venerdì 1 febbraio 2019

“Effetto Google”: la dipendenza che riporta indietro di decenni


In un mondo in cui la tecnologia la fa da padrona, ogni giorno siamo sommersi da una mole di informazioni che ci consente di sopravvivere. Dalle rubriche sul telefono, alle chat, passando per le notifiche di Facebook, le nostre vite sono scandite da costante suono del “bip” di una qualche applicazione che ci ricorda qualcosa. 



L’assuefazione a questa forma di aiuto, però, ha effetti sulla neurologia degli individui e, più precisamente, sull’aspetto mnemonico. 

Molti studiosi hanno notato che la facilità con cui gli internauti giungono alle informazioni con un semplice “clic” ha portato molti di loro ad una perdita progressiva della memoria, a causa della “pigrizia” nel memorizzare informazioni. 

Tale sindrome è stata ribattezzata “effetto Google”. 


Una ricerca condotta dal Kaspersky Lab ha evidenziato dati preoccupanti su questo fenomeno. Il 90% degli utenti di dispositivi tecnologici soffre, infatti, di una qualche forma di amnesia digitale.
Oltre il 70% non conosce a memoria il numero di telefono dei figli e il 49% quello del partner. 
Diversamente, chi ha vissuto l’era del telefono con cornetta ha una facilità maggiore nel ricordare i suddetti numeri.


Lo studio ha, inoltre, evidenziato che gli internauti non ricordano molte delle informazioni basilari, ma sanno esattamente “dove queste vanno cercate”. 

L’effetto google è rapportabile anche alla memoria visiva. 

Uno studio condotto anni fa dalla della Fairfield University ha dimostrato che fare fotografie riduce i nostri ricordi delle immagini

In pratica, a causa della mania di fare foto, la gente passa sempre meno tempo ad “osservare” e sempre di più a “guardare”. 

In un certo senso, dunque, l’individuo fa sempre meno affidamento sulle proprie capacità memo-cognitive e sempre più sulle conoscenze che risiedono sul web. 
E’ come se si affermasse:

  “è inutile che mi sforzi di sapere le cose, tanto so che su internet troverò le risposte alle mie domande!” 

Uomo sempre più schiavo della macchina? In effetti, questa sembra la direzione che si sta prendendo. Quanto immaginato da Pirandello esattamente cento anni fa, con i “Quaderni di Serafino Gubbio operatore” non sembra, oggi, tanto fantascientifico. 
L’autore e commediografo siciliano, immaginava un mondo dove, la meccanizzazione avrebbe portato sempre più alla scomparsa dei valori: si può affermare, senza aver paura di essere smentiti, che aveva ragione.


L’affidarsi sempre più a internet per reperire informazioni se, da un lato, aumenta la velocità con cui vengono acquisite le nozioni, dall’altra crea sempre più individui con un bagaglio culturale medio-basso e sempre più alieni dagli aspetti più comuni del vivere sociale. 

Si passa sempre più tempo a leggere su Wikipedia le informazioni su un personaggio o un evento, ma non ci si sforza di memorizzare quanto letto, perché tanto, si è consapevoli che, quando servirà, si potrà nuovamente tornare a leggere ciò che interessa. 



L’internet-dipendenza è la piaga del ventunesimo secolo. Il web non ci rende più stupidi, ma meno vogliosi di apprendere, ma bisogna ricordarsi una cosa: è proprio la curiosità di cercare delle risposte e provare nuove strade che hanno portato l’umanità agli attuali livelli di sviluppo.
 
Senza la voglia di conoscere e apprendere, si rischia di tornare indietro di millenni.

3 commenti:

  1. Google è ormai risaputo è un vero e proprio Archivio Multimediale Virtuale in grado di dare una risposta a un*infinita*di domande e di soddisfare le nostre più disparate curiosità e questo alla fine,volendo o non volendo,ci arricchisce sia dal punto di vista della Conoscenza che da quello prettamente culturale.Pero*non è tutto oro quello che luce e in effetti anche questo Sistema ha le sue evidenti negatività,come per esempio quella di inibire la nostra capacità Mnemonica e cioè di impedirci di sfruttare a pieno regime i neuroni del nostro cervello delegati ai ricordi e alla memoria e di limitare purtroppo ed è questa per me la nota dolente anche la nostra innata capacità creativa,poiché ormai sulla Rete tutto è già realizzato e pronto all*uso.Quindi come ogni cosa che fa parte della nostra vita quotidiana anche Google ha le sue luci e le sue ombre.Emilio

    RispondiElimina
  2. Da bambino ero in grado di riconoscere da un semplice dettaglio facciale di una figurina di calcio (le dita dovevano coprire quasi tutto il volto e lasciare soltanto il dettaglio facciale da riconoscere e associarlo al calciatore in questione), poteva essere il naso, gli occhi, le sopracciglia, la fronte, ecc..., oggi riesco tranquillamente a ricordarmi quasi tutti i numeri di telefono che ho nella sim del cellulare, il codice fiscale, i miei link sui preferiti, e altri innumerevoli dettagli. Rudolf Steiner nelle Cronache dell'Akasha sosteneva che in un certo periodo dell'epoca atlantidea, l'uomo faceva abbondante uso della propria memoria, i vecchi e le persone di una certa età erano considerati dei saggi su cui fare affidamento, poiché erano grazie alle loro esponenziali capacità mnemoniche considerati dei pozzi di conoscenza e di notevoli esperienze di vita accumulate sotto forma di bagaglio coscienziale. Tutt'ora continuo ad affidarmi alla mia memoria ma non disdegno l'utilizzo di internet quando cerco qualche informazione, o conferme che siano conformi alle mie aspettative e alla mia curiosità. Credo comunque che la capacità memorizzare dati, nozioni, informazioni, e percezioni visive, tattili, olfattive e uditive sia soprattutto correlata e direttamente proporzionale al quantitativo di energia sessuale (l'energia sessuale è un condensato di energia eterica). Non attribuisco la colpa o la responsabilità ai social network, agli smartphone e quant'altro, ma credo che sia dovuto ad un fattore di intensità, se la persona vive con intensità, è concentrata, è assorbita verso l'esterno, osserva senza giudizi superflui e inutili, se riesce a sforzarsi di separare il chiacchiericcio mentale dall'ambiente esterno, vivrà con intensità e potrà memorizzare notevoli quantitativi di impressioni e percezioni sensoriali, le quali non sono recuperabili con la mente lineare ma solo con un certo accumulo energetico. L'ego, la percezione che si introverte e rimane distaccata, non sintonizzata con il mondo circostante assorbe quasi tutta l'energia vitale, è ovvio che diventa cosi, quasi impossibile riesumare i ricordo archiviati nel proprio corpo. (i ricordi non stanno solo nel cervello, ma come insegna la dermoriflessologia l'intero organismo nel suo insieme è un conduttore che assorbe tutta una serie memorie spesso apparentemente separate fra di loro). Qual è il senso della vita? accumulare esperienze, l'universo stesso è una super memoria olografica che contiene tutto ciò che è stato, è, e sarà. Alla morte qual'è l'ostacolo maggiore o quando si rinasce? l'offuscamento della memoria, senza memoria di sé stessi non c'è continuità esistenziale, giacchè la memoria è un'iniezione di vita.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Confermo Leitmotif sulla memoria incredibile.

      Quando lavoravo nel settore dei computer avevo a che fare con una infinità quantita di numeri di parte dei componenti inseriti in una ventina di grossi manuali.
      I clienti mi telefonavano varie volte al giorno e gli dicevo il numero di parte giusto, il manuale dove si trova e dove all'interno del manuale.
      Si tratta di molte decine di numeri e ovviamente anche tutti i numeri telefonici che erano decine.

      Senza nessuno sforzo mnemonico semplicemete l'uso continuo fissava di per se le informazioni.
      Gianni

      Elimina

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.