venerdì 13 aprile 2012

La figura di Yahwèh nella Bibbia


Mauro Biglino 

La storia dell’uomo è da riscrivere e quel poco di autentico che abbiamo è in ogni caso da reinterpretare. 

Nel fare questo bisogna tenere conto della necessità di contestualizzare gli eventi perché, in ordine generale, ogni azione, decisione, reazione, avviene non a caso ma come conseguenza di una causa. 

Insomma, ritengo di potere dire in via preventiva che Yahwèh assumeva certi atteggiamenti perchè i terrestri (in particolare quelli con cui aveva scelto di rapportarsi) a loro volta avevano certi atteggiamenti. 

Lui ripeteva continuamente che erano “gente di dura cervice”: non abbiamo difficoltà ad immaginarlo. Uomini e donne di varia provenienza, abituati a vivere in una sorta di anarchia in cui l’individualismo (o al più l’interesse del ristretto clan familiare) regnava sovrano. Erano normalissimi uomini con tutte le caratteristiche che possiamo immaginare: esseri imperfetti, ingovernabili, malvagi, crudeli, psicopatici, inaffidabili, traditori ecc. ecc... Tutti attributi che in parte abbiamo poi attribuito a Yahwèh, perché così si presenta nella Bibbia. 

Possiamo dire che Lui dopo avere imposto le sue durissime regole ha mantenuto una sorta di coerenza sostanziale: vittima di continui tradimenti di certo non ha mai tradito quel popolo, o quella “schiatta di senza terra”, come li definisce Lia bat Adam. 

Non è riuscito a mantenere le promesse per evidente impossibilità o incapacità, ma non lo possiamo accusare di avere deliberatamente tradito coloro cui si era rivolto per definire un patto, anche se questo termine risulta essere un eufemismo, in quanto si trattava di un rapporto tra un contraente forte che impartiva ordini e un contraente debole che doveva eseguirli, pena la morte..

Ma proprio questo aspetto va sottolineato: l’imposizione di regole era inevitabile in una situazione come quella. 

Dato il materiale umano di cui disponeva e visti gli obiettivi che si era posto (costruire dal nulla un popolo, dargli delle leggi, imporre delle norme capaci di fare da collante e portarlo alla conquista militare di un territorio…) certi metodi erano machiavellicamente inevitabili: a leggere la Bibbia viene da pensare che capissero solo ‘quei’ metodi che prevedevano anche la morte dei ribelli. 

Non penso quindi di attribuirgli a priori una crudeltà personale gratuita tanto più se supponiamo che parliamo di qualcuno che faceva parte di quella razza che ha voluto farci a sua immagine. 

Insegnare ad una umanità priva di freni inibitori, in cui etica e morale erano ancora agli albori, dove il valore della vita era relativo, il furto, l’assassinio, l’impadronirsi con la forza e col sotterfugio delle femmine e della roba altrui, la prevaricazione e la violenza facevano parte del quotidiano, non poteva non prevedere delle azioni violente e delle norme feroci. 

Altri “dèi” ovviamente si occupavano di altri popoli: ciascuno aveva la sua fetta di terrestri e ognuno l’ha gestita come ha creduto giusto e utile in funzione della specifica contingenza in cui si trovava a operare. 

Oggi alla luce dei nostri pseudo principi morali (che da lì comunque sono partiti, almeno per la nostra cultura) consideriamo assolutamente inaccettabile onorare, pregare, amare, un tale essere. 

In realtà non dobbiamo neppure farlo perché non ci è stato chiesto neppure da Lui, non è Lui il Dio universale, non era e non è il Dio di tutti: l’umanità, in senso generale, non era contemplata tra i Suoi interessi. Lui era il governatore di un popolo, quello degli ebrei, e per loro, solo per loro, ha agito; con loro si è scontrato; con loro si è rapportato, sia pure spesso con metodi che, visti oggi, ci paiono inaccettabili. 

Certi comandamenti e certe norme avevano senso in quel contesto, in quel momento, con quella moltitudine di persone che andava irreggimentata o, come dice L. bat Adam, andava formata e modellata in una sorta di “campo di addestramento paramilitare”, quale fu l'accampamento nel deserto dell'Esodo. 

Alla luce dei fatti e della storia il vero, colossale “errore”, causa di una serie di eventi paradossali nella loro violenza e insensatezza, è che quel Libro è stato adattato a forza ad altri credi, con intenti completamente sganciati dallo scopo originale per il quale è stato scritto e tramandato. 

Mi paiono quindi ingiustificate le considerazioni che decontestualizzano le vicende e formulano giudizi su un Yahwèh inteso come entità quasi astratta, avulsa dal territorio e dalla storia in cui ha operato: un atteggiamento culturale che ha generato nei secoli tante drammatiche conseguenze. E ne genera ancora. 

La conoscenza della possibile verità dovrebbe rasserenare gli animi e fare considerare la Bibbia per ciò che è: la storia di un popolo e del suo governatore. 

Una storia sulla quale è quindi inutile che l’umanità continui a dividersi.

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