di Piero Cammerinesi
Fammi parlare…
Ma mi stai ascoltando?
Hai capito cosa ti ho detto?
Ma mi stai ascoltando?
Hai capito cosa ti ho detto?
Quante volte abbiamo sentito o pronunciato queste parole nella nostra vita.
Migliaia, sicuramente.
Migliaia, sicuramente.
E non finirà certo qui dato che, forse, uno dei maggiori problemi che oggi si frappongono tra noi e gli altri è che le persone non sanno ascoltare.
Farsi ascoltare, quello si, ma ascoltare l’altro, no.
Farsi ascoltare, quello si, ma ascoltare l’altro, no.
E l’entità del problema è direttamente proporzionale alla opinione che abbiamo di noi stessi. Tanto più ci sentiamo intelligenti, sensibili, certi di possedere saldamente la nostra porzione di verità – tanto più l’altro è solo una comparsa, un figurante nel teatro della nostra mente.
Non tanto e non solo far parlare l’altro, non interromperlo, non ‘parlargli sopra’, capire quello che dice, per poi rispondere.
Ascoltare veramente significa prima di tutto tacere interiormente, tacere con la voce, il pensiero, il sentimento.
Significa non far sorgere nella nostra coscienza automaticamente la nostra interpretazione, la nostra spiegazione, il nostro personale giudizio su quanto l’altro sta dicendo.
Significa non solo non ‘parlargli sopra’, ma anche non…’pensargli sopra’.
E – attenzione – significa ancor meno percepire il nostro senso di simpatia o antipatia per le parole dell’altro.
Il giudizio o la nostra visione delle cose, o la nostra approvazione o condanna devono tacere fintantoché l’altro ci parla.
Dobbiamo esercitare un controllo strettissimo sulla nostra vita del pensare, del sentire e del volere, simile, per determinazione interiore, a quello che facciamo durante l’atto meditativo.
Il motivo per cui coloro che hanno avuto modo di parlare con un iniziato o un maestro spirituale ne hanno sempre tratto l’impressione di essere al centro dell’attenzione dell’altro – anzi, la netta sensazione come se nessun altro al mondo esistesse, durante il colloquio, oltre a loro due – è proprio questo: il maestro, l’iniziato sa ascoltare.
Significa non solo non ‘parlargli sopra’, ma anche non…’pensargli sopra’.
E – attenzione – significa ancor meno percepire il nostro senso di simpatia o antipatia per le parole dell’altro.
Il giudizio o la nostra visione delle cose, o la nostra approvazione o condanna devono tacere fintantoché l’altro ci parla.
Dobbiamo esercitare un controllo strettissimo sulla nostra vita del pensare, del sentire e del volere, simile, per determinazione interiore, a quello che facciamo durante l’atto meditativo.
Il motivo per cui coloro che hanno avuto modo di parlare con un iniziato o un maestro spirituale ne hanno sempre tratto l’impressione di essere al centro dell’attenzione dell’altro – anzi, la netta sensazione come se nessun altro al mondo esistesse, durante il colloquio, oltre a loro due – è proprio questo: il maestro, l’iniziato sa ascoltare.
Le sue parole, i suoi sguardi, i suoi gesti, la maggiore o minore consequenzialità dei suoi pensieri, mi svelano il suo mondo interiore.
Io divento lui; vedo i suoi problemi con i suoi occhi, le sue debolezze con la sua anima, i suoi pensieri con la sua mente.
Io divento lui; vedo i suoi problemi con i suoi occhi, le sue debolezze con la sua anima, i suoi pensieri con la sua mente.
Solo dopo aver ascoltato, essermi identificato con l’altro – se richiesto – esprimo la mia opinione e lo faccio in modo tale da poter essere accolto dall’altro.
Ecco questo potremmo chiamarlo ‘saper ascoltare’.
Amare vuol dire soprattutto ascoltare in silenzio
- Antoine de Saint-Exupery -
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.