studioso neotestamentario
Gesù, Apostoli e santi evangelisti: è possibile stabilire se, secondo la storia, sono esistiti realmente? L’indagine filologica coadiuvata dall’analisi storica comparata riapre il secolare dibattito sull’esistenza storica dei personaggi neotestamentari, proponendosi di stabilire attraverso i moderni metodi di indagine storico/critica l’autenticità dei Vangeli canonici e la modalità della loro costruzione.
Come dimostrano gli odierni strumenti di indagine scientifica, l’analisi storico/critica degli scritti neotestamentari dimostrerebbe non solo l’inattendibilità storica della narrazione evangelica – inattendibilità oramai comunemente accettata anche in ambito accademico – ma anche la sua totale invenzione da parte degli evangelisti, che redassero i loro scritti decine di anni dopo gli accadimenti narrati. I numerosi anacronismi, gli errori storici e legislativi non sono gli unici indizi che inducono lo studioso laico a ritenere non veritiera la narrazione testimoniata dai Vangeli: anche la tardività e la palese autoreferenzialità degli scritti neotestamentari contribuiscono a rendere storicamente inaffidabile tale testimonianza. Poco incoraggianti sono le indagini agli ultravioletti eseguite sul Codex Sinaiticus (il manoscritto biblico, redatto in greco onciale, più antico al mondo) dai Curatori del Dipartimento dei Manoscritti al British Museum, che oltre ad identificare nove differenti redattori, hanno chiaramente dimostrato che gli scritti del Nuovo Testamento furono introdotti nella forma odierna solo in un periodo compreso tra il II e il III sec. d.C. (cfr. Milne H.J.M., Skeat T.C., Scribes and Correctors of the Codex Sinaiticus, British Museum, London, 1938), sebbene il loro nucleo fondamentale sia annoverabile tra la fine del I e la prima metà del II secolo d.C...
Le fonti storiche extratestamentarie racchiudono un ulteriore problema per la comprensione e la ricerca del Gesù storico, o meglio della figura ispiratrice archetipale, che diede origine al mito del Cristo dei Vangeli. In effetti nonostante numerose siano le testimonianze extrabibliche che attesterebbero l’esistenza di una setta cristiana nel II secolo d.C., e nonostante alcune di esse citino un tal “Cristo” che sembrerebbe il promotore di questa nuova filosofia (si vedano Tacito, Annales 15.44; Luciano di Samosata, Morte di Peregrino, XI-XIII; Plinio il Giovane Epistularum, X, 96), numerosi storici sono concordi nel ritenerle una risposta non al Gesù storico, quanto più al messia proposto dai Cristiani del II secolo d.C. (cfr. Meier J. P., Un ebreo marginale, Ripensare il Gesù storico, Queriniana, trad. it. di L. de Santis, Brescia, 2001, Vol. I, pp. 91-93, specialmente 91 e 93; vedi anche p. 99), pertanto non rappresenterebbero una fonte indipendente dai Vangeli. La medesima constatazione è contestualizzabile alle discusse e controverse testimonianze di Gesù (Yeshu) presenti nella Mishnah e nelle varie baraytot della Ghemarah (Talmud Babilonese e Talmud di Gerusalemme).
In realtà queste baraytot sono ampiamente contese anche nel mondo accademico; una posizione radicale è rappresentata per esempio da Johann Maier, il quale sostiene che non solo la Mishnah, ma anche entrambi i Talmud sono privi di qualunque autentica, diretta menzione di Gesù di Nazaret, giungendo alla conclusione che anche il testo originale dei due Talmud mai menziona Gesù di Nazaret; tutti i riferimenti a Gesù sarebbero interpolazioni posteriori inserite nel medioevo (cfr. Johann Maier, Jesus von Nazareth in der talmudischen Überlieferung, (Erträge der Forschung 82), wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt, 1978, vedi in particolare pp. 263-275).
Pur volendo accettare l’autenticità di alcuni scarsi riferimenti a Gesù nel Talmud, bisogna condividere la posizione del grande studioso ebreo Joseph Klausner nel ritenerli di poco valore storico, "poiché essi condividono più la natura di biasimo e di polemica contro il fondatore di un gruppo odiato che non quella di racconti oggettivi di valore storico" (Klausner J., op. cit., pp. 18-19). Inoltre, come nota Klausner, Peraltro il Talmud parla solo raramente di avvenimenti storici del periodo del Secondo Tempio e solo in situazioni particolari e determinate, come omelie o discussioni rabbiniche (cfr. Meier, op. cit., p. 98).
Al medesimo modo anche gli scritti di Qumran non posso rappresentare una prova dell’esistenza o fornirci elementi di conoscenza del Gesù storico, a tal proposito scrive il Meier "Egli [Gesù] non è mai menzionato nei documenti trovati a Qumran o vicino, e il suo atteggiamento disinvolto nei confronti di una più rigorosa interpretazione della legge mosaica è la vera antitesi dei superosservanti di Qumran, che consideravano troppo lassisti perfino i farisei. Tutto questo non ha impedito ad alcuni studiosi fantasiosi di vedere Gesù e Giovanni Battista in certi testi di Qumran (Vedi, per es., Barbara E. Thiering, redating of the teacher of Ringhteousness (Australiand and New Zealand Studies in Theology and Religion 1), Theological Explorations, Sydney 1979, 213-214; Thiering suggerirebbe che Giovanni Battista sia il maestro di Giustizia e Gesù il sacerdote empio). Questo prova semplicemente che una fantasia erudita non ha limiti. Lo stesso si può dire dei tentativi di trovare frammenti di documenti neotestamentari tra i più piccoli ritagli provenienti da Qumran.” (Meier J. P., op. cit., p. 96). Esattamente come per i rotoli di Qumran, anche il materiale di Nag Hammadi non rappresenta una fonte attendibile per il Gesù storico, sia a causa della sua tardività, sia a causa della sua autoreferenzialità a caratteri gnosticizzanti e storicamente incompatibili; peraltro anche la sua indipendenza dai vangeli canonici sarebbe ampiamente discussa in ambito accademico (cfr. Turner H.E.W., The Gospel of Thomas: Its History, Transmission and Sources, in Hugh Montefiore – Turner H.E.W., Thomas and the Evangelists (SBT 35), SCM, London, 1962, 11-39; o anche Grant R., The Secret Sayings of Jesus, 113).
L’unica attestazione – sebbene tardiva – del Gesù neotestamentario sarebbe presente in due passi di Antichità giudaiche, redatte da Giuseppe Flavio, il più accreditato storiografo ebreo del I secolo d.C. Egli citerebbe Gesù in due brani – Antichità giudaiche 18.3.3 e 20.9.1 – identificandolo esplicitamente nel Gesù dei vangeli. Sebbene in seguito a modeste analisi filologiche numerosissimi studiosi accademici si siano iniziati a mobilitarsi a favore dell’autenticità parziale o completa del cosiddetto Testimonium Flavianum, (cfr. Meier J. P., op. cit., p. 63 e segg; Conzelmann, Jesus Christus, Religion in Geschichte und Gegenwart (Tübingen: J. C. B. Mohr [Paul Siebeck]), III, 1959), approfondendo lo studio filologico del brano si giunge alla più probabile conclusione che il Testimonium sia interamente interpolato. In effetti non solo non esiste una sola frase che non sia riconducibile a mano cristiana tramite ferree analisi filologiche, ma la filologia comparata dimostra chiaramente che fu Eusebio di Cesarea, vescovo cristiano, l’interpolatore del brano (il suddetto studio è reperibile nel libro La fine del Cristianesimo di Alessio e Alessandro De Angelis, Uno Editori, Orbassano (TO), 2012, p. 203 e segg). Il secondo brano (Antichità giudaiche 20.9.1) avrebbe invece una diversa spiegazione di origine filologica (Alessio e Alessandro De Angelis, La fine del Cristianesimo, p. 234 e segg.).
Di seguito i video:
Come dimostrano gli odierni strumenti di indagine scientifica, l’analisi storico/critica degli scritti neotestamentari dimostrerebbe non solo l’inattendibilità storica della narrazione evangelica – inattendibilità oramai comunemente accettata anche in ambito accademico – ma anche la sua totale invenzione da parte degli evangelisti, che redassero i loro scritti decine di anni dopo gli accadimenti narrati. I numerosi anacronismi, gli errori storici e legislativi non sono gli unici indizi che inducono lo studioso laico a ritenere non veritiera la narrazione testimoniata dai Vangeli: anche la tardività e la palese autoreferenzialità degli scritti neotestamentari contribuiscono a rendere storicamente inaffidabile tale testimonianza. Poco incoraggianti sono le indagini agli ultravioletti eseguite sul Codex Sinaiticus (il manoscritto biblico, redatto in greco onciale, più antico al mondo) dai Curatori del Dipartimento dei Manoscritti al British Museum, che oltre ad identificare nove differenti redattori, hanno chiaramente dimostrato che gli scritti del Nuovo Testamento furono introdotti nella forma odierna solo in un periodo compreso tra il II e il III sec. d.C. (cfr. Milne H.J.M., Skeat T.C., Scribes and Correctors of the Codex Sinaiticus, British Museum, London, 1938), sebbene il loro nucleo fondamentale sia annoverabile tra la fine del I e la prima metà del II secolo d.C...
Le fonti storiche extratestamentarie racchiudono un ulteriore problema per la comprensione e la ricerca del Gesù storico, o meglio della figura ispiratrice archetipale, che diede origine al mito del Cristo dei Vangeli. In effetti nonostante numerose siano le testimonianze extrabibliche che attesterebbero l’esistenza di una setta cristiana nel II secolo d.C., e nonostante alcune di esse citino un tal “Cristo” che sembrerebbe il promotore di questa nuova filosofia (si vedano Tacito, Annales 15.44; Luciano di Samosata, Morte di Peregrino, XI-XIII; Plinio il Giovane Epistularum, X, 96), numerosi storici sono concordi nel ritenerle una risposta non al Gesù storico, quanto più al messia proposto dai Cristiani del II secolo d.C. (cfr. Meier J. P., Un ebreo marginale, Ripensare il Gesù storico, Queriniana, trad. it. di L. de Santis, Brescia, 2001, Vol. I, pp. 91-93, specialmente 91 e 93; vedi anche p. 99), pertanto non rappresenterebbero una fonte indipendente dai Vangeli. La medesima constatazione è contestualizzabile alle discusse e controverse testimonianze di Gesù (Yeshu) presenti nella Mishnah e nelle varie baraytot della Ghemarah (Talmud Babilonese e Talmud di Gerusalemme).
In realtà queste baraytot sono ampiamente contese anche nel mondo accademico; una posizione radicale è rappresentata per esempio da Johann Maier, il quale sostiene che non solo la Mishnah, ma anche entrambi i Talmud sono privi di qualunque autentica, diretta menzione di Gesù di Nazaret, giungendo alla conclusione che anche il testo originale dei due Talmud mai menziona Gesù di Nazaret; tutti i riferimenti a Gesù sarebbero interpolazioni posteriori inserite nel medioevo (cfr. Johann Maier, Jesus von Nazareth in der talmudischen Überlieferung, (Erträge der Forschung 82), wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt, 1978, vedi in particolare pp. 263-275).
Pur volendo accettare l’autenticità di alcuni scarsi riferimenti a Gesù nel Talmud, bisogna condividere la posizione del grande studioso ebreo Joseph Klausner nel ritenerli di poco valore storico, "poiché essi condividono più la natura di biasimo e di polemica contro il fondatore di un gruppo odiato che non quella di racconti oggettivi di valore storico" (Klausner J., op. cit., pp. 18-19). Inoltre, come nota Klausner, Peraltro il Talmud parla solo raramente di avvenimenti storici del periodo del Secondo Tempio e solo in situazioni particolari e determinate, come omelie o discussioni rabbiniche (cfr. Meier, op. cit., p. 98).
Al medesimo modo anche gli scritti di Qumran non posso rappresentare una prova dell’esistenza o fornirci elementi di conoscenza del Gesù storico, a tal proposito scrive il Meier "Egli [Gesù] non è mai menzionato nei documenti trovati a Qumran o vicino, e il suo atteggiamento disinvolto nei confronti di una più rigorosa interpretazione della legge mosaica è la vera antitesi dei superosservanti di Qumran, che consideravano troppo lassisti perfino i farisei. Tutto questo non ha impedito ad alcuni studiosi fantasiosi di vedere Gesù e Giovanni Battista in certi testi di Qumran (Vedi, per es., Barbara E. Thiering, redating of the teacher of Ringhteousness (Australiand and New Zealand Studies in Theology and Religion 1), Theological Explorations, Sydney 1979, 213-214; Thiering suggerirebbe che Giovanni Battista sia il maestro di Giustizia e Gesù il sacerdote empio). Questo prova semplicemente che una fantasia erudita non ha limiti. Lo stesso si può dire dei tentativi di trovare frammenti di documenti neotestamentari tra i più piccoli ritagli provenienti da Qumran.” (Meier J. P., op. cit., p. 96). Esattamente come per i rotoli di Qumran, anche il materiale di Nag Hammadi non rappresenta una fonte attendibile per il Gesù storico, sia a causa della sua tardività, sia a causa della sua autoreferenzialità a caratteri gnosticizzanti e storicamente incompatibili; peraltro anche la sua indipendenza dai vangeli canonici sarebbe ampiamente discussa in ambito accademico (cfr. Turner H.E.W., The Gospel of Thomas: Its History, Transmission and Sources, in Hugh Montefiore – Turner H.E.W., Thomas and the Evangelists (SBT 35), SCM, London, 1962, 11-39; o anche Grant R., The Secret Sayings of Jesus, 113).
L’unica attestazione – sebbene tardiva – del Gesù neotestamentario sarebbe presente in due passi di Antichità giudaiche, redatte da Giuseppe Flavio, il più accreditato storiografo ebreo del I secolo d.C. Egli citerebbe Gesù in due brani – Antichità giudaiche 18.3.3 e 20.9.1 – identificandolo esplicitamente nel Gesù dei vangeli. Sebbene in seguito a modeste analisi filologiche numerosissimi studiosi accademici si siano iniziati a mobilitarsi a favore dell’autenticità parziale o completa del cosiddetto Testimonium Flavianum, (cfr. Meier J. P., op. cit., p. 63 e segg; Conzelmann, Jesus Christus, Religion in Geschichte und Gegenwart (Tübingen: J. C. B. Mohr [Paul Siebeck]), III, 1959), approfondendo lo studio filologico del brano si giunge alla più probabile conclusione che il Testimonium sia interamente interpolato. In effetti non solo non esiste una sola frase che non sia riconducibile a mano cristiana tramite ferree analisi filologiche, ma la filologia comparata dimostra chiaramente che fu Eusebio di Cesarea, vescovo cristiano, l’interpolatore del brano (il suddetto studio è reperibile nel libro La fine del Cristianesimo di Alessio e Alessandro De Angelis, Uno Editori, Orbassano (TO), 2012, p. 203 e segg). Il secondo brano (Antichità giudaiche 20.9.1) avrebbe invece una diversa spiegazione di origine filologica (Alessio e Alessandro De Angelis, La fine del Cristianesimo, p. 234 e segg.).
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