di Giuseppe Gagliano
Nella competizione per l’egemonia globale, la sfida tra Stati Uniti e Cina sull’intelligenza artificiale non riguarda solo innovazione tecnologica e progresso economico, ma anche e soprattutto il controllo delle applicazioni militari di una tecnologia destinata a trasformare il modo in cui le nazioni combattono, si difendono e proiettano potere. Da tempo, entrambi i Paesi investono massicciamente nello sviluppo di sistemi di intelligenza artificiale, con la consapevolezza che le future guerre saranno vinte non solo sul terreno ma anche sui circuiti dei processori grafici e negli algoritmi di apprendimento automatico.
Negli Stati Uniti, l’AI è ormai integrata in quasi tutti i sistemi militari strategici, dall’intelligence al controllo operativo. Durante l’intervento in Siria, i droni americani hanno dimostrato la potenza di questa tecnologia: algoritmi di visione artificiale hanno permesso di identificare bersagli con una precisione mai vista prima, riducendo il rischio di errori umani. Questi stessi algoritmi hanno anche analizzato in tempo reale immagini satellitari per prevedere movimenti delle truppe nemiche, offrendo un vantaggio strategico cruciale ...La Cina, dal canto suo, ha usato i droni nel conflitto ai confini con l’India, dove ha schierato UAV (Unmanned Aerial Vehicles) capaci di sorvegliare aree montuose difficilmente accessibili. Questi dispositivi non si sono limitati alla ricognizione, ma hanno anche guidato attacchi di artiglieria contro le postazioni indiane. Un esempio particolarmente innovativo è l’uso di droni in sciame, una tecnologia su cui Pechino sta investendo enormemente: piccoli dispositivi in grado di comunicare tra loro e agire in modo coordinato, travolgendo le difese nemiche con numeri e velocità.
Ma il caso forse più inquietante è quello del drone suicida Kargu-2, utilizzato in Libia durante il conflitto tra il governo riconosciuto dall’ONU e le forze del generale Haftar. Questo drone, prodotto in Turchia ma dotato di algoritmi avanzati, è stato accusato di aver colpito autonomamente bersagli umani senza un intervento diretto da parte di un operatore. Se confermato, sarebbe il primo caso documentato di un’arma autonoma che prende decisioni di vita o di morte senza supervisione umana.
Negli Stati Uniti, il Pentagono ha implementato l’intelligenza artificiale nel sistema JADC2 (Joint All-Domain Command and Control), una rete che collega in tempo reale satelliti, droni, jet e truppe a terra, consentendo una visione globale delle operazioni e la possibilità di reagire con rapidità a qualsiasi minaccia.
Nel 2020, durante un’esercitazione simulata, un drone armato di AI è riuscito a intercettare e neutralizzare un missile ipersonico, dimostrando che l’intelligenza artificiale può giocare un ruolo chiave anche nella difesa contro le armi di nuova generazione.
La Cina, invece, sta integrando l’AI nel controllo delle sue flotte navali, con sistemi capaci di monitorare in tempo reale i movimenti delle navi americane nel Mar Cinese Meridionale.
La Cina, invece, sta integrando l’AI nel controllo delle sue flotte navali, con sistemi capaci di monitorare in tempo reale i movimenti delle navi americane nel Mar Cinese Meridionale.
L’obiettivo è creare un sistema di “autonomia coordinata” che permetta alle sue unità di agire in modo semi-indipendente in caso di conflitto, riducendo la necessità di interventi umani. Durante le recenti esercitazioni, Pechino ha anche testato robot subacquei dotati di AI per intercettare sottomarini nemici, una capacità che potrebbe trasformare radicalmente l’equilibrio strategico nella regione.
Non meno significativi sono gli sviluppi nell’ambito della logistica.
Non meno significativi sono gli sviluppi nell’ambito della logistica.
La Russia, pur tecnologicamente inferiore rispetto a Stati Uniti e Cina, ha utilizzato sistemi di AI per ottimizzare i rifornimenti durante la guerra in Ucraina. Attraverso algoritmi avanzati, Mosca ha pianificato il trasporto di munizioni e carburante, minimizzando i tempi e riducendo l’esposizione a possibili attacchi ucraini. Sebbene il risultato complessivo non sia stato sufficiente a garantire il successo sul campo, l’esperienza russa dimostra come anche gli eserciti meno avanzati possano trarre vantaggio dall’AI per migliorare le proprie operazioni.
La vera partita, tuttavia, si gioca sulle armi autonome. Mentre gli Stati Uniti insistono sull’importanza di mantenere l’uomo “nel ciclo decisionale,” la Cina sembra più incline a sperimentare sistemi totalmente autonomi, soprattutto per applicazioni difensive. Nel 2022, Pechino ha presentato un prototipo di sistema anti-missilistico basato su AI, capace di analizzare in tempo reale traiettorie e velocità dei proiettili in arrivo, decidendo autonomamente quando e come intervenire.
Le implicazioni di questi sviluppi sono enormi.
La vera partita, tuttavia, si gioca sulle armi autonome. Mentre gli Stati Uniti insistono sull’importanza di mantenere l’uomo “nel ciclo decisionale,” la Cina sembra più incline a sperimentare sistemi totalmente autonomi, soprattutto per applicazioni difensive. Nel 2022, Pechino ha presentato un prototipo di sistema anti-missilistico basato su AI, capace di analizzare in tempo reale traiettorie e velocità dei proiettili in arrivo, decidendo autonomamente quando e come intervenire.
Le implicazioni di questi sviluppi sono enormi.
Da un lato, l’AI promette di ridurre i rischi per i soldati umani, delegando alle macchine i compiti più pericolosi. Dall’altro, la crescente autonomia dei sistemi militari solleva interrogativi etici fondamentali: chi è responsabile se un drone autonomo colpisce civili innocenti?
Come si garantisce che una macchina prenda decisioni in linea con il diritto internazionale umanitario?
Sia negli Stati Uniti che in Cina, queste domande rimangono senza risposta, mentre l’intelligenza artificiale continua a essere vista come uno strumento indispensabile per il futuro della guerra. Tuttavia, l’adozione su larga scala di armi autonome potrebbe abbassare la soglia per l’inizio di un conflitto, aumentando il rischio di escalation non intenzionali.
La competizione tra Washington e Pechino nell’intelligenza artificiale non è solo una questione di progresso tecnologico, ma un confronto su quale visione del mondo prevarrà.
Il rischio è che, in nome della sicurezza nazionale, entrambe le potenze spingano sempre più avanti i confini dell’autonomia militare, entrando in una nuova era di instabilità geopolitica, dove le decisioni più cruciali potrebbero essere lasciate non agli uomini, ma agli algoritmi.
Fonte: it.insideover.com
Tramite: www.nogeoingegneria.com
Tramite: www.nogeoingegneria.com
Nel frattempo l’Europa, rallentata da burocrazia, AI Act e costi energetici in crescita, rischia di restare a guardare in una sfida che intreccia innovazione, sicurezza ed egemonia geopolitica.
Gli investimenti europei in IA sono notevolmente inferiori ai budget stanziati da Stati Uniti e Cina. Sebbene esistano politiche di sostegno e alcuni finanziamenti, non si vedono ancora startup capaci di competere su scala globale. (diarioinnovazione.it)
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