domenica 13 settembre 2015

Un modello agricolo che uccide l’India

( ... e non solo)

Vandana Shiva

Il sistema industriale agroalimentare porta i contadini in una trappola del debito che crea malnutrizione. La soluzione sta nel passare da un sistema tossico e costoso a un modello di produzione sostenibile ed accessibile alle fasce più deboli della popolazione.

Non c’è ragione per cui l’India dovrebbe essere afflitta da fame e malnutrizione, o per cui i nostri contadini dovrebbero essere spinti al suicidio. L’India può vantare il suolo più fertile del mondo. Il nostro clima è così generoso che in certi luoghi otteniamo addirittura quattro raccolti all’anno – in confronto all’occidente industrializzato dove a volte non si ottiene più di un raccolto all’anno.

Abbiamo la più grande biodiversità al mondo, grazie sia alla varietà dei nostri climi che alla bravura dei nostri contadini e allevatori. I nostri contadini sono tra i più laboriosi e produttivi al mondo. E nonostante tutto questo, il sistema agricolo e alimentare dell’India si trova in stato di emergenza. Questa emergenza è provocata dall’uomo...


Il primo dramma è che i più poveri e miserabili muoiono di fame. Secondo il Deccan Herald, Lalita S. Rangari, vedova dalit di 36 anni e madre di due bambini nella zona tribale di Gondiya, è morta per le conseguenze della mancanza di cibo. I magistrati Bhushan Gavai e Indu Jain del Dipartimento di Nagpur della Corte d’Appello di Bombay hanno inviato un’interrogazione al governo del Maharashtra sollecitando una presa di responsabilità per la morte per fame di una vedova dalit.

Per quanto stia diventando sempre più ricca, l’India spicca per essere la nazione della fame e della malnutrizione. Secondo il National Family Health Survey (NFHS), il 42,5% dei bambini sotto i cinque anni sono sottopeso. Più del doppio della media dell’Africa (21%), che fino a poco tempo fa era il simbolo della fame.

Il secondo dramma è rappresentato dal fatto che i nostri produttori di cibo, i piccoli agricoltori che hanno fornito cibo a più di un miliardo di indiani e che hanno il potenziale di produrre cibo sano per tutti, stanno essi stessi morendo a causa delle politiche agricole e commerciali che privilegiano gli interessi e i profitti delle grandi aziende a scapito dei diritti e del benessere dei piccoli agricoltori. Più di 300.000 agricoltori si sono tolti la vita dal 1995, quando sono state rese effettive le norme della WTO per la globalizzazione dell’agricoltura, che hanno trasformato il cibo in un bene accessorio e l’agricoltura in un business e hanno trasferito il controllo delle sementi e del cibo dalle mani dei contadini a un ristretto gruppo di aziende multinazionali.

Il terzo dramma è che persino coloro che hanno accesso al cibo non possono esercitare il loro diritto a un cibo sano e nutriente. La diffusione di cibo spazzatura, di pesticidi e di sostanze tossiche ha provocato un’epidemia di malattie che è una vera tragedia per l’umanità, nonché un grave fardello economico. C’è una grande diffusione di malattie collegate al nostro stile di vita e alla nostra alimentazione, tra cui diabete, cancro, ipertensione, sterilità e malattie cardiovascolari.


Il recente scandalo dei noodles Maggi esemplifica la rapida invasione dei cibi spazzatura nella dieta indiana. Siamo quello che mangiamo. Se mangiamo cibo zeppo di sostanze chimiche nocive, il prezzo che paghiamo è la nostra salute. L’India risulta essere l’epicentro del diabete.

Nel 2004, 820.000 indiani sono stati dichiarati affetti da diabete e 260.000 ne sono morti. Nel 2012 le diagnosi di diabete sono schizzate a 18 milioni, i decessi a 7 milioni. Solo nel 2010 l’India ha speso 32 miliardi di dollari in cure per il diabete. Anche i tumori hanno avuto un’impennata del 30% negli ultimi 5 anni, con 180 milioni di casi. Con un milione di rupie necessarie per ogni trattamento, si arriva a 1,8 milioni di miliardi di rupie, ovvero 300 miliardi di dollari.

Studi approfonditi riportati in Poisons In Our Food di Navdanya mostrano livelli elevati di tossine chimiche come i PCB, il DDE e il DDT nel sangue delle donne affette da cancro al seno. Degli studi dimostrano che il 51% di tutto il cibo che consumiamo è contaminato da pesticidi.

Le ricerche che ho effettuato negli ultimi tre decenni sul cibo e sull’agricoltura, in India e nel resto del mondo, testimoniano che le tre tragedie non sono separate; sono, al contrario, tre diverse dimensioni della crisi alimentare e agricola collegata alla diffusione di un modello di produzione e distribuzione del cibo non sostenibile ecologicamente, economicamente e socialmente, a cui si sono dati i nomi di Rivoluzione Verde, Rivoluzione Industriale, Agricoltura Chimica. Le soluzioni a tutti e tre gli aspetti della crisi si possono trovare abbandonando il sistema alimentare insalubre, nutrizionalmente squilibrato, tossico e costoso e adottando un sistema salutare, nutriente, economico e sostenibile che possa incrementare la salute e il benessere della terra, dei contadini e di tutti i cittadini.

Il modello industriale si basa su un consumo intensivo di energia, acqua, prodotti chimici, capitali e combustibile fossile, aumentando i costi di produzione in maniera esponenziale rispetto a quando guadagnano i contadini per i loro raccolti. Un sistema con costi così elevati, che né i contadini né lo stato possono permettersi di sostenere, è tenuto a galla artificialmente grazie a un imponente quantità di sovvenzioni da cui traggono beneficio solo le grandi compagnie che producono agenti chimici nocivi per l’agricoltura. Finanziariamente è un’economia negativa, soggetta com’è a un clima in continuo cambiamento e alle manipolazioni del mercato delle materie prime. I debiti e i suicidi dei contadini sono collegati a questa economia insostenibile.


Tra il 2014 e il 2015, il governo ha ottenuto 51 milioni di tonnellate di grano e riso, il 30% in meno rispetto all’anno prima. Ora che i contadini vendono i cereali direttamente nel mercato libero, il prezzo all’ingrosso di cereali e riso è calato rispettivamente del 6% e del 16%. In diverse parti del Bundelkhand e dell’Uttar Pradesh occidentale gli agricoltori vendono il grano a un prezzo di molto inferiore al Minimum Support Price1. Nel Punjab e in Haryana, gli agricoltori gettavano le scorte di fronte ai centri di appalto governativi. La crisi degli agricoltori è causata dallo sfruttamento e dalle ingiustizie. Troppo innestata sull’industria, l’agricoltura chimica è un’economia negativa, che usa dieci unità di energia per produrre una sola unità di cibo.

La malnutrizione poi è causata da quello stesso sistema che porta molti contadini a restare vittime dei debiti. Le monocolture chimiche e la produzione di materie prime prendono il posto della biodiversità, che è una fonte di nutrimento. La Rivoluzione Verde, che utilizza solo monocolture, ha distrutto i nostri legumi e i nostri semi oleosi – che da sempre sono coltivati insieme ai cereali. Oggi, nella terra del urad e del mong, del tuar e del chana, del gahat e della naurangi, noi importiamo la lenticchia gialla, perché nei nostri campi l’abbiamo rimpiazzata con le monocolture della Rivoluzione Verde. Nella terra del til e del sarson, dell’alsi 2 e della noce di cocco, noi importiamo olio di soia e olio di palma OGM. Se non ci impegniamo a coltivare raccolti biodiversificati e nutrienti, la malnutrizione è un esito prevedibile. Se nutriamo i nostri campi o noi stessi con prodotti chimici nocivi, le malattie dovute a quei fattori sono destinate ad aumentare. Una recente ricerca sul campo condotta da Navdanya ha rivelato che in un singolo villaggio, Gangnauli (Baghpat), ci sono circa cento pazienti affetti da diversi tipi di cancro.

Le monocolture chimiche stanno spingendo i nostri agricoltori a indebitarsi fino al suicidio, stanno privando i nostri bambini del nutrimento che il nostro suolo fertile e i nostri contadini laboriosi potrebbero fornire, e stanno diffondendo un’epidemia di cancro. Per affrontare la triplice crisi dei suicidi, della fame e malnutrizione, e delle malattie, Navdanya sta avviando una campagna quinquennale – Anna Swaraj (Sovranità Alimentare) 2020 – con l’obiettivo di fare della produzione e disponibilità di cibo sano e nutriente la fondazione di una nuova India dove nessun bambino debba soffrire la fame e nessun agricoltore debba ammazzarsi.

Il lavoro che abbiamo svolto negli ultimi trent’anni ha dimostrato che, se si misura il valore nutritivo per acro, l’agricoltura naturale, biologica e che valorizza la biodiversità produce più cibo (Salute per Acro). E fornire nutrimento è proprio quello che il cibo dovrebbe fare. Potremmo produrre nutrimento per due Indie, se avessimo solo coltivazioni biodiversificate senza prodotti chimici. I nostri sono piccoli agricoltori, e l’agricoltura ecologica è più adatta a loro. Essa elimina inoltre i prodotti nocivi dal nostro cibo, riducendo di conseguenza il rischio di malattie connesse a quei veleni (Veleni nel Cibo). Poiché fame e povertà vanno a braccetto, dobbiamo promuovere un’agricoltura che non crea povertà disperdendo le già scarse risorse dell’economia agraria per acquistare, a vantaggio delle multinazionali, sementi costose e prodotti chimici tossici.


Le nostre ricerche in “Ricchezza per Acro” hanno calcolato che quegli agricoltori che posseggono sementi proprie, praticano un’agricoltura sostenibile e senza pesticidi e aderiscono a un mercato equo guadagnano fino a dieci volte di più rispetto alla loro controparte che dipende dalle multinazionali per rifornirsi di costose sementi e prodotti chimici, e che aderiscono a un mercato basato sullo sfruttamento delle materie prime. Se i coltivatori di grano passassero dalle monocolture a colture diversificate, i loro guadagni netti raddoppierebbero o triplicherebbero. La crisi dei legumi è un risultato delle monocolture di cereali della Rivoluzione Verde, e può essere superata con la diffusione di colture diversificate. Così non saremmo costretti a importare lenticchie di scarsa qualità. I legumi che crescono accanto ai cereali forniscono azoto al suolo e proteine a noi.

Riassumiamo di seguito il programma della campagna Anna Swaraj per una rivoluzione alimentare e agricola e per una democrazia del cibo con la partecipazione dei cittadini e delle istituzioni a tutti i livelli, locale, statale e nazionale:

Non possiamo più considerare il cibo come una merce che può essere sprecata, contaminata e usata a fini di lucro. L’Articolo 21 della Costituzione dell’India garantisce il diritto alla vita a tutti i cittadini. Il cibo è alla base della vita, dunque il diritto al cibo è un diritto umano fondamentale. Il National Food Security Act è un passo importante in questa direzione, ma è necessario un grande impegno per proseguire su questa strada. La nostra cultura ci insegna che “Annam Brahman”, il cibo è divino. Modificarlo geneticamente significa violarne l’essenza in quanto nutriente.

Dobbiamo promuovere un’agricoltura biologica senza pesticidi e prodotti chimici, non come un lusso ma come un imperativo per la salute nostra, della nostra terra e dei nostri agricoltori. L’agricoltura ecologica senza agenti chimici ha costi di produzioni ridotti, limitando così l’indebitamento dei coltivatori e la malnutrizione e le malattie per l’intera popolazione.


Dobbiamo sbarazzarci delle monocolture intensive centralizzate, basate sull’uso di prodotti chimici e combustibili fossili e dipendenti dal trasporto a lunga distanza (inclusa la dipendenza dalle importazioni), e muoverci verso la promozione della filiera corta dell’Anna Swaraj, fondata sul rapporto diretto produttore-consumatore, senza quegli intermediari, come le multinazionali, che sfruttano sia gli agricoltori che i consumatori. Questa filiera favorirà la biodiversità nei nostri campi e nei nostri piatti, migliorando il nostro apporto nutritivo. Questo favorirà anche la diversità economica, aumenterà i posti di lavoro e concimerà la democrazia alimentare.

Dobbiamo impedire l’uso di soldi pubblici provenienti dalle imposte per finanziare la produzione di cibo contaminato e povero di nutrienti da somministrare ai più deboli – che non hanno sufficiente potere d’acquisto per avere accesso a cibo sano, nutriente, sicuro e diversificato – eliminando i sussidi destinati alle multinazionali che non fanno altro che immettere veleni nella nostra catena alimentare. Non c’è alcuna ragione per destinare così tanto denaro al finanziamento di cibo cattivo, quando gli stessi soldi potrebbero essere usati per implementare un sistema alimentare sano e sostenibile per i Midday Meal Schemes, il Public Distribution System e l’Integrated Child Development System3 attraverso la partecipazione attiva dei cittadini, specialmente delle donne che vorrebbero garantire cibo sano e nutriente ai propri figli.

Dobbiamo coltivare più cibo, più nutrimento, ovunque, nei villaggi e nelle città – nelle comunità, nelle scuole, nei giardini, sui tetti e sui terrazzi. Questi Orti del Nutrimento e della Speranza possono contribuire alla creazione di un’India libera dalla fame e dalla malnutrizione. Il grande Gandhi aveva avviato la campagna “Grow More Food”, e Lal Bahadur Shastri aveva proposto di trasformare i prati in orti. Bisogna riprendere e dare nuova vita a questo approccio per liberare l’India dalla morsa delle multinazionali dell’agricoltura chimica.

Da Meerut, la terra sacra dove nacque il nostro primo movimento di liberazione nel 1857, è stato lanciato il 2 agosto 2015 da Navdanya un nuovo movimento per la Libertà Alimentare: Anna Swaraj.

La libertà alimentare si fonda sulla liberazione della terra dalla distruzione del sistema ecologico e dall’inquinamento, sulla liberazione degli agricoltori dai debiti – che spesso portano al suicidio – creati dalla necessità di acquistare sementi e prodotti chimici costosi, e sulla liberazione dei cittadini dalla malnutrizione e dalle malattie causate da quei pesticidi, insetticidi ed erbicidi tossici.

Il Progetto Anna Swaraj è stato lanciato con la campagna “Food Smart Citizens for Food Smart Cities”, che mirava a connettere direttamente produttori e consumatori, villaggi e città, tramite il cibo sano, fresco, locale e prodotto con metodi equi.


Navdanya ha cominciato a sviluppare Food Smart Cities per affrontare la crisi alimentare e nutritiva che ci affligge. Food Smart Cities connette i cittadini agli agricoltori direttamente nei loro capannoni, consentendo ai primi l’accesso a cibo sano, fresco e a km0, ai secondi l’accesso a un mercato equo. Se ci uniamo alla missione Anna Swaraj 2020, l’India può diventare una terra di buon cibo per tutti. La Taitreya Upanishad4 dice che coltivare e donare buon cibo è il più alto dei doveri dell’uomo – Anna Bahu Kurvitha. Ricordiamoci tutti di questo dovere, in questa nostra celebrazione dell’indipendenza.

Traduzione di Fabio Poletto per il Centro Studi Sereno Regis (fonte originale Trascend media service)
Titolo originale: An Agenda for Freedom from Hunger, Malnutrition, Disease and Farmers Suicides

1- Forma di garanzia statale introdotta dal governo indiano negli ani ’60 per tutelare gli agricoltori da eventuali cadute della quotazione dei cereali (NdT).

2 - I termini in corsivo sono nomi di cereali, legumi o altre piante tipiche della campagna indiana (NdT).

3 - Tre differenti programmi di sostegno governativo creati per fornire, a livello statale o nazionale, prodotti alimentari fondamentali e altri beni di prima necessità alle fasce più povere della popolazione o ai bambini nelle scuole dell’infanzia e primarie (NdT).

4 - Uno dei molti testi sacri della religione induista.


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