lunedì 11 giugno 2018

Le città aperte

Silvano Agosti

Costruiamo alcune città in qualche angolo pacifico dell’Africa in modo che chi fugge dalla fame e dalla guerra sia ospite di se stesso e non di astuti speculatori o di infami retori della politica.

Ho il preciso sospetto che la dilagante fragilità dei sentimenti comuni, sia dovuta a una certa inconscia fedeltà allo slogan mistico-amoroso “ama il prossimo tuo come te stesso.” E poiché nessuno si ama ne deriva l’evidenza che nessuno ama nessuno.

Una caratteristica importante del sentimento d’amore rimane comunque la solidarietà. La capacità cioè di provare una sorta di beatitudine nel divenire l’altro, rimanendo tuttavia e pienamente se stessi. Divenire l’altro significa poter dare alla propria solidarietà verso un essere umano la sua massima espansione.

La faccenda che finalmente ha consentito ai media, ormai a corto di qualsiasi decente argomento, quella che riguarda le migliaia di profughi che vengono ospitati negli abissi del mar mediterraneo, trovando conforto solo nella morte, ormai riempie a pieno ritmo qualsiasi trasmissione televisiva.

Così tra una lista di cadaveri e un’altra di dispersi, appare nitida e brillante, formalmente curatissima, la pubblicità.
Magari una entusiastica descrizione di bocconcini di carne scelta da destinare al vostro cane.

Tuttavia nessuno dice mai che coloro che cercano di sbarcare in Europa, istintivamente vengono a prendere le briciole di tutto ciò che per alcuni secoli l’Europa ha rubato nelle loro terre ...


Che ne abbiano pieno diritto, a parte le costituzioni che questo diritto lo prevedono ma non lo rispettano, è naturale, dato che lo sfacelo che perdura nei loro Paesi è dovuto nella maggioranza dei casi, ai furti di materie prime pregiate e pregiatissime di cui l’Africa è da sempre una fonte inesauribile.

Il trucco è sempre stato lo stesso. La, o le, multinazionali di turno che trafficano in diamanti, metalli pregiati, petrolio, cobalto etc etc identificano una famiglia garantitamente corrotta o un individuo ritenuto adatto a gestire una dittatura. Li porta al potere e in seguito si fa firmare qualsiasi concessione di sfruttamento del territorio, generalmente per un minimo di venti anni. Arricchito dal denaro delle multinazionali il sistema di potere locale investe in armi per difendersi da qualsiasi sollevamento popolare, dato che gli immensi guadagni dei colonialisti non vengono certo estesi ai milioni di esseri oppressi dalla fame.


Ecco che così, coloro che rischiano la vita per raggiungere l’Europa coi barconi o coi gommoni, provengono da due situazioni principali: o sono in fuga dalla fame o sono in fuga dal terrore della guerra.

In ambedue i casi, qualsiasi sia il costo della loro ospitalità ne hanno il pieno diritto.

Le idee sortite dai quadri dirigenziali di questo Paese, nascono da menti invecchiate nei privilegi e dedite da sempre a nascondere la propria insipienza.

Le loro idee, concepite per risolvere il problema delle migrazioni, sarebbe cortese definirle idee da mentecatti, da strutture mentali impotenti e infiacchite dall’uso quotidiano dell’egoismo e da una sorta di avarizia di umanità nel disprezzo di qualsiasi reale solidarietà.

L’idea ad esempio di distruggere con la dinamite le imbarcazioni che li trasportano. Il che punirebbe una manciata di mascalzoni e metterebbe nei guai e nella disperazione centinaia di migliaia di coloro che erano in fuga per chiedere e trovare asilo.

Forse sarebbe più semplice convogliare tutti i fuggiaschi in un paese non lontano e sempre in Africa, dove i quaranta euro al giorno che vengono distribuiti qui a ogni rifugiato procurerebbero, col tenore di vita locale, buon cibo abbondante e un’abitazione.

Ci sarebbe così la necessità di trovare due luoghi dove costruire intere città abitate da chi finalmente avrebbe sconfitto la fame e da coloro che, avendo conosciuto il terrore, certamente, non penserebbero mai più che la guerra sia un male necessario.

Abitando queste città rifugio magari solo in attesa che nel loro paese di origine al potere non ci sia più una politica criminale di fame o di guerra.

Conosco un uomo, in Sicilia, che sta costruendo da solo una città che verrà abitata da gente senza casa e senza lavoro e ogni famiglia ospiterà un bimbo disabile. Quest’uomo ha compiuto 93 anni ed è più giovane e più colmo di energie di qualsiasi esordiente in un partito o nella politica servile di questo Paese.

Questa città lui la chiama LA CITTÀ APERTA.

Bene, vediamo se alcune città aperte non sia il caso di fondarle in qualche paese rimasto pacifico dell’africa.

Si dia a tutti costoro invece che solo una pur umiliante forma di carità, la piena dignità nell’autogestione del proprio destino.

I nostri celebrati architetti, Piano, Fuksas e altri concepiscano sistemi di rapida costruzione di queste città, dando finalmente un senso anche umano alla loro privilegiata carriera di star mondiali dell’architettura.

In questo modo l’Europa potrà gustare la fierezza di aver risarcito, sia pure in minima parte la ferocia del colonialismo che ha Avuto in Africa, come maggiori interpreti e protagonisti, Paesi come l’Inghilterra, la Francia, la Germania, il Belgio, la Spagna e l’Italia. Per non parlare dei due giganti silenziosi Cina e Stati Uniti.

Fonte: www.silvanoagosti.com


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