domenica 28 aprile 2024

Cos'è andato storto?


di Francesco Simoncelli

Un brutto posto è dove siamo diretti. 
Tanto per cominciare cerchiamo di capire come ci arriveremo. 

Il periodo 1950-1980 non ha rappresentato grossi grattacapi in termini di problemi economici, ma poi è arrivato il successivo periodo di 40 anni: l'arco temporale 1980-2020 avrebbe dovuto essere il periodo più ricco della nostra storia, invece s'è rivelato un grande flop. 
Nonostante alcune delle più grandi innovazioni tecnologiche mai realizzate, i tassi di crescita sono diminuiti, i salari reali sono rimasti stagnanti e, secondo quasi tutti i confronti e gli indicatori, le cose sono andate male. “Cosa è andato storto?” è la domanda più importante nell’economia moderna. 
Le banche centrali non hanno stimolato abbastanza l'economia? Gli ultimi 40 anni sono stati il teatro dei più grandi stimoli monetari mai visti. Sfortuna? Dove? Come? Nel XIII secolo la peste colpì l’Europa e sterminò circa un terzo della popolazione; il Covid è stato un lieve fastidio al confronto. Non ci sono state grandi pestilenze negli ultimi 40 anni, nessun vero disastro climatico e nessun meteorite si è schiantato sulla Terra. 
Allora, cosa è andato storto? ...


Un’ipotesi: la maggior parte del progresso degli ultimi 150 anni è venuto da macchine alimentate a combustibili fossili e quella svolta potrebbe aver raggiunto un punto naturale di declino dell’utilità marginale. Avanzamenti tecnologici in termini informatici? 
Certo, ma hanno generato solo guadagni marginali e incrementali.

Ciononostante non spiega ancora il sopraccitato rallentamento e certamente non spiega come i guadagni, così com'è stato, siano finiti maggiormente nelle tasche delle élite. Ed è forse più che una coincidenza che suddetto periodo abbia visto anche un’impennata mozzafiato nel numero delle stesse élite: dottorandi, ingegneri e scienziati, ma anche ingegneri sociali, policymaker e politici. Tutti si sono messi all'opera per cercare di migliorare le condizioni materiali della nostra vita. Hanno fallito tutti? Oppure il peso di così tanti miglioramenti ha trascinato al ribasso l’intera economia?

Una delle caratteristiche più insidiose delle linee di politica statali è che i “miglioramenti” sono ostinatamente duri a scomparire: le guerre vanno avanti per anni – a costi sconcertanti – anche se non c’è alcun guadagno all’orizzonte. Intere carriere vengono spese per combattere la Guerra alla droga, o la Guerra alla povertà, ad esempio, senza alcuna vittoria. Agenzie, progetti, commissioni, dipartimenti... l'elenco si allunga piuttosto che restringersi. I politici annunciano la creazione di una squadra destinata a fronteggiare l'emergenza e ottiene titoli, spazi per uffici e un budget. Dopo un po' non se ne sente più parlare; diventa eterna come il peccato, mentre le luci della ribalta si spostano sulla prossima crociata.

Questa è una caratteristica dello stato e del relativo apparato burocratico. 

Col passare del tempo la palude di programmi inutili, scrocconi, clientelisti e di crociate idiote diventa sempre più profonda. Imprenditori, riformatori e aspiranti innovatori lottano nel fango delle normative e annegano nella melma della politica.


QUANDO LE ÉLITE AL COMANDO RAGGIUNGONO LA DATA DI SCADENZA

Le élite controllano i media e la tendenza, in ogni sistema politico stabile, è quella in cui “la casta politica” manipola le leggi e il governo in modo da aumentare la propria ricchezza e potere. 
Il processo viene interrotto solo da qualche evento importante che le élite non possono controllare. Guerre o rivoluzioni hanno questo effetto – spesso cambiano le persone al vertice della piramide sociale, o le uccidono. Prima della rivoluzione francese, ad esempio, l’aristocrazia si era concessa privilegi esorbitanti – inclusa l’esenzione dalle tasse – permettendole di vivere nel lusso mentre la maggior parte delle persone era sull’orlo della fame. 
Le élite avevano il sistema che volevano e pensavano che sarebbe durato per sempre... solo che poi hanno tagliato loro la testa.

L’altra cosa che può forzare un grande cambiamento è una crisi finanziaria. L’iperinflazione cancella il valore dei crediti esistenti, sconvolge i rapporti tra chi ha/chi non ha e distrugge le promesse e le pretese delle élite. In una democrazia, ad esempio, queste ultime possono ancora promettere ricompense agli elettori, ma ormai la realtà è evidente a tutti: “Non ci sono più i soldi... degli altri”. 
Senza grossi shock, le persone al comando rimangono al comando e continuano a derubare tutti gli altri. I ricchi diventano ancora più ricchi; i poveri diventano (relativamente) più poveri. E il malcontento cresce. 
I 40 anni, dal 1980 al 2020, che avrebbero dovuto essere i più gloriosi della storia umana, si sono trasformati in un periodo sconcertante di patetica sottoperformance.

“Che cosa è andato storto?” è la domanda sul tavolo. 

Eppure gli economisti mainstream non se la pongono mai, perché sollevarla metterebbe in dubbio la loro competenza
Sono stati al posto di guida negli ultimi 40 anni; il fosso in cui si trova ora l'autobus economico è quello in cui hanno contribuito anche loro a farci finire. Fanno parte della “casta politica”, o dell’élite manageriale, che ha guadagnato tanto negli ultimi 40 anni. In Argentina sono loro le persone di cui Milei vuole ridurre la ricchezza e il potere; in confronto la roccia di Sisifo dev'essere stata un gioco da ragazzi.

La storia, quindi, per quanto possa mutare fa sempre rima con sé stessa e il periodo attuale non è diverso: una guerra e una rivoluzione sono in corso e stanno cambiando le componenti al vertice. 

Quando la gestione di un'azienda si rivela incompetente dopo l'ultima promessa di rimettere le cose a posto, non si può far altro che cambiare la classe manageriale e sostituirla con personale competente. I dipendenti nel frattempo soffrono per la mancanza di una guida che porti stabilità e prosperità alla “grande famiglia” dell'azienda e spesso vengono chiamati a compiere sacrifici. 
Ovviamente di durata temporanea. Vi ricorda qualcosa? 

Più che essere andato storto qualcosa, potremmo dire che l'avidità, l'arrivismo e la scarsa competenza di alcuni personaggi nella sfera pubblica hanno accelerato il processo di disintegrazione socioeconomico di cui parlava Mises quando, in Planned Chaos, descrisse la deriva che intraprende la società quando il linguaggio base attraverso il quale parla viene costantemente contaminato: i prezzi.

I PREZZI: CINGHIA DI TRASMISSIONE DEL MALESSERE ECONOMICO

La manomissione delle normali fluttuazioni dei prezzi è portata avanti tramite due fattori principali. 

Il primo è la creazione di denaro, ovvero troppe unità monetarie rispetto ai beni disponibili. Le banche centrali di tutto il mondo hanno inondato il sistema con valuta fiat sin dalla crisi del 2008 e la crisi sanitaria del 2020 ha fatto deragliare ancor di più questa tendenza disastrosa. Gli stimoli monetari e fiscali che hanno caratterizzato quel periodo hanno rappresentato la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. 

L’altra causa principale è la carenza, o l’interruzione, delle risorse chiave, tra cui petrolio ed energia. 
Tenete presente che la guerra in Ucraina ha tagliato fuori l’Occidente da ampie porzioni del mercato russo e la guerra a Gaza ha portato gruppi in Medio Oriente, come gli Houthi, a impedire a una moltitudine di navi mercantili e petroliere di attraversare il Mar Rosso.

Di per sé ciascuno di questi eventi sembra una piccola minaccia per le catene di approvvigionamento mondiali, ma quando si accumulano gli effetti essi diventano dannosi.

Per ora il fattore più importante è l’aumento dei prezzi dell’energia, perché questa è la risorsa chiave che consente a tutta l’agricoltura e al settore manifatturiero di funzionare. Ogni volta che i prezzi del petrolio aumentano, vedrete aumentare i prezzi di tutto il resto. 

Questo è il motivo esatto per cui l’amministrazione Biden ha continuato a vendere sul mercato le riserve petrolifere strategiche negli ultimi due anni. Era il loro modo di abbassare i prezzi del petrolio al fine di mitigare o nascondere gli effetti maggiori dell’inflazione. Ora che tali riserve devono essere ricostruite e il petrolio acquistato (a un prezzo molto più alto), i prezzi mondiali dell'oro nero, e i prezzi al consumo in particolare, si stanno nuovamente impennando.

Finora infatti i prezzi alimentari hanno mostrato un aumento a doppia cifra e anche se l’IPC fa registrare un “rallentamento” dell’inflazione complessiva, ciò non significa che i prezzi scenderanno tanto presto. Quando i media generalisti pubblicizzano un ribasso nell'indice dei prezzi al consumo, quello che di solito non menzionano è che tale statistica rappresenta solo l’aumento dei prezzi: un IPC più basso non significa che i costi delle cose sugli scaffali scenderanno. 

L’inflazione dei prezzi è cumulativa. Ciò significa che l’aumento dei prezzi alimentari non scomparirà, solo che non sta aumentando tanto velocemente come prima. Non è un caso, poi, trovare articoli sul Corriere come questo in cui la colpa viene addossata principalmente “all’avidità”: le aziende fanno pagare troppo i prodotti alimentari. 

In altre parole, dare la colpa alle imprese e lasciare fuori del tutto banca centrale e stato. Finora non ci sono prove concrete a sostegno della cosiddetta Greedflation. Ogni azienda ha spese uniche, spese generali uniche, costi industriali unici, controllo di qualità unico e costi delle risorse unici; i profitti di un’azienda saranno diversi da quelli di un’altra azienda. 
Detto questo, ci sono costi universali che sono direttamente correlati all’aumento dei prezzi, indipendentemente dall’azienda, e che includono energia, manodopera e materie prime ...

L'articolo completo qui: www.francescosimoncelli.com


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