negli stati industrializzati.

Ora, senza volermi atteggiare a laudator temporis acti, mi pare che, se ad una persona toccava la buona sorte di nascere in un ceto elevato, non doveva poi attendersi un'esistenza breve ed afflitta da mille malattie.

Riconosciamo quindi i progressi nel campo medico, sanitario e farmacologico che hanno talvolta migliorato le condizioni di molti gruppi umani, ma non dimentichiamo che industrie farmaceutiche e laboratori militari, da almeno mezzo secolo, creano e diffondono nuove malattie per le quali poi vengono sintetizzati medicinali.
Ciò consente alle multinazionali del farmaco di incrementare a dismisura i profitti, di sfoltire alcuni settori della popolazione o etnie sgradite, di rendere i cittadini deboli e perennemente malati di modo che dipendano dal sistema ed affinché non abbiano le energie per contrastarlo. Infine le tanto decantate cure contro le malattie degenerative, i tanto magnificati farmaci anticancro sono poco più che conati. Non è questa la sede per indagare le ragioni del clamoroso fallimento della medicina ufficiale in questo campo, ragioni che si possono facilmente immaginare.

Si ricordi di tale lato oscuro dell'establishment medico-sanitario chi tesse in modo acritico e pedestre l'elogio delle "magnifiche sorti e progressive".

Fontezret.blogspot.com


L’età media nell’antichità. La confusione tra longevità e aspettativa di vita

Nell’antichità gli essere umani erano forti, magri e soffrivano raramente delle patologie croniche più frequenti dell’era moderna: tumori, diabete, obesità, malattie cardiovascolari, demenza senile.

Ma avevano una vita più breve?

I dati statistici fanno una media matematica.
Negli anni in cui dici che l’aspettativa di vita era 40 si fa una media tra la vita effettiva e la mortalità infantile. È abbastanza evidente che se 50 persone muoiono ad 80 anni, ogni 50 neonati che muoiono (a causa di parti difficili e condizioni igieniche non corrette) la media si dimezza e va a 40 anni. 

Ma questo è un mero calcolo matematico che oltre a non rappresentare l‘aspetto qualitativo della vita non risalta il fatto che con l’alta mortalità infantile (parti dove spesso morivano anche le madri) e le guerre (dove soldati giovani morivano) è necessario un gran numero di anziani longevi (80-100 anni) per ottenere quella media.

L’aspettativa di vita nel Paleolitico era maggiore che tra i Romani

Gli uomini delle caverne non sono morti così giovani. Si afferma che la durata media della vita era tra i 25 e i 40 anni nel Paleolitico. Questo è altamente fuorviante, perché l’età media era piuttosto bassa a causa di un tasso di mortalità infantile molto alto. 

Durante il Paleolitico superiore, l’aspettativa di vita alla nascita era di 32 anni (Kaplan, 2000). Ma un quindicenne – sopravvissuto all’infanzia e fino all’adolescenza – poteva aspettarsi di vivere altri 39 anni, fino all’età di 54 anni.

Nel periodo romano classico l’aspettativa di vita era 20-30 e all’età di 10 anni ci si poteva aspettare di vivere 35 anni in più, a 45 anni (Frier 2001). Confrontando questo dato con quello del Paleolitico diventa chiaro come l’uomo delle caverne, in media, vivesse più del civilizzato uomo romano.

L’uomo Paleolitico longevo come l’uomo moderno del 1800

La mortalità infantile ha sempre distorto l’aspettativa di vita verso il basso fino agli inizi del XX secolo. Non molto tempo dopo ci siamo infatti resi conto che probabilmente era una buona idea lavarsi le mani prima di dare alla luce un bambino!

Nell’Inghilterra medievale un neonato che nasceva nel periodo tra il 1276 e il 1300 aveva una aspettativa di vita di 31,3 anni, quindi praticamente lo stesso dell’uomo paleolitico! (BBC, A Millennium of Health Improvement)

Nel 1841 l’aspettativa di vita alla nascita era ancora solo 40 anni! (Decennial Life Tables, ONS) 
Solo 8 anni in più rispetto al Paleolitico superiore!
Quindi, anche per questa rozza misura, è ingiusto scegliere il Paleolitico come un periodo di vita particolarmente breve, mentre in realtà l’aspettativa di vita è sempre stata bassa fino al secolo scorso.

Anche usando le medie di base per la durata della vita, i nostri antenati Paleo stavano effettivamente facendo altrettanto bene, meglio degli antichi romani e come gli inglesi medioevali.

I Paleolitici davvero morivano a 30 anni?

Se già affidandoci solo ai dati storici statistici diventa chiaro che l’uomo paleolitico non viveva meno rispetto all’uomo di qualche secolo fa, rimane da chiedersi quale fosse la sua longevità.

I raccoglitori e cacciatori sono davvero morti a 40 anni durante una caccia ai mammut o ne hanno vissuti molti di più?

Bene, una statistica più pertinente da guardare al posto della vita media (o “media”) è la “modalità” (“mode”). La modalità è il valore che si verifica più frequentemente in un set di dati.

Prendi questo set di punti dati: [0.3, 0.7, 1, 1, 2, 4, 7, 7, 7, 9]. La media (media) è 3.9, mentre la modalità è 7. Grande differenza.

Lo studio più noto sulla longevità tra le tribù di cacciatori-raccoglitori ha concluso che l’età della modalità tra una varietà di diverse tribù di cacciatori-raccoglitori di tutto il mondo variava da 68 a 78 anni, con una modalità complessiva calcolata in 72 anni. 
(Gurvan, 2007) .

Ciò significa che, in generale, se non si moriva da bambino o si era vittima di un’infezione, una malattia, guerra o incidenti, allora un sano cacciatore-raccoglitore poteva aspettarsi di vivere fino ad una rispettabile età nella vecchiaia, anche secondo i moderni standard globali.

Fonte (articolo completo, da leggere): www.adriaticonews.it

“Miracolo del bambino caduto dalla culla” - parte del trittico 
del Beato Agostino Novello e storie, cm. - chiesa di Sant’Agostino, Siena.

Ma di cosa diamine morivano tutti ‘sti neonati, nel Medioevo?

Non so se vi è mai capitato di leggere quelle statistiche agghiaccianti per cui, nel Medioevo, facendo una stima a spanne, sei neonati su dieci morivano entro dodici mesi dalla nascita. Ellamiseriacciasanta, ma è ‘na mattanza!

Una mattanza di cui, francamente, non mi sono mai data pace: d’accordo che un neonatino è per sua natura delicato, d’accordo che una bronchite a due mesi è più pericolosa di una bronchite a due anni… ma come mai, i bimbetti che superavano l’anno di vita avevano, come per magia, un tasso di mortalità un pochettino meno simile a quello di un genocidio?

Non so, era una cosa che non mi sono mai spiegata. Avevo come l’impressione che non potessero essere solo le malattie a giustificare questa moria. Ho sempre avuto il retropensiero che ci fosse qualcosa che mi sfuggiva, qualche elemento “non strettamente medico” che metteva in pericolo i bambini piccolissimi. 

Non ero mai riuscita, però, a immaginare esattamente quale… e poi, qualche mese fa, un amico mi ha regalato quel piccolo capolavoro che è Vivere nel Medioevo. 

Donne, uomini e soprattutto bambini, edito da Il Mulino. Se vi interessa la quotidianità del Medioevo (e soprattutto quella dei bambini), compratelo di corsa perché è un libro stupenderrimo.

Ebbene: Chiara Frugoni ha confermato la mia impressione. Sì, certamente, i bambini medievali morivano a causa delle malattie e delle scarse condizioni igieniche, ci mancherebbe altro. Però morivano anche a causa di ragioni (francamente, tra le più impensabili) che ben poco avevano a vedere con virus e batteri.

Curiosi di conoscerne alcune?

1) Svezzamento precoce

Noi, oggi, ci andiamo piano, e sempre dietro stretto consiglio medico. Nessuna persona sana di mente si sveglia dalla sera al mattino dicendo “bon, mi sono stufata di allattare, da stasera caponata di melanzane per tutti, Luigino incluso”. Noi, oggi, sappiamo benissimo che lo svezzamento dev’essere graduale, cauto, prolungato nei mesi, e che gli alimenti vanno inseriti nella dieta del bambino secondo una certa tabella di marcia e facendo attenzione a quei cibi che potrebbero dargli problemi.

Ecco, noi oggi lo sappiamo: la gente del Medioevo, invece, proprio no.
Era tristemente frequente che i bambini morissero a causa di uno svezzamento avviato troppo presto, o troppo bruscamente, o con troppi errori tecnici che nessuno, all’epoca, sapeva essere tali. Spesso e volentieri, il neonatino si trovava a passare dal latte materno agli sfarinati, letteralmente dal giorno alla notte. In molti ci rimanevano secchi, poverini.

Il modello che garantiva le maggiori possibilità di sopravvivenza, era – per la gioia delle odierne talebane dell’allattamento – un allattamento esclusivo per i primi venti-ventiquattro mesi di vita del bambino. Solo a quel punto l’organismo del bimbetto era sufficientemente forte da sopportare lo shock di uno svezzamento “dal giorno alla notte”, buttato lì dal nulla.
Ma ovviamente non tutte le donne hanno latte per ventiquattro mesi, e ovviamente non tutte le madri possono permettersi di essere così a lungo a disposizione esclusiva del bambino (ebbene sì: nemmeno le madri del Medioevo). Da cui..

2) Quelle madri snaturate che mollano il figlio alla babysitter per tornare a lavorare

…da cui l’esigenza, spesso e volentieri, di prendere il neonato e darlo a balia, una pratica che la Chiesa Medievale ha sempre criticato con estrema durezza. Uno legge certe condanne senza ammissione di replica e pensa ‘uh guarda, che bello, la Chiesa già sapeva che un bambino ha bisogno della sua mamma per crescere bene ed equilibratamente’.
Ehm, no, il problema a monte era ben più grave: i bambini che uscivano di casa per essere affidati alle cure di una balia, molto spesso ci tornavano all’interno di una cassa da morto.
Era triste ma inevitabile, sotto un certo punto di vista.

Le balie, tendenzialmente, erano donne di modesta estrazione sociale, frequentemente sottoalimentate (e dunque con latte assai poco nutriente) che vivevano in campagna, in case fredde e piene di muffa. Se diventavano balie dopo la morte del loro figlio, diciamo che questo non deponeva molto bene circa le speranze di vita dei malcapitati che ne avrebbero “preso il posto”; se diventavano balie mentre il loro bambino era ancora in vita, capitava spesso che lesinassero il latte “al figlio d’altri”, preoccupate innanzi tutto di saziare il figlio loro. Certo, non capitava sempre; però, capitava con una certa frequenza.

E per chi si stesse domandando ‘ma la balia non viveva nella casa della famiglia del bambino?’, la risposta è: no.
Avere una balia a domicilio era un lusso che solo i ricchi potevano permettersi: molto più frequente era, per il ceto medio, la pratica di far uscire di casa il proprio neonato per mandarlo a vivere con la balia, e poi chi s’è visto s’è visto. Del resto, era proprio il non-troppo-abbiente ceto medio ad avere bisogno più di tutti di collocare (possibilmente fuori casa) il figlio neonato: proprio come capita oggi alle madri del 2000, a un certo punto la neomamma aveva bisogno di tornare al suo lavoro, per dare il suo contributo all’economia familiare. E non tutti i lavori si possono svolgere con un neonato in braccio: non oggi, ahinoi, ma nemmeno nel Medioevo.

3) Neonati sbalzati fuori dalla culla (!)

Se non fosse ‘na tragedia, farebbe pure ridere. Ebbene sì: pare che una tipologia diffusa di decesso infantile fosse quella che io chiamo La Sindrome Della Morte Accidentalmente Fuori Dalla Culla, nel senso che ‘sti poveri cristiani ogni tanto si trovavano sbalzati fuori dal loro lettino, e… sdong, testata per terra, trauma cranico, decesso.

Per capire come diamine fosse possibile questa tragedia (che se non fosse ‘na tragedia sarebbe pure comica, a immaginarsi la dinamica) bisogna capire, innanzi tutto, come erano fatte le culle nel Medioevo. Al fianco delle classiche culle con appoggio a terra, quelle che grossomodo sono rimaste immutate fino ai giorni nostri, esistevano, soprattutto nelle case più povere, delle culle ‘modello altalena’, attaccate al soffitto tramite un paio di corde e lasciate penzolare verso il basso. La pericolosità è evidente, però è innegabile anche la comodità: sdraiata a letto, la mamma non aveva che da sollevare un braccio nel dormiveglia per innescare un dondolio che avrebbe  cullato nel sonno il bimbetto.
Ottimo, no?

Sennonché, aehm, ogni tanto ‘ste corde si rompevano, facendo crollare in terra culla e bambino. A volte, bastava un movimento improvviso del neonato e/o una spinta maldestra, o troppo vigorosa, da parte di una mamma distratta (…o, peggio ancora, di un fratellino troppo volenteroso) per far sì che il neonatino si ritrovasse improvvisamente… sbalzato fuori. È quanto accadde, ad esempio, a quel povero bimbetto per salvare la cui vita dovette intervenire dal cielo il beato Agostino Novello, come si vede in questo affresco conservato a Siena. (immagine sopra)

Continua qui: unapennaspuntata.com

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