di Ignazio Licata - 04/02/2019
Estratto dall'articolo "Particelle come eventi" di Ignazio Licata tratto da Scienza e Conoscenza 67
In Fisica e oltre. Incontri con i protagonisti (1920-1965) - Werner Heisenberg ricorda una chiacchierata con Einstein: «Mi fece notare che nella mia formulazione matematica era del tutto assente la nozione di “traiettoria dell’elettrone”, che è in realtà un qualcosa di direttamente osservabile in una camera a nebbia.
Gli sembrava assurdo affermare che la traiettoria esistesse nella camera ma non dentro l’atomo. L’idea di traiettoria, dopo tutto, non può dipendere dalle dimensioni dello spazio in cui avvengono i moti dell’elettrone.
Cercai di difendere la mia posizione giustificando con dettagli tecnici la necessità di abbandonare del tutto il concetto nel contesto atomico: in realtà non osserviamo una traiettoria vera, ma registriamo solo le frequenze della luce emessa dall’atomo, le loro intensità e probabilità di transizione, ma non un vero «cammino».
E poiché il principio di razionalità impone di accogliere in una teoria solo le quantità direttamente osservabili, l’idea di traiettoria dell’elettrone non doveva trovarvi posto. Con mia sorpresa, Einstein non fu affatto convinto» ...
In questo breve passaggio ci sono già in luce non soltanto gli aspetti più radicali della frattura tra fisica classica e quantistica (MQ), ma, come deriva culturale, anche una bella fetta delle stranezze, paradossi e magie che abitano gran parte della divulgazione.
È il caso di convenire con Marx che nella storia le cose si presentano la prima volta come tragedia, la seconda come farsa.
Del resto, sembra evidente che una MQ raccontata in termini di “misteriose azioni a distanza” e altri elementi esotici è più vendibile nel supermarket della scienza.
E c’è già una scusante per questo tipo di narrazione: la MQ sarebbe troppo ardua tecnicamente per non far ricorso al paradosso.
In questo caso il paradosso consisterebbe nella contraddizione con il senso comune. Ci chiediamo qui se questo conflitto è davvero necessario, preso atto che è estremamente pericoloso per chi si accosta alla fisica, e proveremo a suggerire un modo di pensare i sistemi quantistici senza “stranezze”.
Per tentare questo esperimento concettuale faremo a meno del formalismo, ma ci rifaremo direttamente a ciò che effettivamente dicono gli assiomi della MQ. In altre parole non abbozzeremo qui un’interpretazione (ce ne sono fin troppe!), piuttosto cercheremo di prendere alla lettera la MQ e trasformeremo in immagini i suoi postulati. Soltanto alla fine indicheremo al lettore in quale misura questo esperimento mentale porti a una estensione della MQ che implica una riflessione sulla nozione di temporalità.
Com’è noto, Einstein aveva portato a compimento la fisica classica: nel teatro di coordinate dello spazio-tempo, campi e particelle modellano il mondo in ossequio a uno stretto determinismo, mitigato dalla complessità degli effetti non-lineari.
Con la Relatività Generale (RG) aveva proposta una teoria metrica della gravitazione che unificava spazio-tempo e materia, stimolando le teorie unificate.
È comprensibile che l’abbandono del concetto di localizzabilità nello spazio-tempo (della posizione di una particella, di un valore di campo) lo rendesse critico nei confronti della nuova fisica, all’affermazione della quale pure aveva dato un importante contributo (fotone, effetto fotoelettrico, calore specifico nei solidi) e del cui valore pratico non dubitava.
Come L. de Broglie non era però intenzionato ad abbandonare la rappresentazione spaziale di oggetti e processi. Per contro Heisenberg, tra i discepoli di Bohr, fu quello che portò alle estreme conseguenze il pensiero del suo maestro e amico. Il pensiero di Bohr è molto sottile, saldamente stratificato attorno ad alcuni cardini, ma diversificato in mille rivoli.
Per questo motivo Bohr resta – per i più – il creatore di un modello semi-classico dell’atomo e del concetto di complementarietà, che per i nostri scopi possiamo qui riassumere dicendo che un sistema quantistico mostra, in relazione all’apparato di misura, aspetti ondulatori e aspetti particellari, non osservabili entrambi in un singolo esperimento.
Così espresso naturalmente appare frustrante sotto almeno tre punti di vista: non ci dice il perché di una situazione così singolare, non offre vie di scampo all’immaginazione e fa aleggiare sull’osservatore l’ombra di un misterioso potere di scelta.
Continua sulla rivista: www.scienzaeconoscenza.it
Articolo precedentemente pubblicato qui il 03/08/2019
Articolo precedentemente pubblicato qui il 03/08/2019
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