mercoledì 4 marzo 2020

È comprensibile che l'uomo civilizzato voglia sterminare i selvaggi


È più che comprensibile che l'uomo civilizzato voglia sterminare i selvaggi

di Natalino Balasso

L'esistenza del selvaggio gli ricorda infatti che lui deve lavorare quindici giorni per pagare l'affitto di un piccolo appartamento, o dieci, quindici anni per pagarne la proprietà, mentre il selvaggio costruisce la sua casa in due giorni e ne è altrettanto protetto.

L'esistenza del selvaggio gli ricorda che perde i 3/4 della sua giornata ad occuparsi di cose di cui non vorrebbe occuparsi, mentre il selvaggio impiega la maggior parte del suo tempo a oziare e a giocare.

Infine l'uomo civilizzato vive la gran parte della sua vecchiaia malato e triste, mentre il selvaggio vive sano tutta la vita e quando si ammala muore senza lasciare ai suoi figli l'incombenza di un costoso funerale per pagare il quale dovranno impiegare ancora parte del proprio tempo a lavorare.

Una volta eliminati tutti i selvaggi della terra, gli uomini civili potranno dimenticare il paradosso di una cosa che chiamano progresso e che non ha migliorato la loro vita ...



Potranno così consolarsi, come già fanno, dicendo che stanno al caldo, che si spostano facilmente, che comunicano in tempo reale a distanza, che hanno il pronto soccorso e il football.

Ma volutamente dimenticano che potrebbero benissimo campare con dieci gradi di meno e che stare al caldo li fa ammalare, che il più delle volte si spostano per ottenere il denaro che serve a comprare il mezzo con cui si spostano, che comunicano dicendo cose per niente interessanti, che il pronto soccorso, spesso, interviene a curare i danni della loro stessa civiltà, che il football li diverte assai raramente.

L'uomo civile teme di tornare nelle caverne. 

E per questo è disposto a morire di tumore per raffinare idrocarburi, e non si rende conto che ci sono milioni di modi di vivere, che non occorre andare nelle caverne per vivere una vita più sana, che la tecnologia veramente utile non è quella scatoletta a molla che tiene in tasca, che è diventato un piagnone stucchevole pronto a lamentarsi per l'assenza di una connessione di rete che gli serve a sognare ciò che non possiede, e che l'unica strada che ha scelto è lastricata di menzogne che racconta per primo a se stesso.

Fonte: www.facebook.com/natalinobalasz

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