domenica 8 giugno 2025

«Ho provato la vasca di deprivazione sensoriale e sono andata in autoipnosi. Poi ho avuto una visione»

 In Italia esistono ancora pochi esemplari di vasca di deprivazione sensoriale, già viste in numerosi film e serie tv. Sono andata a testarla a Fiuggi, consultando poi un’esperta in ipnosi per comprendere a livello psichico che cosa mi era accaduto.

di Francesca Favotto

Galleggiare è una delle azioni ataviche che un essere umano è in grado di compiere: passiamo i primi 9 mesi della nostra «esistenza terrena», fluttuando dentro la pancia di nostra madre. Una sensazione e un’esperienza che possiamo riprovare ogni qualvolta ci immergiamo nell’acqua, che sia mare, lago o la vasca di casa nostra: se ci abbandoniamo, se ci lasciamo andare, ci possiamo rendere conto che l’acqua sostiene il nostro corpo, permettendoci di sentirci leggeri, almeno fino a che il prossimo pensiero o la prossima paura non viene a farci visita. Perché basta poco a «distrarci» e a distoglierci dal rilassamento: uno spruzzo d’acqua in faccia, qualcuno che ci tocca, una preoccupazione e l’agitazione ci fa dimenare, riportandoci alla realtà.

Ma questa sensazione ovattata di galleggiamento indisturbato lo si può rivivere in una vasca di galleggiamento o di deprivazione sensoriale, un ambiente in cui lo stare a galla è involontario e facilitato da una soluzione salina a sostegno del corpo, di modo che quest’ultimo possa rilassarsi senza preoccuparsi di andare a fondo ...


Una vera e propria esperienza di benessere, che apporta benefici fisici, ma soprattutto psicologici, e che ho voluto testare dal vivo presso l’Ambasciatori Place Hotel di Fiuggi, la cittadina ciociara la cui acqua ha dimostrato di essere efficace nella cura dei calcoli renali. In Italia è una delle pochissime strutture a proporre quest’esperienza olistica, declinata in tre modalità: sui lettini ad acqua, a secco in Vasca Nuvola e in una vasca vera e propria in stanza insonorizzata.

Io ho provato quest’ultima, voluta fortemente nella sua struttura dalla titolare Francesca Bonanni nel 2008, quando ancora questa tecnica di rilassamento in Italia era sconosciuta, dopo averla provata a Torino. «Io la testai nella versione capsula, una specie di lettino pieno d’acqua, ma coperto – ci racconta – Ma nei film questa vasca era già comparsa numerose volte».

La vasca di deprivazione sensoriale sul piccolo e grande schermo

Lo ammetto: il richiamo a testarla dal vivo è stato irresistibile dopo essermi appassionata all'episodio di Fringe, in cui la protagonista Olivia viene fatta immergere per sviluppare i suoi poteri di connessione con l'universo parallelo, e potercisi così spostare agilmente. O ancora, amai follemente il film Minority Report, con Tom Cruise nel ruolo da protagonista, in cui i tre gemelli Pre-Cogs sono immersi in una vasca di galleggiamento, che favorisce le loro visioni future.

Ma l'apparizione più recente è nella famosissima serie in onda su Netflix Stranger Things. Nelle prime stagioni Undici, la protagonista della serie, attraverso l’immersione in una vasca, riesce ad accedere al Sottosopra, un mondo parallelo popolato da mostri e creature soprannaturali. Nell’ultima stagione, una speciale vasca di deprivazione sensoriale le permette addirittura di riattivare i suoi poteri, rivivendo i ricordi più dolorosi del suo passato.

Undici nella vasca di deprivazione sensoriale in una scena della serie tv “Stranger things”.

Vasca di deprivazione sensoriale: come funziona

Prima di raccontarvi la mia esperienza, vi spiego come è strutturata l'esperienza in vasca di galleggiamento alla Tangerine Spa dell’Ambasciatori Place Hotel Fiuggi, in quanto leggermente diversa da altre che potreste sperimentare altrove. Innanzitutto, la vasca è aperta (a differenza di quella provata a Torino dalla titolare Francesca Bonanni, per esempio) ed è situata in una stanza preposta la cui temperatura, così come quella dell’acqua, è costante a 36/37°.

L'effetto «chiuso» viene ricreato con il fatto che è isolata da stimoli esterni e si può stare quasi completamente al buio (con la luce che proviene solo dall’acqua), per cui vengono annullate tutte le risposte sensoriali; inoltre l’acqua filtrata è arricchita da una soluzione ad alta concentrazione di sali di Epsom, che permette di stare sospesi in 30 cm di acqua, senza sentire la gravità. Galleggiando naturalmente (floating), si perde così la percezione dei confini corporei e si recupera un rapporto speciale con il proprio corpo, che rilascia tensioni e tossine.

Un'esperienza che non si potrà più dimenticare

Io ho voluto provare la vasca di deprivazione sensoriale nelle condizioni originali – ovvero nuda e senza alcuna fonte luminosa, nel buio totale -, ma è possibile tenere il costume e soprattutto, lasciare accese candele e luci, a seconda di quello che può rendere l’esperienza la più confortevole possibile. L’obiettivo infatti non è spingere al limite la persona che lo fa, ma favorire il rilassamento totale, quindi ognuno, conscio dei propri limiti e paure, può condurla come desidera. Nella vasca vi è anche un pulsante rosso, da attivare in caso di emergenza.

«Molti lo premono dopo pochi minuti di attività, che nel complesso prevede 50 minuti di galleggiamento – mi racconta Noemi, Spa manager – Le motivazioni? La paura del buio o della semi-oscurità, il non saper stare da soli, la mente che inizia a vagare in pensieri poco rassicuranti, la noia… Se si superano i primi minuti, poi chi resiste, fa un’esperienza che non dimentica. Molti arrivano a una fase di sonno profondo, tanto che poi alla fine, impiegano anche un quarto d’ora per tornare vigili e uscire dalla vasca, col nostro ausilio».

Entro nella vasca, dopo aver chiesto di spegnere ogni candela e luce, e mi adagio nell’acqua, abbandonando la resistenza. Poggio il cuscino gonfiabile fornito per sostenere la testa, sotto il collo. 

Comincia l’esperienza, dopo che Noemi socchiude la porta di ingresso. I primi minuti sono stranianti e dolorosi: sopraggiunge un senso di nausea. Infatti, nonostante la sicurezza del cuscino, la mia cervicale lavora per tenere la testa fuori dall’acqua, facendo percepire la parte superiore del corpo, pesante il triplo rispetto al resto. Così, tolgo il cuscino e lì accade la prima rivelazione: lasciando andare la testa, non solo i muscoli cervicali si rilassano, ma gli occhi vanno sott’acqua, eliminando la paura tutta mentale del bruciore: se non li si sfrega, il sale non raggiunge le mucose. La nausea scompare, il corpo inizia a rilassarsi davvero e pesa tutto allo stesso modo, ora.

La mente inizia a svuotarsi, il silenzio è assordante. Apro gli occhi, ma è buio, come a occhi chiusi. Non ho riferimenti. Ecco che allora, poco dopo, i pensieri svaniscono: la mente, sempre alla ricerca di un perché, si chiede se è possibile non averne. Ma è un attimo. Sopraggiunge la voglia di riposare, il respiro si fa lento e profondo, il corpo non esiste più, anche perché è immobile al centro della vasca.

La mente è spenta, ma vigile: cullata dal respiro, sopraggiunge una scena. Ma non è semplicemente immaginativa, bensì coinvolge anche i sensi: sento dei passi sott’acqua, una porta che si apre cigolando, della musica provenire da dentro questa casa immaginata, il vento che soffia fuori e che mi accarezza la pelle, mentre rimango sul ballatoio a sbirciare dentro. Apro gli occhi: la mente mi dice che non è possibile aver sentito quei passi, essendo tutto insonorizzato. Eppure.

Torno a rilassarmi e a galleggiare, il tempo ormai è scomparso: non avendo più alcun riferimento spazio-temporale, la mente non è in grado di dire quanto possa mancare al ritorno alla luce. Dopo poco (sarà stato poco? Non lo so), si ripropone la stessa scena: passi, porta, musica, vento. I passi vengono uditi chiaramente, sono su una superficie di legno, maschili, pesanti. Pochi passi, tre o quattro, poi la porta che si apre. Nessuna paura in questa situazione, solo la mente che cerca di comprendere di che canzone si possa trattare, ma è indistinta. Il corpo avverte una sensazione diffusa e potente di calore, seguita poi da brividi di freddo.

Seguono alcuni minuti (alcuni?) di “confusione” mentale, in cui credo di essere sveglia, vigile, ma non appena Noemi riaccende la luce, mi rendo conto che non era così: mi ci vuole un po’ a capire dove sono e cosa stavo facendo, e soprattutto ad ammettere che quanto successo prima era frutto di uno stato inconscio, anche sembrando molto vivido.

Post-esperienza, il mio corpo ha mantenuto per molto tempo lo stato di leggerezza acquisito, soprattutto a livello della cervicale, sempre contratta; la mia mente era sgombra e lucida; la pelle era molto più morbida, per l’effetto esfoliante dei sali di Epsom.

Che cosa mi ha spiegato l'esperta

«Le sue condizioni di partenza, di grande consapevolezza di se stessa e del mezzo che stava andando a usare, forse l’hanno agevolata nel condurre appieno l’esperienza – spiega la dottoressa Maria Antognozzi, psicotraumatologa e ipnoterapeuta, con base a Fermo, nelle Marche – Ma è importante che chi si approccia, lo faccia avendo ben chiaro il perché lo sta per fare: pura curiosità, voglia di rilassarsi, bisogno di riposo, voglia di andare a fondo di se stessi, voglia di mettersi alla prova… Quale che sia il motivo, va appurato prima di entrare in vasca, per darsi la giusta motivazione.

Nel suo caso, posso tranquillamente affermare che lei è andata in autoipnosi: i riferimenti dell’ambiente esterno scompaiono e non hanno nemmeno più importanza, l’inconscio è vivido e presente, i sensi sono iperattivati. La scena che ha vissuto può afferire alla sua immaginazione, ma può essere anche un ricordo del suo passato o una scena del suo futuro… Questo lo capirà poi.

Infine, al suo risveglio ha sperimentato quella che in gergo tecnico in ambito ipnotico si chiama “zona grigia”: al suo encefalo ci è voluto un po’ prima di riappropriarsi di quella che siamo abituati a considerare realtà, anche se era convinto di essere “sveglio”. Il fatto che non ha avuto paura, né del buio né della solitudine in condizioni non abituali, conferma la sua abitudine all’introspezione e la confidenza con il suo corpo.

Ma è importante per chiunque lo faccia, assecondare il proprio sentire: se si teme di non farcela, chiedere aiuto con il pulsante; se si ha paura del buio, richiedere dei punti luce accesi… Non vale a niente farla diventare un’esperienza traumatica; invece è importante sfruttare al meglio la catarsi, trasformandola in un’attivazione benefica, che rilassi la mente.

Concludendo, ricordo una cosa che alla maggior parte delle persone non è chiara: il nostro inconscio dà sempre segnali di bellezza e di vita. È nostro alleato, collabora sempre con noi: quando arrivano sogni o visualizzazioni “strane”, ci sta semplicemente mettendo in guardia da situazioni da cui dobbiamo prendere le distanze. La sua porta aperta, con della musica dentro e quel vento, potrebbero essere presagio di cose belle. Stia ricettiva nella vita e lo scoprirà».

Fonte: www.vanityfair.it

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