mercoledì 23 luglio 2014

I segreti della ghiandola pineale

Tratto da "LIFE i segreti della Ghiandola Pineale"
di A.M. King - Arcangelo Miranda

La Ghiandola Pineale è un corpuscolo grande come una lenticchia, a forma di cono (quindi potrebbe ricordare una minuscola coppa, il Graal), situata alla base del nostro cervello (quindi dentro di noi).

La Ghiandola Pineale, secondo le filosofie orientali, nella sua piena attività produce 972 sostanze ed ormoni; l’interezza di questa produzione corrisponde a quella del liquido dell’immortalità del Graal, ambrosia o amrita, il nettare degli dei, cioè quella sostanza capace di cambiare il codice genetico, provocando un’azione opposta a quella dei malefici peptidi ipotalamici (neuroumori) creati a seguito di stress emozionale.

È noto che chi beve dal Graal ottiene l'eterna giovinezza, la guarigione da tutte le malattie e l'illuminazione; la Ghiandola Pineale è il nostro Graal fisiologico e possiamo "bere" da essa un liquido di questa portata, se la programmiamo in merito ...


La sostanza più nota della ghiandola è l’ormone melatonina; questo ormone è un prodotto notturno della ghiandola e la notte, in assenza dello stress del quotidiano, abbiamo il momento massimo della sua attività in quanto cura e ripara i danni della fase di veglia dovuti alle influenze negative che la mente esercita sul nostro corpo.

Scrive Laurence Gardner in "Il Regno dei Signori degli Anelli" (Newton Compton Editore) "... la melatonina esalta e rafforza il complesso del sistema immunitario del corpo, accresce la produzione di energia fisica alzando il livello di sopportazione della fatica, regola la temperatura interna contribuendo a un'ottimale gestione del sistema cardiovascolare ed è per eccellenza la sostanza antiossidante del corpo, con effetti evidenti sui meccanismi antinvecchiamento e sulla mente, sviluppando facoltà paranormali".

Ecco che bere dal Graal significa attingere dalla natura più profonda del Sé e ciò si manifesta nel corpo come secrezioni contenenti melatonina e tante altre sostanze della Ghiandola Pineale; il risultato, a certi livelli, è l’immortalità" (effetto antinvecchiamento e rafforzamento del sistema immunitario) e "l'illuminazione" (aumento delle facoltà paranormali, dell'intuizione e altro). Il piccolo cono, dunque, come la coppa del Graal, elargisce questo succo miracoloso.

Bere dal Sacro Graal non è quindi un fatto fisico, cioè bere dalla più famosa e introvabile delle reliquie, ma rappresenta l'acquisizione di un elevato stato di coscienza che produce specifici effetti biologici nel corpo, al punto che il corpo beve dalla Ghiandola Pineale finalmente libera di essere.

Una caratteristica da tener presente deriva dall’attenta osservazione di una procedura delle Scuole Iniziatiche: costringere gli Studenti a soggiornare almeno tre giorni in una grotta al buio più assoluto in quanto la Pineale non si attiverebbe subito al massimo delle sue possibilità.

Un discorso speciale va fatto sulla melatonina: nelle prime ore di sonno i livelli di corticosteroidi raggiungono lo zero e la melatonina aumenta, ma quando il livello di stress è eccessivamente alto (dominanza para-simpatica o blocco del simpatico-parasimpatico), i livelli di corticosteroidi rimangono alti o, al meglio, c’è una grossa produzione di noradrenalina che blocca la trasformazione di serotonina in melatonina. In entrambi i casi, non vi è produzione di melatonina e poiché il corpo “guarisce” e riposa di notte, così si spiega la stanchezza del mattino e la mancata guarigione.


La Ghiandola Pineale fu scoperta più di 2300 anni fa dai medici greci Erofilo ed Erasistrato, fondatori della grande Scuola Medica di Alessandria d’Egitto. Dopo di loro, Galeno la considerò una struttura rientrante nelle ghiandole linfatiche e solo alla fine del 600 Cartesio (Descartes) le fornisce una corretta collocazione.

Nella sua opera “Discorso sul metodo”, divide la realtà in “res extensa“ e “res cogitans“. La prima rappresenta la realtà fisica che è estesa, limitata e inconsapevole, la seconda è la realtà psichica cui Cartesio attribuisce le qualità di inestensione, libertà e consapevolezza.

Queste due realtà sono molto eterogenee e fondamentalmente non possono interagire creando così un dualismo: come può cioè l’uomo agire fisicamente (res extensa) secondo libera volontà (res cogitans). Cartesio affronta la cosa in questi termini: qual’è il punto dove nell’uomo possono interagire i due aspetti res cogitans e res extensa?

Fu così che si spinse a considerare l'epifisi come l'organo dove l'anima immortale (res cogitans) si incontra con il corpo mortale (res extensa); si convinse di ciò a seguito della constatazione che dal momento che, dal momento che l’unica parte del cervello a essere singola e unitaria (non divisa e sdoppiata nei due emisferi) era la Ghiandola Pineale o conarium, non poteva essere che lei il punto di interazione. È importante sottolineare che Cartesio non sosteneva che l’anima fosse contenuta nel conarium, ma che questo non fosse altro che il semplice punto di interazione; da questo assunto i medici dell’epoca associarono le calcificazioni della Ghiandola Pineale a gravi turbe psichiatriche e alla follia pura, precedendo di 300 anni l’attuale Scienza.

La Ghiandola Pineale non ha mai ricevuto grande attenzione dalla medicina occidentale ufficiale che si è per lungo tempo limitata a relegarla nell’ambito di struttura che si atrofizza dopo la pubertà e comunque di incerta e non prevalente funzione, ma certamente endocrina. È stata considerata, fino qualche decennio fa, come un organo pressoché superfluo giunto all’uomo dai rettili in miliardi di anni di evoluzione.

Sappiamo che fin dall’inizio degli anni ‘50 del secolo scorso, alcune sostanze a funzione neuro-endocrina (neurotrasmettitori/ormoni) prodotti dal cervello furono scoperti da scienziati che lavoravano in ricerche segretissime finanziate dai poteri politici, economici e militari. I finanziamenti per la ricerca pubblica in campo Pineale sono sempre stati avversati in quanto si trattava di ”struttura minimale e priva di importanza“. Probabilmente i detrattori pubblici di queste ricerche finanziavano occultamente gli studi in alcune fondazioni e università.

In tali ricerche vennero tracciate le basi della anatomia e della fisiologia della visione a distanza, della telepatia, telecinesi e psicometria, ottime armi per agire a tutto campo senza disturbo e senza lasciar traccia.


Negli anni “60, grazie agli studi “coperti” sullo sciamanesimo, si intuì il funzionamento di alcuni poteri nascosti della mente. Fu scoperto che l’assunzione di alcune piante usate nei rituali degli sciamani, rendeva il cervello non solo in grado di “osservare“ un più ampio spettro della realtà (la grande visione degli sciamani), ma capace di modificare l’ambiente e il corpo fisico e tali effetti e fenomeni erano riproducibili in altri soggetti dopo l’assunzione delle medesime piante.

Questo poteva forse significare che l’allucinazione dello sciamano sotto gli effetti di queste piante fosse reale quanto la realtà dello stato di veglia? Dato che il sogno dello sciamano poteva predire, modificare o annullare effetti materiali, tale allucinazione-sogno poteva in un certo senso significare che:

Alcune sostanze chimiche, derivati indolici (allucinogeni) in particolare, inducono il Sistema Nervoso Centrale a incrementare la propria “coerenza quantistica“ con creazione di un’onda pilota che innesca “l’effetto osservatore“. In altre parole, l’atto di osservazione effettuato durante questo stato è tale che l’ambiente stesso perda le caratteristiche spazio-temporali osservate durante lo stato beta (stato di veglia comune) e possa stabilizzarsi in uno stato energetico consono all’onda pilota dell’osservatore. Tale riassetto energetico “osservatore indotto” detto in fisica quantistica “effetto osservatore” possibile in uno stato di coerenza cerebrale che avviene durante un modalità particolare di coscienza che è lo stato theta (così chiamato per la presenza di onde lente 4-15 cicli\secondo), chimicamente indotto, provoca un riassetto molecolare con cambiamenti ambientali percepibili nello stato di veglia comune (stato beta).
Le percezioni di soggetti distanti tra loro possono interagire, con crollo della definizione di realtà, arrivando a intendere per essa un’allucinazione di massa.
Il mistero della “grande visione” degli sciamani, della intercomunicazione e interazione tra le menti, dell’effetto osservatore è possibile che sia contenuto in alcune sostanze vegetali che vengono captate dai recettori presenti in talune cellule del SNC umano producendo gli effetti descritti. Ma per quale ragione “madre natura“ doveva fornire il SNC umano di recettori per sostanze che stanno in strutture vegetali? La risposta ovvia è che tali sostanze siano, per struttura molecolare, quasi identiche a sostanze immesse da ghiandole neuroendocrine umane, i neuroormoni e i neurotrasmettitori che siano riconosciuti dagli stessi recettori e da essi vengano captati e producano i loro effetti come se fossero sostanze engogene (disponibili a volontà). Si produce cioè per via esogena (mediante somministrazione di neurotrasmettitori) quello che avviene per via endogena e fisiologica durante il sonno profondo e negli stati definiti “mistici spontanei”.

Negli anni “80 alcune ricerche dimostrarono che il cervello dei “mistici” aveva la peculiarità di biosintetizzare tali neurotrasmettitori in modo praticamente continuo (con produzione di fenomeni extrasensoriali e di benessere psicofisico); viceversa nell’uomo comune tale produzione è limitata al periodo di sonno profondo (il sonno R.E.M in cui si registrano all’elettroencefalogramma le onde Theta).

Per gli studi finora condotti la Ghiandola Pineale si configura come una struttura ricetrasmittente tra l’energia del Punto Zero e il corpo che la contiene; sicuramente in futuro si scoprirà che le sostanze prodotte dalla Ghiandola Pineale sono quei farmaci che andranno a sostituire psicofarmaci, chemioterapici, fino ad acconsentire di rientrare in quegli stati di coscienza in cui i mistici incontrano Dio.

Mente e corpo, benché totalmente separati e distinti, interagiscono nell’uomo: la mente può influenzare il corpo e viceversa. Per esistere questa “comunicazione” doveva necessariamente esistere un punto di interazione, in cui mente e corpo potessero esercitare la loro reciproca influenza. Questo punto di interazione doveva trovarsi nel cervello, perché le ricerche fisiologiche del tempo stavano sempre più dimostrando che il cervello era il centro delle funzioni della mente.

... continua sul libro

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