martedì 1 luglio 2014

Sul concetto di malattia di mente e di normalità.


Paolo Franceschetti

Ovvero: Lettera ad un malato di mente

Oggi un mio assistito, Andrea, considerato malato psichiatrico, mi ha domandato: “Paolo, ma secondo te io sono un malato psichiatrico, sono matto?”
E una lettrice, Luce, mi ha domandato: “Ma come fai a reggere all’orrore di cui ti occupi, delitti rituali, ecc.?”

Le due domande sono correlate, perché riguardano il concetto di malattia mentale e di normalità.

Iniziamo dalla seconda domanda. Come faccio a resistere?
All’inizio in effetti ero terrorizzato dal fenomeno degli omicidi rituali; Mostro di Firenze, Bestie di Satana… una scia di morti in cui i colpevoli, persone in colletti bianchi, attribuivano la colpa a persone normali, distruggendo intere famiglie, solo per ragioni politiche, esoteriche, e criminali.

Poi però, avendo a che fare con i cosiddetti sani, ho trovato persone che non vogliono capire, persone che ritengono assurdo che i ragazzi coinvolti nella vicenda delle Bestie di Satana siano innocenti perché “i giornali hanno detto che…”, che ritengono impossibile che gli assassini nei delitti del Mostro di Firenze siano un magistrato, un giornalista, un farmacista, un medico, un ambasciatore, un poliziotto, ecc. Perché lo ritengono impossibile? Perché “i giornali hanno detto che….”



Poi ho conosciuto i parenti delle vittime, senza alcuna intenzione di andare a fondo, tanto il figlio non glielo restituisce nessuno, ma almeno così vanno in televisione a piangere e li pagano pure per tutto questo.

Poi ho conosciuti i poliziotti collusi, i giornalisti collusi, i magistrati collusi, i poliziotti scemi, i giornalisti scemi, i magistrati scemi, e da anni, ormai, mi fa più paura la gente normale che gli assassini.

Chi ha ucciso le vittime del Mostro di Firenze, o le vittime delle Bestie di Satana, è un assassino, certo, ma ha una patologia conclamata che, se venisse scoperta, lo porterebbe quantomeno in galera e poi forse anche in manicomio criminale.

Ma i parenti delle vittime che colludono con gli assassini non hanno alcuna patologia conclamata.

Eppure mi fanno più paura loro.

Quando sono stato in ospedale e Mariapaola moriva, e i medici intorno continuavano a dire “va tutto bene, la radioterapia farà effetto fra qualche mese” (in realtà da lì ad un mese sarebbe morta) oppure “va tutto bene, ora facciamo un’altra bella chemio” e quando incontravo gli amici di Mariapaola, i parenti di Mariapaola, i medici di Mariapaola, che continuavano a dire “le terapie alternative? Naaa….. non crediamo alle terapie alternative” e la lasciavano morire senza prendersi la briga di ascoltare qualche minuto se c’era un’altra possibilità perché non ne avevano il tempo, ma senz’altro avevano il tempo la sera di guardarsi Striscia la notizia, poi il programma TV preferito, ecco io avevo paura di vivere in mezzo a gente come questa.

Quando Mariapola mi diceva “Paolo lasciami fare la chemioterapia in pace, così muoio, e la società condividerà questa mia scelta; voglio morire in modo condiviso dalla società e dai parenti”, la ammiravo per la sua chiarezza mentale, e la stimavo, riconfermando così quell’amore che per anni avevo nutrito per lei pur nel nostro incasinato rapporto, mentre avevo paura di quelli che mi dicevano “Mariapaola è matta, sta male, delira perché la malattia la destabilizza”. A me pareva che a delirare fossero gli altri.
Ricordo infatti un sms di un mio amico, Maurizio, che mi disse: “Mariapaola lì è l’unica persona cosciente. Gli altri sono inconsapevoli ma pensano di non esserlo, per questo non la capiscono”.

Gli assassini non mi fanno paura, ormai, perché quelli al massimo possono dare la morte, e la morte non mi ha mai fatto paura né la ritengo un male da evitare, ma la considero l’unica certezza della vita di chiunque.
Mi fanno paura invece le persone normali, quelli che ritengono normale andare in Iraq a fare milioni di morti perché “Saddam era un dittatore”, che ritengono normale votare persone che mettono le loro firme su dichiarazioni di guerra a stati esteri che decreteranno la morte di migliaia di civili e militari, stranieri e italiani, sol perché “lo impone la Nato”.


E mi fa paura che un capo di stato americano, dichiarando guerra a uno stato estero, non sia considerato malato di mente, mentre ad essere internato con un TSO sia Andrea sol perché “ha delle turbe di persecuzione”.
Il PM Vigna, dopo aver assassinato varie persone nei delitti del Mostro di Firenze, è stato promosso a capo della DIA.

Il generale che mi querelò per diffamazione ha ucciso la figlia di sette anni e un sottufficiale dell’esercito. Poi il magistrato ha archiviato l’omicidio dicendo che si trattava di un suicidio e che la sicura nell’arma si spiegava con un movimento involontario post mortem del suicida.
Ma a farsi il TSO è Andrea. Il generale ha invece tutti i parametri di normalità predefiniti dalle scienze psichiatriche per poter guidare addirittura un esercito.
Una psichiatra voleva fare un TSO anche a Mariapaola che, dopo l’operazione, disse: “Spero di morire al più presto per le metastasi, perché non ho la forza di suicidarmi, quindi per questo ho scelto di curarmi da voi”. Dopo due mesi sarebbe morta, come aveva predetto.
Nessun TSO invece, e quindi nessun disturbo nel pensiero, viene ravvisato in capo a quei medici che ritengono che l’alimentazione non abbia alcuna influenza sul tumore, e quindi a Mariapaola dicevano: “Ma certo, signorina, mangi pure quello che vuole. Non ci sono prove scientifiche della correlazione tra cibo e cancro”.
E’ considerato normale addestrare militari ad uccidere altre persone. E’ considerato normale invadere altri paesi. Le persone che hanno riempito l’Italia di discariche nucleari abusive sotto alla pavimentazione delle strade o sotto ai supermercati sono considerati normali. Avvelenare il cibo, le acque, le piante, è normale.

La domanda corretta, Luce, sarebbe: come fai a resistere all’orrore delle persone normali?
E la risposta corretta per Andrea è: sì, Andrea, per la società tu sei un malato di mente; ma provenendo la diagnosi da una società malata, non me ne preoccuperei troppo; anzi, forse, me ne farei pure un punto di vanto.
Sicuramente la puntura di quella sostanza di cui non ricordo ora il nome ti fa star meglio; sicuramente in futuro ci saranno spunti di miglioramento su sui si potrà lavorare ancora.

Ma mi preoccuperei il giorno in cui ti riterranno sano.
E mi preoccupa di più il fatto che per ancora molto tempo, punture per la gente che ho nominato sopra, e per i cosiddetti sani, non ce ne siano.

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