L’attualità scientifica è raramente prodiga di buone notizie per l’ambiente, la natura, la biodiversità e, in definitiva, l’umanità.
Conviene quindi rallegrarsi dell’annuncio fatto, giovedì 11 maggio, da un’équipe internazionale di ricercatori sulla rivista scientifica Science.
Viene evidenziato che la copertura boschiva del Pianeta sarebbe di circa il 10% più estesa di quanto annunciato dalle stime precedenti.
Questa revisione verso l’alto riguarda le foreste delle zone aride, fino a questo momento mal inventariate.
Le formazioni silvestri, che coprono circa 4 miliardi di ettari, si estendono su 30% della superficie delle terre emerse. Le immagini che vengono in mente per evocarle sono abitualmente quelle di lussureggianti foreste tropicali, rustiche foreste boreali o delle più tranquille foreste temperate.
Ma le zone aride - quelle dove l’evaporazione è superiore alle precipitazioni annuali - che rappresentano un po’ più del 40% della superficie continentale, non ne sono pertanto sprovviste ...
Questa osservazione riguarda un largo ventaglio di contesti climatici, dalle terre cosiddette “sub-umide secche” - principalmente costituite dalla savana sudanese, dalle foreste e dalle praterie dell’America del sud, dalle steppe dell'Europa dell’est e del sud della Siberia, nonché dalle praterie canadesi - fino alle regioni “iper-aride”, dove domina il deserto, essenzialmente quello del Sahara e dell’Arabia.
E’ sicuramente nella prima categoria, la meno arida, che si trova la maggior parte delle famiglie arboree.
Immagini a risoluzione molto alta
A destra: ripartizione delle foreste (in verde) nelle zone aride
Per valutare la loro estensione, una trentina di scienziati di tredici Paesi ha passato al setaccio delle immagini satellitari fornite da Google Earth, coprendo più di 210.000 appezzamenti di 0,5 ettari ripartiti sull’insieme del Globo.
“Le valutazioni precedenti si rifacevano a metodi classici di telemonitoraggio, con una risoluzione spaziale media da 30 a 250 metri che non permetteva di differenziare chiaramente la vegetazione dal suolo”, spiega il primo autore dello studio, Jean-Francois Bastin, ricercatore associato all’Università Libera di Bruxelles e consulente dell’Organizzazione Onu per agricoltura e alimentazione (FAO).
“Tanto più che", continua, "le zone aride hanno una vegetazione specifica, che si adatta spesso alla siccità perdendo le proprie foglie durante una gran parte dell’anno, così da ridurre l’evapo-traspirazione”.
La sua équipe ha utilizzato delle immagini a risoluzione molto alta, che permettono un grado di precisione inferiore ad un metro. E' apparso così che le regioni aride nascondono un totale di circa 1,1 miliardi di ettari di foresta, così come la definisce la FAO: una parte in cui almeno il 10% della superficie à coperta da un tetto, fatto di fogliame degli alberi, a condizione che questa parte non sia coltivata o soggetta ad altre attività umane.
Un lavoro molto innovativo
A destra: ripartizione delle foreste (in verde) nelle zone aride
Per valutare la loro estensione, una trentina di scienziati di tredici Paesi ha passato al setaccio delle immagini satellitari fornite da Google Earth, coprendo più di 210.000 appezzamenti di 0,5 ettari ripartiti sull’insieme del Globo.
“Le valutazioni precedenti si rifacevano a metodi classici di telemonitoraggio, con una risoluzione spaziale media da 30 a 250 metri che non permetteva di differenziare chiaramente la vegetazione dal suolo”, spiega il primo autore dello studio, Jean-Francois Bastin, ricercatore associato all’Università Libera di Bruxelles e consulente dell’Organizzazione Onu per agricoltura e alimentazione (FAO).
“Tanto più che", continua, "le zone aride hanno una vegetazione specifica, che si adatta spesso alla siccità perdendo le proprie foglie durante una gran parte dell’anno, così da ridurre l’evapo-traspirazione”.
La sua équipe ha utilizzato delle immagini a risoluzione molto alta, che permettono un grado di precisione inferiore ad un metro. E' apparso così che le regioni aride nascondono un totale di circa 1,1 miliardi di ettari di foresta, così come la definisce la FAO: una parte in cui almeno il 10% della superficie à coperta da un tetto, fatto di fogliame degli alberi, a condizione che questa parte non sia coltivata o soggetta ad altre attività umane.
Un lavoro molto innovativo
Nel dettaglio, i territori boschivi sono più sviluppati a sud del deserto del Sahara, nella parte sud dell’Africa, attorno al Mediterraneo, in Russia, nel centro dell’India, sulle coste australiane, nell’ovest dell’America latina, nell’est del Brasile, nel nord del Venezuela e della Colombia, nonché al centro del Canada.
Questo censimento alla lente d'ingrandimento aumenta di 467 milioni di ettari la superficie fino ad oggi attribuita alle foreste delle zone aride, il che rappresenta un’estensione di circa un decimo dell’insieme del patrimonio boschivo del Pianeta, portato in un solo colpo a 4,3 miliardi di ettari.
“Si tratta di un lavoro molto innovatore e molto interessante, commenta Jérome Chave, direttore delle ricerche al CNRS (laboratoire Evolution et diversité biologique di Toulouse), che non ha partecipato a questo studio. La combinazione dei dati ad alta risoluzione spaziale con i metodi di analisi rapida e massiccia, permette di ottenere una visione globale delle foreste delle zone secche”.
"Anche se", aggiunge, “si può discutere sulla definizione di foresta fatta dalla FAO, che copre delle realtà molto diverse senza distinguere la copertura forestale continua da quella frammentata”. Questa definizione è ai suoi occhi “più politica che ecologica”: essa tende a sottolineare le sfide del settore forestale per i Paesi in via di sviluppo.
Comprendere meglio il ciclo del carbone
Il fatto che il Pianeta ci appaia ormai più verdeggiante non deve però portarci a relativizzare le devastazioni della deforestazione. Né tantomeno a pensare che grazie a questo patrimonio silvestre sconosciuto, lo stesso potrebbe assorbire più CO2.
“I nostri risultati contribuiscono semplicemente a meglio comprendere il ciclo globale del carbone”, spiega Jean-Francois Bastin. In particolare a risolvere in parte il mistero dei “pozzi mancanti di carbonio”.
Gli scienziati stimano che in effetti più della metà del CO2 emesso dalle attività umana si accumula nell’atmosfera, il resto si ripartisce quasi in egual misura tra gli oceani e le zone continentali.
Ora, facendo il bilancio di questi scambi, gli esperti constatano che esistono dei depositi di carbone terrestre non identificati. Le foreste delle regioni aride ne sono senza dubbio un componente, senza essere necessariamente delle trappole supplementari per CO2.
“I nostri lavori devono soprattutto condurre alla attuazione di programmi di conservazione e di restaurazione della copertura boschiva delle regioni povere, che possono svolgere un ruolo importante nella lotta contro il cambiamento climatico, la desertificazione e la perdita di biodiversità’”, precisa il ricercatore.
Tanto più che, secondo la FAO, circa 2 miliardi di persone vivono in questi territori desertici, dove gli alberi forniscono frutti e foglie per il cibo e per il foraggio degli animali, come anche legname per cucinare e riscaldare. Le popolazioni di acacie, di eucalipti o di baobab scoperte sono un bene prezioso da preservare e non da dilapidare.
(Articolo di Pierre Le Hir, pubblicato sul quotidiano Le Monde del 12/05/2017)
Letto e tratto da: www.aduc.it
467 milioni di ettari di foreste scoperte
grazie ai satelliti.
Video qui: www.rtl.be
Foresta di baobab in Senegal
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