giovedì 8 ottobre 2020

Vesuvio: cosa succederebbe se il vulcano esplodesse?

 Che il vulcano più pericoloso d’Europa sia solo un gigante dormiente è risaputo. Non è invece ancora chiaro quel che potrebbe accadere se decidesse improvvisamente di riprender vita, generando una vera e propria emergenza Vesuvio. 
O, almeno, quel che è certo è che le popolazioni a ridosso e vicino al cratere rischiano, e moltissimo.

Sono a rischio quasi due milioni di persone. E continuano ad essere registrati terremoti superficiali con ipocentro localizzato lungo il condotto, oltre che in emissioni di fumaroli lungo i fianchi del cono e del cratere.
Il fatto è che quel che non si dice o che i media lasciano in sordina è che, a parere degli esperti, una ripresa dell’attività eruttiva implicherebbe un rapido immediato rilascio di tutta l’energia accumulata.

Vesuvio: uno dei vulcani a maggior rischio nel mondo.

Lo scenario atteso dalle autorità italiane è catastrofico.
Nella fase iniziale dell’eruzione si solleva fino a 15-20 chilometri di altezza una colonna eruttiva composta di gas e frammenti piroclastici, seguita dalla ricaduta a terra di pomici, lapilli e ceneri trasportati dal vento. Il rischio è correlato al carico esercitato dalla coltre piroclastica sui tetti degli edifici di cui provoca eventualmente il crollo, nonché alle difficoltà respiratorie, alla contaminazione delle colture e dell’acqua, alle difficoltà di autorizzare vie di fuga e agli ingorghi stradali. Il territorio che può subire questi fenomeni è indicato come zona gialla. 

Questa zona comprende 96 comuni delle province di Napoli, Avellino, Benevento e Salerno per un totale di circa 1.100 chilometri quadrati e 1.100.000 abitanti ...


Nella fase successiva, la colonna eruttiva collassa producendo colate piroclastiche che possono raggiungere velocità dell’ordine di 100 km/h e un enorme potere distruttivo. 

I modelli fisico-numerici indicano che dal momento del collasso della colonna eruttiva, le colate piroclastiche impiegheranno 5-10 minuti per raggiungere la costa. Il territorio esposto a questo rischio è definito zona rossa, comprende 18 comuni è per un totale di circa 200 chilometri quadrati di estensione e poco meno 600.000 abitanti.

Nella terza fase si possono generare colate di fango anche a distanza di giorni dall’eruzione. I territori soggetti a questo rischio sono indicati come zona blu che include 14 comuni della provincia di Napoli per un totale di 180.000 abitanti. Inoltre, i comuni di Torre del Greco e Trecase, presentano un’elevata pericolosità da invasione di lave pur trovandosi ad una certa distanza dal cratere sommitale».

Gli insediamenti umani sono stati edificati all’interno delle fasce a rischio. 

Questo fenomeno non è mai stato arrestato dal governo italiano e dalle autorità locali. Studi recenti hanno calcolato che nel periodo dal 1951 al 2001, nell’insieme dei 18 comuni considerati “zona rossa” vi è stato un sensibile incremento demografico, pari al 56,3 per cento (da 353.172 a 551.837 abitanti), soprattutto nella fascia costiera. 


Inoltre, vi è stato un aumento della densità abitativa tale da rendere questo comuni tra i più densamente abitati d’Italia, nonché un’esplosa crescita del numero di abitazioni (da 73.141 a 187.407 edifici). 

Nell’ultimo decennio il cancro cementizio ha allungato le sue metastasi senza alcun freno istituzionale.

La riuscita del cosiddetto “piano di emergenza” dipende dalla capacità di prevedere l’eruzione del Vesuvio con sufficiente anticipo. 

In ogni caso, vi è una difficoltà oggettiva, anche se la popolazione fosse adeguatamente pronta e preparata, nell’evacuare una zona densamente abitata come quella vesuviana. 

La strategia di evacuazione è legata ai tempi di previsione: questa è possibile solo tre giorni prima dell’evento, un tempo notoriamente insufficiente ad evacuare da 500 a 600 mila persone.


Infine, i Campi Flegrei (area ad alta densità di residenti) sono un’altra zona campana ad elevatissimo rischio vulcanico. Proprio in loco sono in fase di realizzazione delle sperimentazioni di cui la popolazione locale ed italiana, non è a conoscenza. 
Anche nei Campi Flegrei potrebbero avvenire delle eruzioni esplosive.

La storia recente del Vesuvio

Per la cronaca: durante la seconda guerra mondiale gli anglo-americani oltre che seppellire di bombe numerose città italiane (causando migliaia di vittime civili), hanno addirittura bombardato il suo cono più recente e attivo cresciuto al di sopra di un vulcano più antico conosciuto con il nome di Monte Somma.

Nel 1944 l’ultima eruzione.

Da allora sono stati riconosciuti 18 cicli eruttivi separati da brevi intervalli di stasi inferiori a 7 anni. Gli studi scientifici hanno consentito di accertare che nei periodi di quiescenza, il magma si è accumulato in una camera posta a 5-7 chilometri di profondità.

La domanda resta: cosa accadrebbe se il Vesuvio decidesse improvvisamente di riprendere la sua attività?

Tratto da: www.dailygreen.it


Un piano di evacuazione per 1.155.000 persone

Il piano di evacuazione per 1 milione e 155 mila residenti in caso di eruzione del Vesuvio è stato completato nel 2019 con la firma degli accordi di gemellaggio tra la Campania e le altre regioni italiani a Palazzo Santa Lucia.

Gli abitanti dei 31 Comuni compresi nella zona rossa dell'area vesuviana e dei 7 Comuni dell' area Flegrea (inclusi alcuni quartieri di Napoli) saranno distribuiti nelle Regioni italiane in attuazione del piano della Protezione civile. «È un risultato importante - ha detto il capo Dipartimento di Protezione civile Angelo Borrelli - di questi protocolli si parlava dal 2002 e la pianificazione dell'emergenza Vesuvio è cominciata nel 1984».

Un'esercitazione nazionale sul rischio vulcanico si è svolta nell'area dei Campi Flegrei, dal 16 al 20 ottobre 2019, nell'ambito della settimana di Protezione civile istituita proprio quest'anno. 

«Non è uno scherzo, ma il modo serio di prepararsi ad eventi che possono essere catastrofici - ha detto il presidente della Giunta regionale della Campania, Vincenzo De Luca - i ragazzi devono sapere a memoria che cosa fare in caso di emergenza, conoscere il luogo in cui dovranno recarsi e le modalità per farlo. Va sperimentato un modello organizzativo di evacuazione». «Da Settembre - ha aggiunto De Luca - è partita la campagna di comunicazione che informerà ogni cittadino su dove recarsi in caso di emergenza.

Fonte: www.ilmessaggero.it
Dettagli del piano e gemellaggi: antincendio-italia.it



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