sabato 15 ottobre 2022

Ossa, meteoriti e meteore

 

“Porcadiquellaputtana!”, faccio io entrando di corsa mentre sbatto alle mie spalle la porta a zanzariera che dal cortile introduce in cucina, “Ho appena visto cadere un meteorite! Ti rendi conto? Merdamerdamerda! Un meteorite!”

Mia sorella sta finendo di lavare i piatti, mi guarda come guarda lei di solito quello che considera un totale idiota, che sarei poi io, e prende quell’aria sua di superiorità puzzosa che conosco fin da quando eravamo bambini, e che ormai non mi offende neanche più. “Avrai visto una meteora, perdio!", dice la mia perfettissima sorella, "C’è bisogno di agitarsi tanto? Si chiamano meteoriti quando cadono sulla terra, se si bruciano nell’atmosfera sono meteore, capito? METEORE, non METEORITI. Sai che novità in questo periodo dell’anno! Una stella cadente, sai te che roba... Perché non mi dai una mano con i piatti piuttosto? Devo sempre fare tutto io qui dentro?”

“Può anche darsi che fosse una meteora”, dico io, “comunque ha appena colpito il fienile del nonno. Sta bruciando.”
“Cosa?”, fa mia sorella improvvisamente interessata mentre le cade dalla faccia l’espressione da prima della classe, “Ma che cazzo dici?”, e si precipita fuori dalla porta ...


Oltre la valle, sulla collina di fronte, si vedono le fiamme altissime che si alzano dal fienile del nonno.
“Andiamo!”, dice mia sorella mentre correndo si toglie i guanti gialli di gomma che usa per lavare i piatti quando non vuole rovinarsi lo smalto delle unghie, “Che cazzo stai aspettando?”

Così saltiamo sulla macchina di mia sorella, che io non ho mai preso la patente, e ci buttiamo giù per la stradina che scende al torrente, e poi ancora su verso il fienile. 
Mia sorella guida come una pazza disgraziata, come suo solito.
Dalla strada il fuoco rimane nascosto fino all’ultima curva, ma si può vedere chiaramente il bagliore rosso sullo sfondo nero del cielo notturno, e per un momento non posso fare a meno di pensare che sia comunque molto bello.

Sulla collina c’è questo inferno di fiamme e lapilli che fino a un’ora prima era stato il fienile del nonno, e davanti al fienile c’è il nonno nel suo pigiama a righe e col cappello in testa, impegnato a santificare l’aria seminando tutto intorno, come uno di quei cosi per innaffiare, delle bestemmie affilate come coltelli, che tirano in ballo quasi tutte le gerarchie celesti.
Io e mia sorella ci avviciniamo con cautela nel bagliore rosso e caldo dell’aia, facendo molta attenzione perché oltre a chiamare per nome e cognome tutti i santi del paradiso, il nonno sta roteando con furia di senza dio il suo bastone da passeggio.

“Cosa succede nonno?”, chiede mia sorella tanto per far presente che siamo lì e che preferiremmo non essere accolti dal vortice del bastone.
“A te cosa cazzo sembra che succeda?”, fa il nonno furente, finalmente conscio della nostra presenza.
“A me sembra un bel casino”, risponde, beffarda come al solito, mia sorella.
Io a questo punto son già lì che pregusto una visione che ho appena avuto, e che contempla la furia del nonno ridiretta dalle alte sfere celesti alla testa di legno strafottente della mia amata sorella e coinquilina, ma con mio grande disappunto, proprio in quel momento, a salvare la sciagurata dalla furia dell’avo, si sente la sirena dei pompieri che si arrampica a fatica su per la collina.

I pompieri arrivano sull’aia con un camion e un’autopompa gigantesca dalla quale, con grande calma, scende quello che a prima vista sembra essere il comandante.
Il comandante dei pompieri, un tipo alto e corpulento, e con un grosso naso in mezzo alla faccia rotonda che sembra un grosso maiale in uniforme, guarda l’incendio, poi si toglie il casco, si gratta la testa e si rimette lentamente il casco. Dopo un lungo momento che si direbbe di profonda riflessione, il comandante dei pompieri si gira verso il nostro gruppetto e fa un sorrisino di traverso alla tenuta da cerimonia del nonno, che consiste sempre in quel pigiama a righe e nel suo vecchio cappello che dicevamo prima. Mia sorella, che sull'eleganza del nonno condivide la stessa perplessità del comandante dei pompieri, risponde con un ghigno di intesa.

“Allora, noi ci proviamo”, dice allora il comandante dei pompieri dopo un lungo silenzio indicando il fienile del nonno che brucia gridando e scricchiolando alle nostre spalle, “non mi farei troppe illusioni però: mi sa che ormai è andato.”
Infatti a questo punto il fuoco che ha preso il fienile ruggisce sempre più feroce, e più feroce ancora, se possibile, ruggisce il nonno, che ha anche ripreso quella sua litania blasfema, nella quale frullano santi, madonne, angeli e arcangeli e, a carriolate ricolme, tutti i poveri cherubini innocenti.
I pompieri intanto, a un cenno del comandante, si sono risvegliati, e srotolano le manichette collegandole all’autopompa mentre io e mia sorella li guardiamo distrattamente, più o meno come si guardano al circo gli inservienti che montano la gabbia per le tigri prima del numero.

Il nonno li guarda accovacciato sui talloni, schiumando di rabbia mentre macina le sue bestemmie, ormai così veloci da risultare indistinguibili, e va avanti picchiando furiosamente il bastone per terra.
“Ma perché te la prendi tanto?”, chiede mia sorella, “quel cesso di fienile era solo una vecchia catapecchia, non c’era niente di valore dentro, solo un mucchio di fieno vecchio che era lì almeno dagli anni novanta”.
“E tu che cazzo ne sai?”, ribatte il nonno ribollente di ferocia puntando due occhi di brace sulla mia deliziosa sorella.
Io ritrovo improvvisamente la speranza della visione di prima.

“Fa un po’ come ti pare”, dice lei guardando i pompieri che intanto fanno il minimo sindacale dirigendo uno spruzzetto d’acqua miserello, poco più di una pisciatina di cane, sul fuoco dell’inferno che ha ormai consumato quasi tutto il fienile.

“E le ossa?”, dice allora il nonno.


“Quali ossa?”, facciamo io e mia sorella girandoci di scatto.
“Quelle di vostra nonna, perdio!”, risponde il nonno, che sembra anche un po’ seccato per il nostro stupore: e certo, le ossa della nonna, che diamine!

Mia sorella lo guarda con una certa severità: “Ma la nonna non era scappata ai Caraibi con il commercialista nel novantadue? Ci hai fatto una testa così per tutta quell’estate, mi ricordo bene!”
“Cosa c’entra? Quello era perché il grandissimo stronzo era sparito con i soldi dell’IVA, mica per la nonna, la storia della nonna l’avevo aggiunta io”, fa il nonno abbassando lo sguardo.
“E la nonna quindi?”, dico io, e intanto sento da qualche parte, giù in fondo, alla base dell’intestino tenue, o tra il diaframma e il cuore, una specie di malessere, un brivido improvviso.
“Morta”, dice il nonno.

I pompieri hanno smesso di spruzzare acqua sulle fiamme, fan su la manichetta e si stanno allontanando un po’ in previsione del crollo del tetto.
“Come sarebbe 'MORTA' ?", fa mia sorella.
“Sì”, risponde il nonno trascinando i piedi e guardando i segni che lasciano giù sulla polvere dell’aia, “ecco, per dire: facciamo conto che la nonna sia morta all'improvviso all’inizio di quell’estate del novantadue... Insomma, a quell’epoca le cose cominciavano ad andare abbastanza male per noi agricoltori, il frumento non te lo pagavano più un cazzo, io avevo le rate del trattore, e in più quello stronzo di commercialista se l’era data a gambe coi miei soldi per l’IVA del trimestre. La pensione di tua nonna faceva comodo...”

“Aspetta, aspetta! Mi stai dicendo che la nonna è morta nel novantadue, e tu hai raccontato che era scappata col commercialista per continuare a riscuotere la sua pensione per tutti questi anni?”, chiede allora la mia brillante sorella.
“Avevo la delega sul suo conto corrente”, fa il nonno come se fosse la cosa più naturale del mondo, “lei è morta, io ho portato il corpo nel fienile, ci ho messo sopra qualche decina di quintali di fieno e lì è rimasta.”
“Cazzo!”, fa la mia dolce sorella con una certa ammirazione.

“Un momento”, dico io, “e di cosa è morta la nonna? Io mi ricordo che stava benissimo.”
“Ma cosa importa adesso di cosa è morta?”, dice il nonno un po’ irritato facendo un gesto di impazienza, “adesso ci son cose più urgenti: metti che quando il fuoco è spento i pompieri facciano delle indagini per scoprire la causa dell’incendio, qui saltano fuori le ossa di vostra nonna, e scoppia un bel casino!”
“Eh, già”, fa mia sorella che è dotata di un certo senso pratico, “ammesso di dare per buona la storia della morte naturale della nonna...”, e qui il nonno le lancia un’occhiata di traverso che su mia sorella rimbalza come una pallina da tennis su un muro, “insomma: oltre all’occultamento di cadavere c’è la truffa alla previdenza sociale, son più di vent’anni di pensione che ti sei messo in tasca.”

“Ehi, un momento!”, fa il nonno improvvisamente indignato, “non me li sono mica messi in tasca tutti io! Chi credi che abbia pagato il tuo corso di inglese? E la sostituzione della caldaia, e le lezioni di guida di tuo fratello? Che poi tra l’altro non son servite a un cazzo perché non ha mai preso la patente... Tua nonna le ha pagate! Insomma, voglio dire, la sua pensione! Un po’ di rispetto perdio!”
Mia sorella lo guarda con una certa aria di disapprovazione.

“Dovete darmi una mano”, fa il nonno lamentoso guardando di nuovo nella polvere. Che vuoi fare? Tocca dare una mano, no?
Così finisce che all’alba, dopo che i pompieri sono andati via dicendo che sarebbero tornati più tardi per l’inchiesta, ci ritroviamo io, mia sorella e il nonno a frugare tra la cenere ancora calda cercando la nonna.

Il nonno ha avuto almeno la decenza di andare a cambiarsi, e adesso invece del pigiama a righe porta la sua solita vecchia tuta da meccanico bisunta con la scritta ‘trattori Landini”, un paio di stivali di gomma verdi e un berrettino da ciclista dei tempi di Eddy Merckx.
Camminiamo tra i tizzoni che sono tutto quello che è rimasto del fienile. “Cazzo! Questa roba scotta”, si lamenta il nonno.
“Stai zitto e cerca! Ti ricordi dove l’avevi messa?”, gli fa mia sorella.
“Dovrebbe essere più o meno qui”, risponde il nonno guardandosi attorno con le braccia immerse fino ai gomiti nella cenere come un piccolo gorilla rinsecchito.


“Bingo!”, dice mia sorella estraendo dalla cenere un femore bianco di calce, “Ciao nonna!”
Io penso che se c’è nella famiglia una che ha ereditato tutta la feroce, gigantesca stronzeria del nonno, quella è senza dubbio mia sorella, che intanto pare che abbia trovato il resto del tesoro, e tutta contenta tira fuori da una nuvola di cenere grigia un osso dopo l’altro.
Mettiamo le ossa recuperate in una vecchia sacca sportiva del nonno, nella quale sono rimasti un paio di calzini sporchi irrigiditi dal tempo di quando giocava a tennis.

Quando finalmente mi imbatto nel cranio della nonna abbiamo tutti la faccia grigia come penitenti, e le braccia ricoperte di cenere fino ai gomiti.
“Contiamole”, dice il nonno agitando la sacca. Le ossa fanno un rumore di legnetti sbattuti uno contro l’altro, “dobbiamo vedere se sono tutte.”
“Perché”, dice mia sorella, “tu sai quante dovrebbero essere?”
“Senti un po’ signorina”, dice il nonno risentito, “io tua nonna la conoscevo meglio di chiunque altro, ma le ossa non gliele ho mai contate. Non ve le insegnano a scuola queste cose? Credevo lo sapeste voi! In scienze non si studia quante ossa ci sono in un corpo umano?”
“Ma io che cazzo ne so?”, fa mia sorella che a scuola non si ricorda neanche di esserci andata.

“Lasciamo perdere”, dice il nonno, “secondo me ci sono tutte. E poi al limite sarà rimasto indietro qualche ossicino piccolo, che se lo trovano penseranno che sia un osso di pollo. Hai visto che personaggio è il comandante dei pompieri, che cazzo vuoi che capisca quello lì? Non vi sembrava un grosso maiale con l'uniforme?”
“E adesso che ne facciamo?”, dico io guardando la sacca sportiva dove abbiamo infilato quello che resta della nonna, e devo dire che arrivati a questo punto comincio a sentirmi davvero un po’ a disagio.
“L’unica...”, fa il nonno con aria di sapere il fatto suo, “...è scavare una buca in fondo al campo del ronchetto, giù al limite del bosco. Lì la nonna ci starà benissimo. Vado a prendere le chiavi del trattore.”

Più tardi, quando col trattore abbiamo scavato una buca dove comincia il bosco, e abbiamo ricoperto di terra la sacca sportiva, sporchi di cenere fino ai capelli ci fermiamo un attimo sul bordo della nuova tomba della nonna a fingere un momento di raccoglimento.
“Qualcuno vuole dire qualcosa?”, fa il nonno con aria seria grattandosi il naso.
“Sì”, dice mia sorella guardando la terra smossa, “che sei proprio uno stronzo. Nonna, perdonalo se puoi.”
“Bene”, fa il nonno per niente turbato, “adesso sarà meglio sbaraccare prima che tornino i pompieri per l’indagine. Faccio un caffè?”
“No grazie”, dico io.

“Senti, adesso ce lo puoi anche dire”, fa mia sorella, “l’hai fatta fuori tu la nonna?”
Il nonno fa: “Shhhtt!” con un dito davanti alle labbra, e si porta l’altra mano all’orecchio a coppetta come a raccogliere i suoni dall’aria, e fa lo sguardo attento con le sopracciglia aggrottate, come uno che ha sentito un rumore improvviso: “Uh, mi sembra di sentire una macchina che vien su per la collina. Che siano i pompieri che tornano per l'inchiesta? Sarà meglio che porti via di qui il trattore”, dice il nonno, e in tutta fretta si arrampica sul mezzo e rimette in moto.
Tornando verso casa mia sorella guida piano, con un'aria strana, senza dire una parola.
“Hai visto che era un meteorite?”, dico io.



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