martedì 5 novembre 2024

Venere, un pianeta infernale, ma potrebbero esserci tracce di vita nelle nuvole?

L'atmosfera di Venere potrebbe ospitare tracce di vita? 

Nuove scoperte riaccendono il dibattito. 

Durante un convegno di astronomia nel Regno Unito, alcuni scienziati hanno annunciato di aver rilevato tracce di ammoniaca nelle nubi che avvolgono il bollente pianeta. Sulla Terra, questo gas è principalmente prodotto da attività biologiche. 

Un altro team ha invece presentato nuove evidenze a sostegno della presenza di fosfina, un composto già individuato nel 2020 e considerato un possibile indicatore di vita.
 
Questa scoperta aveva suscitato un acceso dibattito nella comunità scientifica ...

Mentre la superficie di Venere è ora abbastanza calda da fondere il piombo, le nubi che turbinano a 48,2803 km sopra la sua superficie sperimentano temperature e livelli di pressione molto più miti, non molto diversi da quelli riscontrati sulla Terra. Immagine illustrativa.

Un pianeta infernale con un passato diverso?

Sebbene Venere sia noto per le sue temperature estreme e l'atmosfera densa, alcuni ricercatori ipotizzano che in un lontano passato il pianeta possa aver attraversato una fase più favorevole alla vita.

Il dottor Dave Clements dell'Imperial College di Londra suggerisce: "Se Venere ha avuto un periodo caldo e umido in passato, quando è iniziato il surriscaldamento globale la vita potrebbe essersi adattata all'unico ambiente rimasto abitabile: le nubi".

Infatti, mentre la superficie di Venere è abbastanza calda da fondere il piombo, le nubi a circa 50 km di altezza hanno temperature e pressioni molto più clementi, non dissimili da quelle terrestri.

Il mistero della fosfina

La fosfina è considerata un potenziale "biosegnale", poiché sulla Terra è prodotta principalmente da batteri in ambienti privi di ossigeno. Tuttavia, la sua effettiva presenza su Venere è ancora oggetto di discussione.

Nel 2020, un team guidato da Jane Greaves dell'Università di Cardiff aveva annunciato la scoperta di significative quantità di fosfina, suscitando grande interesse. Successivamente, altri ricercatori avevano messo in dubbio questi risultati.

La professoressa Greaves e i suoi colleghi hanno continuato a studiare il fenomeno, utilizzando il telescopio James Clerk Maxwell alle Hawaii. "I nostri risultati suggeriscono che quando l'atmosfera è esposta alla luce solare, la fosfina viene distrutta", ha spiegato Greaves. "Tutto ciò che possiamo dire è che la fosfina è presente. Non sappiamo cosa la produca."
Prospettive future

Gli scienziati sono cauti nell'interpretare questi dati come prova definitiva di vita su Venere. Sono necessarie ulteriori ricerche per comprendere appieno questi fenomeni.

Fortunatamente, nuove missioni spaziali potrebbero fornire risposte più concrete. L'Agenzia Spaziale Europea ha recentemente approvato la missione Envision, progettata per studiare l'atmosfera interna ed esterna di Venere.
La superficie di Venere a colori, fotografata in immagini composite dal lander sovietico Venera 13. © Venera team/Don P. Mitchell

I sovietici furono i primi ad atterrare sulla superficie di venere

I primi in ordine di tempo a interessarsi a Venere furono i sovietici, che tra il 1961 e il 1984 spedirono in direzione del pianeta almeno 18 sonde (la NASA inviò su Venere due sonde Pioneer Venus nel 1978). 

 Come racconta un articolo sul New York Times, dopo aver assistito inermi alla distruzione di una serie di veicoli spaziali, schiacciati come lattine dall'elevatissima pressione atmosferica al suolo di Venere, i russi concepirono lander del peso di diverse tonnellate, corazzati come sottomarini, ideati per schiantarsi al suolo e raccogliere dati prima di soccombere.

Il primo atterraggio con successo fu effettuato da Venera 7 il 15 dicembre 1970 (progettata per resistere fino a 180 bar pari a circa 177 atmosfere), trasmettendo dati sulla temperatura per 23 minuti (da 455 °C a 475 °C) mentre Venera 8 atterrò il 22 luglio 1972, mostrando che le nubi del pianeta formavano uno strato che terminava 22 miglia sopra la superficie e analizzando la composizione chimica della crosta attraverso uno spettrometro a raggi gamma.

Nel 1985, sfruttando l'opportunità di combinare una missione su Venere con il passaggio della cometa di Halley, furono lanciate due sonde Vega chiamate Vega 1 e Vega 2 che giunsero sul pianeta l'11 giugno e il 15 giugno 1985 e lanciarono un pallone ad elio ad una altezza di 50 km dalla superficie (dove la temperatura e la pressione erano comparabili a quelle della superficie terrestre) per studiare la dinamica della parte più attiva dell'atmosfera venusiana.
I palloni fluttuarono ad una altezza di 53 km circa per 46 e 60 ore rispettivamente, viaggiando per circa un terzo del pianeta e misurando la velocità dei venti, la temperatura, la pressione e la densità delle nubi. Venne scoperta una maggiore turbolenza e attività convettiva rispetto a quella prevista.[4] Le sonde Vega continuarono la missione raggiungendo la cometa di Halley nove mesi dopo.


Immagine illustrativa

Anche la NASA ha progetti di esplorazione 
dell'atmosfera di Venere

Nella parte più alta suo strato nuvoloso, l'ambiente è più simile a quello terrestre. Ci sono molte idee per formare “città sulle nuvole” su Venere.
Non è necessario costruire un’intera città per ospitare questi sensori, ma un pallone ad alta quota potrebbe essere quello che fa al caso nostro. Risolverebbe una delle sfide più difficili per l’esplorazione di Venere: costruire qualcosa che possa sopravvivere sulla sua superficie. (
www.passioneastronomia.it)

Immagine illustrativa

Ma probabilmente non bastano le temperature favorevoli: le nuvole di Venere sono troppo asciutte e troppo acide anche per sostenere forme di vita estreme.


Gli scienziati hanno infatti calcolato che l'atmosfera di Venere avrebbe un'umidità relativa dello 0,4%, oltre 100 volte inferiore a quella minima tollerata da un qualunque organismo terrestre.

Anche volendo essere ottimisti, e immaginando che i venusiani abbiano evoluto metodi per estrarre l'acqua dalla rarefatta atmosfera, il grosso problema sarebbe l'acido solforico, che costituirebbe il 78% del peso delle goccioline di cui sono formate le nuvole di Venere. Si capisce che di acqua ne resterebbe ben poca. (Leggere qui)


I progetti russi con la sonda Venera-D

L’agenzia spaziale russa Roscosmos ha iniziato già da tempo il progetto di una sonda interplanetaria, chiamata Venera-D, con l’obbiettivo di raggiungere il suolo di Venere

A rendere noto il ritorno sul pianeta, 38 anni dopo gli ultimi orbiter Venera 13 e 14, è il fisico Lev Zeliony, direttore scientifico dell’Istituto di Scienza, Ricerca Spaziale dell’Accademia Russa delle Scienze. 
“La realizzazione del progetto ha già avuto inizio“, ​​ha dichiarato Zeliony all’agenzia TASS. Saranno necessari due anni per completare il progetto della stazione ed entro il 2029, assicurano gli scienziati russi, il primo dispositivo partirà per Venere.

Tra gli obbiettivi di Roscosmos c’è anche il prelievo di campioni di minerali venusiani da riportare sulla Terra, dopo una prima fase di studio della superficie del pianeta.
La missione su Venere prevede l’invio di almeno tre dispositivi per studiare il pianeta, di cui Venera-D sarà il primo. 
Se l’ambizioso progetto dell’agenzia spaziale russa dovesse realizzarsi, sarebbe la prima missione della Russia a raggiungere Venere dai tempi dell’Unione Sovietica.

Staremo a vedere ..



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