domenica 11 febbraio 2024

La storia delle strane case di Milano a forma di igloo

 
Nate come progetto temporaneo per gli sfollati del secondo dopoguerra, sono ancora oggi uno degli esperimenti residenziali più curiosi mai costruiti in Italia

Milano Nord, dove il tessuto urbano si sfila verso Greco Pirelli e la vecchia zona industriale della città, si nasconde uno degli esperimenti residenziali più curiosi mai costruiti in Italia: le case igloo di Mario Cavallè.

Siamo in via Lepanto, quartiere Maggiolina, a ridosso del cosiddetto Villaggio dei Giornalisti, alloggi e case popolari per la piccola e media borghesia milanese progettato dall’ingegnere Evaristo Stefini e realizzato da una cooperativa – composta principalmente da giornalisti, pubblicisti e avvocati ­– tra il 1909 e il 1912 nell’allora Comune di Greco.

Un progetto nato in seguito a un editoriale pubblicato nel 1911 da Mario Cerati, direttore de Il Secolo, nel quale si denunciava come l’attenzione del governo fosse concentrata solo sulle masse operaie e sull’urbanistica popolare, mentre scarseggiavano i quartieri della media borghesia ...


Tra palazzine liberty a due o tre piani e ampi spazi di verde che fanno di questo quartiere il primo esempio di città-giardino in Italia, qualche anno più tardi sorsero anche gli otto igloo di cemento costruiti nel primo dopoguerra (1946) su progetto dell’ingegnere Mario Cavallè, a cui si devono anche le case a fungo del quartiere Maggiolina, demolite negli anni Sessanta, ma noto anche per essere stato uno dei massimi esperti di quegli anni in tema di architettura di sale cinematografiche.





Modello abitativo e tecnica costruttiva delle case igloo, chiamate anche case zucca, sono un retaggio degli Stati Uniti, dove si era formato e dove, in quegli anni, era piuttosto diffusa l’architettura delle case circolari: da qui Cavallè prende spunto per progettare case a pianta circolare di circa cinquanta metri quadrati sviluppate su due livelli (seminterrato e primo piano).


Il sistema costruttivo a volta, formato da mattoni forati disposti a losanghe convergenti, permetteva la massima libertà sulla disposizione degli spazi interni, dove la disposizione originaria prevedeva ingresso, bagno, due camere e cucina.



Oggi solo due case igloo hanno mantenuto questo impianto, mentre le altre hanno subito importanti interventi di ampliamento e ristrutturazione: una di loro ha un nuovo vano, accorpato all’igloo originale, destinato a bagno, mentre un’altra è stata ripensata come loft open space.


Il progetto di Mario Cavallè, che oggi appare eccentrico, era in realtà piuttosto concreto: dodici unità abitative provvisorie che avrebbero potuto rappresentare una risposta veloce ai bisogni delle famiglie sfollate, con le case distrutte dai bombardamenti della seconda guerra mondiale.

Le case a igloo e le due case fungo di Mario Cavallè alla Maggiolina piacquero agli abitanti, che decisero di rimanere ad abitarle.

Negli anni Sessanta se ne paventò la demolizione, ma l’architetto Luigi Figini, che abitava nello stesso quartiere nella cosiddetta casa-palafitta, si mobilitò per evitare che venissero abbattute.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.