di Antonello Caporale
L’Unione europea ha appena deciso di triplicare i fondi per la gestione dei migranti: la somma messa a bilancio passerà dagli attuali 13 miliardi di euro (anni 2014-2021) ai futuri 35 miliardi di euro (anni 2021-2027).
Prima di compiere l’analisi dei costi preventivati, dove i soldi vanno, per fare cosa, dobbiamo sapere cosa noi prendiamo dall’Africa, e cosa restituiamo all’Africa. Se noi aiutiamo loro oppure se loro, magari, danno una mano a noi.
Conviene ripetere e magari ripubblicare. Quindi partire dalle basi, dai luoghi in cui i migranti partono.
Roberto Rosso, l’uomo che dai jeans ha ricavato un mondo che ora vale milioni di euro, ha domandato: “Come mai spendiamo 34 euro al giorno per ospitare un migrante se con sei dollari al dì potremmo renderlo felice e sazio a casa sua?”.
Già, come mai? E perché non li aiutiamo a casa loro? ...
Già, come mai? E perché non li aiutiamo a casa loro? ...
Perché la loro casa è in vendita e sta divenendo la nostra ..
Per dire: il Madagascar ha ceduto alla Corea del Sud la metà dei suoi terreni coltivabili, circa un milione e trecentomila ettari. La Cina ha preso in leasing tre milioni di ettari dall’Ucraina: gli serve il suo grano. In Tanzania acquistati da un emiro 400mila ettari per diritti esclusivi di caccia. L’emiro li ha fatti recintare e poi ha spedito i militari per impedire che le tribù Masai sconfinassero in cerca di pascoli per i loro animali. La loro vita.
E gli etiopi che arrivano a Lampedusa, quelli che Salvini considera disgraziati di serie B, non accreditabili come rifugiati, giungono dalla bassa valle dell’Omo, l’area oggetto di un piano di sfruttamento intensivo da parte di capitali stranieri che ha determinato l’evacuazione di circa duecentomila indigeni. E tra i capitali stranieri molta moneta, circa duecento milioni di euro, è di Roma. Il governo autoritario etiope, che rastrella e deporta, è l’interlocutore privilegiato della nostra diplomazia che sostiene e finanzia piani pluriennali di sviluppo.
Anche qui la domanda: sviluppo per chi?
In Africa i titoli di proprietà non esistono (la percentuale degli atti certi rogitati varia dal 2 al 10 per cento). Si vende a corpo e si vende con tutto dentro. Vende anche chi non è proprietario. Meglio: vende il governo a nome di tutti. Case, villaggi, pascoli, acqua se c’è. Il costo? Dai due ai dieci dollari ad ettaro, quanto due chili d’uva e uno di melanzane al mercato del Trionfale a Roma.
Sono state esaminate 464 acquisizioni, ma sono state ritenute certe le estensioni dei terreni solo in 203 casi. Chi acquista è il “grabbatore”, chi vende è il “grabbato”. La definizione deriva dal fenomeno, che negli ultimi vent’anni ha assunto proporzioni note e purtroppo gigantesche e negli ultimi cinque una progressione pari al mille per cento secondo Oxfam, il network internazionale indipendente che combatte la povertà e l’ingiustizia. Il fenomeno si chiama land grabbing e significa appunto accaparramento della terra.
Sono circa cinquanta i Paesi venditori, una dozzina i Paesi compratori, un migliaio i capitali privati (fondi di investimento, di pensione, di rischio) che fanno affari. E’ più facile trasportare una tonnellata di cereali dal Sudan che le mille tonnellate d’acqua necessarie per coltivarle.
- Il business dell'emigrazione clandestina
E allora la domanda: aiutiamoli a casa loro? Siamo proprio sicuri che abbiano ancora una casa?
Le cronache sono zeppe di indicazioni su cosa stia divenendo questo neocolonialismo che foraggia guerre e governi dittatoriali pur di sviluppare il suo business. In Uganda 22mila persone hanno dovuto lasciare le loro abitazioni per far posto alle attività di una società che commercia legname, l’inglese New Forest Company. Aveva comprato tutto: terreni e villaggi. I residenti sono divenuti ospiti ed è giunto l’avviso di sfratto… Dove non arriva il capitale pulito si presenta quello sporco. La cosiddetta agromafia. Sempre laggiù, nascosti dai nostri occhi e dai nostri cuori, si sversano i rifiuti tossici che l’Occidente non può smaltire. La puzza a chi puzza…
Chi ha fame vende. Anzi regala. L’Etiopia ha il 46 per cento della popolazione a rischio fame. E’ la prima a negoziare cessioni ai prezzi ridicoli che conosciamo. Seguono la Tanzania (il 44 per cento degli abitanti sono a rischio) e il Mali (il 30 per cento è in condizioni di “insicurezza alimentare”).
Comprano i ricchi. Il Qatar, l’Arabia Saudita, la Cina, il Giappone, la Corea del Sud, anche l’India. E nelle transazioni, la piccola parte visibile e registrata della opaca frontiera coloniale, sono considerate terre inutilizzate quelle coltivate a pascolo.
Il presidente del Kenya, volendo un porto sul suo mare, ha ceduto al Qatar, che si è offerto di costruirglielo, 40mila ettari di terreno con tutto dentro. Nel pacco confezionato c’erano circa 150 pastori e pescatori. Che si arrangiassero pure!
L’Africa ha bisogno di acqua, di grano, di pascoli anzitutto. Noi paesi ricchi invece abbiamo bisogno di biocombustibile. Olio di palma, oppure jatropha, la pianta che – lavorata – permette di sfamare la sete dei grandi mezzi meccanici. E l’Africa è una riserva meravigliosa.
In Africa parecchie società italiane si sono date da fare: il gruppo Tozzi possiede 50mila ettari, altrettanti la Nuova Iniziativa Industriale. 26mila ettari sono della Senathonol, una joint-venture italosenegalese controllata al 51 per cento da un gruppo italiano. Le rose sulle nostre tavole, e quelle che distribuiscono i migranti a mazzetti, vengono dall’Etiopia e si riversano nel mondo intero. Belle e profumate, rosse o bianche. Recise a braccia. Lavoratori diligenti, disponibili a infilarsi nelle serre anche con quaranta gradi. E pure fortunati perché hanno un lavoro.
Il loro salario? Sessanta centesimi al giorno.
Fonte: raiawadunia.com
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Fonte: raiawadunia.com
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Per poter comprendere la vera causa Originaria del problema è assolutamente necessario,in primis,condannare senza appello la condotta egoistica e narcisistica di tutti coloro che nel corso del tempo hanno governato i paesi in questione,i quali non hanno provveduto mai a cercare di creare le basi per dare una vita dignitosa alle loro popolazioni,ma anzi hanno pensato e questo credo sia risaputo,solo ed esclusivamente ai propri interessi personali.Detto questo,anche i cosiddetti paesi ricchi,approfittando dello stato di grande indigenza di queste persone,con la giustificazione dell*aiuto umanitario,si sono appropriati indebitamente di una buona parte delle ricchezze di questi territori.Tutto questo divario enorme tra stati opulenti e stati poveri,ha però anche un altra origine comune che nasce dal fattore della ricchezza globale del Pianeta,la quale,per favorire le Nazioni più potenti militarmente e economicamente,è stata distribuita in maniera totalmente egoistica e sbagliata,creando così arricchimento e benessere solo ed esclusivamente ad alcune Nazioni ed abbandonando al proprio destino di povertà le altre.E quindi per concludere,l*unica soluzione,a mio parere,per ripristinare un po’ di giustizia sarebbe quella di avviare un vero e proprio processo di ridistribuzione della ricchezza del Pianeta,ma questa volta effettuato in maniera più equa e solidale.Emilio
RispondiEliminaLa Cina ha preso in leasing tre milioni di ettari dall’Ucraina: gli serve il suo grano.Da quando l'Ucraina è in Africa?Va bene che i confini cambiano,ma così è troppo.
RispondiEliminaVeramente l'ho presa come un esempio, non proprio "azzeccato", ma rende l'idea di come vanno le cose :)
EliminaLa vera causa di tutto non è la pecunia e nemmeno il potere, ma l'assoluta indifferenza delle persone di fronte alla sofferenza altrui, è ben nota la schiavitù nelle fabbriche estere eppure nessuno pare se lo chiede prima di comperare qualcosa.
RispondiEliminaChi si gira dall'altra parte di fronte ad un crimine non è meno responsabile di chi lo commette.
Gianni
Certo, anche quello. L'umanità perirà probabilmente d'indifferenza prima ancora che di stenti
Elimina.. ;)