martedì 1 dicembre 2020

Fra Scienza e Mistero: l’Enigma di Ettore Majorana

Non volle inchinare il suo genio alla politica, al potere, alla folle modernità, non poté accettare di diventare complice del regime tecnologico e così decise di svanire nel nulla, in una notte di primavera.

La vita di Ettore Majorana è stata come una stella nera, un’impressione, una luce inespressa, un’ipotesi che ha percorso i decenni raggiungendo irrisolta i giorni nostri. 

Uomo di scienze, ma di grandissima sensibilità, Ettore Majorana progettò e mise in atto la sua volontaria volatilizzazione, la fuga da sé verso l’oblio, una operazione tanto perfetta che nessuno è mai riuscito a risolvere l’enigma ...

La famiglia Maiorana, tra cui il padre, gli zii e i nonni

Ettore Majorana era nato il 5 agosto 1906 a Catania, quarto dei cinque figli di Fabio, ingegnere e architetto, realizzatore di tanti palazzi in stile liberty a Catania tra i quali l’elegante Palazzo Rosa, e Salvatrice “Dorina” Corso, casalinga e ricca ereditiera.

In quei primi anni del Novecento la fisica stava traversando un’era di enorme sviluppo: nel 1905 Albert Einstein ha formulato la teoria della relatività ristretta, conciliando il principio di relatività di Galileo Galilei, e tra il 1897 e il 1904 Joseph J. Thomson ha scoperto l’elettrone e fornito un primo modello di atomo.

Ettore Majorana era un bambino timido, ma che mostrava una straordinaria intelligenza. Conoscendo la sua passione per i calcoli, la famiglia spesso gli proponeva dei problemi che il ragazzino risolveva in pochi minuti. Primi segnali di un ragazzo prodigio. Mandato in un collegio gesuita a Roma già a nove anni, Majorana studiò in maniera ligia e, conseguita nel 1923 la maturità classica al liceo “Torquato Tasso”, uno dei più antichi e prestigiosi della Capitale, si iscrisse prima alla facoltà di Ingegneria e poi, nel 1928, su spinta del coetaneo e futuro Nobel Emilio Segrè, a quella di Fisica, la sua più grande passione. Il 6 luglio 1929 conseguì la laurea con lode in Fisica teorica con una tesi titolata “La teoria quantistica dei nuclei radioattivi”.

Foto: Emilio Segré

Grande promessa della materia, cominciò quindi a prendere parte alle riunioni tra giovani fisici all’Istituto di Fisica di Roma, in via Panisperna, strada che dette il nome al gruppo dei “ragazzi di via Panisperna”.

Gli scienziati, con in testa Enrico Fermi, già ordinario di fisica teorica all’Università di Roma e relatore di laurea di Majorana, detto all’interno del circolo il Papa, si trovavano a dissertare delle più avveniristiche teorie fisiche e a sfidarsi in complicatissimi calcoli. 

In questi convivi Majorana cominciò a dimostrare il proprio distacco, sempre indifferente all’idea predominante, con una nota di diffidenza e una di supponenza, come un corpo estraneo in una ensemble di geni. Per questo suo carattere critico e riservato fu soprannominato dai suoi colleghi il Grande inquisitore.

Ma Majorana era un fisico assoluto – paragonato dallo stesso Fermi a Galileo Galilei e a Isaac Newton – e nonostante il carattere chiuso diventò una celebrità nel campo. Sua la teoria del nucleo composto di protoni e neutroni, elaborata prima che fosse pubblicata dallo scienziato tedesco Werner Karl Heisenberg, Premio Nobel per la fisica nel 1932. In particolare, Majorana si interessò a due importanti problemi cosmologici: quello legato alla scomparsa dell’antimateria e quello legato alla materia oscura, tema che fece particolarmente notare lo scienziato siciliano che, nei suoi studi, elaborò alcune intuizioni.

Le sue rivoluzionarie teorie contemplavano, inoltre, l’esistenza di nuove particelle (oggi chiamate particella di Majorana o fermione di Majorana) per le quali non risultava necessaria la presenza delle rispettive antiparticelle. Questo studio specifico è stato confermato nel 2012 dalla rivista “Science”, una delle più autorevoli in campo scientifico.

Pochissime furono però le pubblicazioni di Majorana, a differenza di Fermi e degli altri esponenti di via Panisperna, anche perché il fisico amava scrivere le sue arzigogolate formule sui pacchetti di sigarette che, una volta trovata la soluzione, finivano in maniera impietosa nel cestino della carta straccia. Difatti, oggi soltanto i suoi quaderni sono conservati alla biblioteca Domus Galilaeana di Pisa.

Al principio del 1933 lo scienziato siciliano si recò a Lipsia, in quella Germania che aveva appena nominato il suo nuovo cancelliere, Adolf Hitler. Majorana si interessò alla nuova politica del paese e inizialmente appoggiò le azioni rivoluzionarie e razziste del dittatore per migliorare l’economia tedesca. In una lettera alla madre scrisse:

“La persecuzione ebraica riempie di allegrezza la maggioranza ariana. Il numero di coloro che troveranno posto nell’amministrazione pubblica e in molte private, in seguito all’espulsione degli ebrei, è rilevantissimo; e questo spiega la popolarità della lotta antisemita. […] Il nazionalismo tedesco consiste in gran parte nell’orgoglio di razza. In realtà non solo gli ebrei, ma anche i comunisti e in genere gli avversari del regime vengono in gran parte eliminati dalla vita sociale. Nel complesso l’opera del governo risponde a una necessità storica: far posto alla nuova generazione che rischia di essere soffocata dalla stasi economica”.

Foto: Werner Heisenberg, conosciuto da Ettore nel soggiorno tedesco. Fotografia del Bundesarchiv condivisa con licenza Creative Commons 3.0 via Wikipedia

Dopo un passaggio anche a Copenaghen, in estate Majorana ritornò in Italia. Le poche persone a lui vicine si accorsero che celava tra le pareti della sua testa stanca un malessere nuovo: forse aveva decifrato, nel corso delle conferenze avute con scienziati da tutta Europa, verso quale “strada sbagliata” si stesse dirigendo la scienza. 

Da quell’anno Majorana cominciò così a ritirarsi, a sparire dalle scene – e forse iniziò a progettare la sua fuga dalla vita –, sempre più schivo e chiuso nella sua disillusione, limitando le sue uscite a sempre più rare visite ai “ragazzi di via Panisperna”.

“Al ritorno non riprese  il suo posto nella vita dell’Istituto; anzi, non volle più farsi vedere nemmeno dai vecchi compagni” disse di lui Laura Capon, moglie di Fermi.

Laura Fermi vicino al marito. Fotografia di pubblico dominio via Wikipedia

Quello fu il suo periodo più buio: barricato nella sua dimora, Majorana respingeva duramente ogni visitatore, cominciando anche a trascurare il suo aspetto. Si occupava soltanto dei suoi misteriosi studi senza metterne a parte nessuno. In quegli anni di isolamento volontario rifiutò persino le cattedre dei prestigiosi atenei di Cambridge e Yale.

Foto: Quirino Majorana, fisico e zio di Ettore

Nel 1937, improvvisamente, l’istituzione di una cattedra di Fisica teorica all’Università di Palermo lo invogliò a riprendere parte alla vita sociale e in breve compose un articolo, l’ultimo, propedeutico al trasferimento in Sicilia: “Teoria simmetrica dell’elettrone e del positrone”, incentrato sull’antimateria.

Non riuscì a ottenere la docenza a Palermo, ma ne conquistò un’altra, riconosciuta “per chiara fama”, all’Istituto di Fisica nucleare a Napoli. 
Il nuovo incarico nella città partenopea non gli ridiede il sorriso e il professore non mutò le sue abitudini claustrali. 

Come suggerì lo scrittore Leonardo Sciascia nella sua opera “La scomparsa di Majorana”, pare che Majorana fosse attanagliato da alcuni disturbi fisici che non facevano altro che peggiorare il suo già instabile umore, portandolo a comportarsi come un autentico misantropo.

Enrico Fermi, leader del gruppo dei Ragazzi di via Panisperna

La docenza universitaria durò meno di tre mesi.

Giunse la sera di venerdì 25 marzo 1938 e intorno alle 22 il trentunenne Ettore Majorana, appena nominato professore di Fisica teorica all’ateneo napoletano, lasciò la camera dell’Albergo Bologna in cui alloggiava, dirigendosi verso il porto.  
Poco dopo le 22.30 salì sul piroscafo in partenza: è una nave postale, la “Tirrenia”, diretta a Palermo.

Qui finisce l’uomo e inizia la leggenda

Prima, durante e dopo il viaggio in nave, Ettore Majorana scrisse delle lettere.

“Napoli, 25 marzo 1938. XVI (era fascista ndr). Ho un solo desiderio: che non vi vestiate di nero. Se volete inchinarvi all’uso, portate pure, ma per non più di tre giorni, qualche segno di lutto. Dopo ricordatemi, se potete nei vostri cuori e perdonatemi. Affezionatissimo Ettore.”


“Caro Carrelli (Antonio Carrelli, direttore dell’istituto di Fisica in cui insegnava ndr), ho preso una decisione che era ormai inevitabile. […] ti prego di perdonarmi, ma soprattutto per avere deluso la tua fiducia […] Ti prego anche di ricordarmi a coloro che ho imparato a conoscere e ad apprezzare nel tuo Istituto, particolarmente a Sciuti; dei quali tutti conserverò un caro ricordo almeno fino alle undici di questa sera, e possibilmente anche dopo.”

Lettere di un uomo che ha deciso di togliersi la vita, se non fosse che il giorno successivo, il 26 marzo, arrivò da Palermo, dal Grand Hotel Sole dove l’uomo avrebbe trovato alloggio, un telegramma sempre rivolto al direttore Carrelli:

“Non allarmarti. Segue lettera. Majorana”.

Appunti manoscritti preparatori all’equazione a infinite componenti

E quindi la lettera:

“Caro Carrelli, spero che ti siano arrivati insieme il telegramma e la lettera. Il mare mi ha rifiutato e ritornerò domani all’albergo Bologna, viaggiando forse con questo stesso foglio. Ho però intenzione di rinunziare all’insegnamento. Non mi prendere per una ragazza ibseniana perché il caso è differente. Sono a tua disposizione per ulteriori dettagli”.

L’Albergo Bologna non rivide più il suo illustre ospite: dopo quella missiva Ettore Majorana sparì nel nulla.

L’inchiesta aperta immediatamente appurò che Majorana comprò il biglietto di ritorno Palermo-Napoli, ma non riuscì a sopraggiungere ad alcuna prova circa la sua presenza sull’imbarcazione. 
La notizia della sparizione di Majorana pervenne negli uffici di Benito Mussolini che, supplicato dai familiari dello scomparso, ordinò che il fisico venisse cercato in ogni dove, vivo o morto. La ferma richiesta del dittatore non fu seguita da esito positivo.

Foto: Niels Bohr, conosciuto da Ettore a Copenaghen

Intanto Majorana cominciò a trasformarsi in un fantasma: alcuni soggetti dissero di averlo visto – chi sulla nave “Tirrenia” poco dopo l’approdo a Napoli, chi nei vicoli della città –, ma il genio non si rifece più vivo e il suo corpo non fu mai ritrovato, neppure nelle acque del Mediterraneo dove si attuò un accurato setacciamento. Della sua sorte non si seppe più nulla.

Sulle ragioni che hanno portato il grande fisico a far perdere le proprie tracce si è discusso a lungo e tuttora si discute.

L’ipotesi più sostenuta, caldeggiata a suo tempo anche da Leonardo Sciascia, vedrebbe Majorana intuire che il progresso delle ricerche della fisica teorica sarebbe stato sfruttato dai guerrafondai della Terra per la creazione di una nuova arma di distruzione di massa: stiamo parlando chiaramente della bomba atomica che sarebbe stata tragicamente inaugurata nell’agosto del 1945 su Hiroshima e Nagasaki.

Il fisico Erasmo Recami, nel suo saggio “Il caso Majorana”, suggerisce, pur non annullando l’ipotesi del Majorana scosso dal risvolto spaventevole che gli studi di fisica avrebbero avuto, che il giovane professore sia stato colpito da un profondo esaurimento nervoso che lo avrebbe dunque spinto alla decisione di sparire, autoinfliggersi il castigo del confino, pena assai in voga in quegli anni, probabilmente in America Latina.

Convento di San Gregorio Armeno a Napoli, dove secondo qualcuno si rifugiò Ettore. 
Fotografia di pubblico dominio via Wikipedia

Un’altra ipotesi poi, da vero thriller di spionaggio, vedrebbe Majorana rapito dai nazisti per alcune informazioni privatissime cui avrebbe avuto accesso durante il suo soggiorno in Germania, e che sia stato assoldato dal Terzo Reich nella realizzazione di quell’impero che sarebbe dovuto durare un millennio ma che non arrivò a 3 lustri.

Un’ultima suggestiva tesi, confermata da Rolando Pelizza, allievo dell’illustre fisico, che dichiarerebbe di esservi stato in contatto dal 1958, vedrebbe Majorana dar fede alla sua intenzione di nascondersi dal mondo con la chiusura nel monastero certosino di Serra San Bruno, nelle serre calabresi, luogo mitico, al centro di molte supposizioni che vorrebbero che tra le mura inaccessibili del monastero, nel corso degli anni, abbiano trovato riparo varie personalità: da Majorana a un grande calciatore portoghese degli anni sessanta a, addirittura, Paul Tibbets, il pilota americano che sganciò la prima bomba atomica della storia, “Little Boy”, su Hiroshima.

Leggende e voci che si mischiano alle speculazioni

Fatto sta che la tesi del suicidio è stata via via abbandonata data la circostanza che vide Ettore Majorana prelevare gli stipendi arretrati e preparare il passaporto, come se avesse il proposito di recarsi all’estero. Comportamenti che non sembrerebbero affatto compatibili con intenti suicidi.

La morte presunta di Ettore Majorana venne dichiarata cinque anni dopo la sparizione, ma il fisico non cesserà mai di vivere nelle discussioni attorno al suo indecifrabile dileguamento. Majorana, in fuga dalla vita, diventò “vivo per la morte e morto per la vita” come suggeriva Luigi Pirandello – e come non citare lo scrittore agrigentino in una vicenda che sa tanto di riscrittura del “Fu Mattia Pascal”, romanzo tra i più famosi di quell’epoca, che pare assai probabile che Majorana, seppur non fosse un letterato, ne avesse perlomeno sentito parlare.

La certosa di Serra San Bruno, dove si presume si sia rinchiuso Ettore. 
Fotografia di Marcuscalabresus  condivisa con licenza Creative Commons 2.0 via Wikipedia

L’interrogativo sulla sparizione di Majorana percorse i decenni senza novità sostanziali fin quando nel 2011 la procura di Roma riaprì l’inchiesta. Si prese la scelta a seguito della testimonianza di un tale Francesco Fasani, meccanico emigrato dall’Italia al Venezuela, che affermò di aver conosciuto intorno alla metà degli anni cinquanta un certo signor Bini, un tipo introverso, riservatissimo, specie con gli italiani, e restio a farsi fotografare. L’indagine fu archiviata nel 2015, lasciando viva l’ipotesi che Ettore Majorana fosse in vita tra il 1955 e il 1959 e si trovasse in Venezuela.

Elenchiamo alcune essenziali letture per conoscere meglio l’enigmatica figura di Ettore Majorana: i già citati saggi di Leonardo Sciascia “La scomparsa di Majorana” (Adelphi) ed Erasmo Recami “Il caso Majorana” (Di Renzo Editore) e il recente libro-reportage “La seconda vita di Majorana” (Chiarelettere) di Giuseppe Borello, Lorenzo Giroffi e Andrea Sceresini, giornalisti che, propugnando le dichiarazioni di Francesco Fasani, hanno indagato sull’esistenza che il grande fisico avrebbe condotto nel Nuovo Mondo sino alla morte.


Ettore Majorana è tra i personaggi principali del film “I ragazzi di via Panisperna”, diretto nel 1990 da Gianni Amelio. Il lungometraggio abbraccia la tesi secondo la quale Majorana avrebbe pianificato la propria scomparsa perché terrorizzato dai progressi della fisica moderna.

Al grande fisico italiano, infine, è dedicato l’asteroide della fascia principale 29428 Ettoremajorana.


Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.