mercoledì 3 aprile 2024

Indebitarsi per curarsi: così hanno ridotto la sanità pubblica italiana

Indebitarsi per curarsi. Ma la sanità non era un diritto, oltre che un servizio pubblico cui contribuiamo con le nostre tasse? 

A giudicare dalle liste d’attesa sempre più lunghe che costringono i cittadini a rivolgersi al privato, mettendo mano al portafoglio, la risposta è no.

L’allarme arriva in particolare da Emilia Romagna e Piemonte. 

Secondo un’analisi condotta da Facile.it e Prestiti.it, entrambi portali specializzati nel settore prestiti, nel 2023 le richieste di finanziamento personali degli emiliano romagnoli per sostenere spese mediche hanno rappresentato il 4,4% del totale dei finanziamenti richiesti nella regione, per una media di circa 6mila euro a testa. 

Il 24,5% delle richieste arriva da persone con età compresa tra i 45-54 anni, seguiti dalla fascia 35-44 che rappresentano il 22,1% dei richiedenti, per finire con i 55-64enni, che sono il 20,2% dei richiedenti ...


C’è chi rinuncia alle cure trovandosi in stato di indigenza economica”, scrive in un comunicato stampa Gianluca Giuliano, segretario nazionale della UGL Salute. “9 mesi per una visita cardiologica a Torino” scrive ancora, “8 mesi a Roma per una risonanza magnetica. Sono due dati campione che dimostrano come il sistema sia in corto circuito”.

Non va meglio in Piemonte, dove il vicepresidente pd in Consiglio Regionale Daniele Valle denuncia tempi di attesa di anche un anno per visite specialistiche di varia natura, nonostante i fondi erogati dal Governo.

Dalla Lombardia arriva l’annuncio di Guido Bertolaso, assessore al Welfare, che partirà alla volta del Sud America, in particolare Argentina e Paraguay nella speranza di riportare con sé 400\500 infermieri da inserire nel tessuto sanitario regionale almeno per i prossimi 5 anni, in accordo con le autorità locali. Anche perché ormai è un trend ben consolidato, quello che vede infermieri e sanitari italiani fuggire all’estero alla ricerca di condizioni migliori.

Il Governo però ci prova a mettere una toppa su una falla aperta da decenni di tagli e mala gestione sanitaria. È in arrivo infatti un decreto legge con cui si dovrebbe lanciare un piano straordinario del valore di 600milioni l’anno, per tentare di accorciare le liste d’attesa.

I fondi serviranno per pagare il lavoro extra dei sanitari, ma anche per acquistare le prestazioni dalle strutture private se gli ospedali pubblici non dovessero farcela. Diversamente dal passato, i fondi non verranno dati alle Regioni ma distribuiti direttamente alle Asl dove le liste d’attesa sono più lunghe, previo attento monitoraggio.

Si lavorerà anche all’unificazione delle agende delle prenotazioni tra ospedali pubblici e privati convenzionati e poi nel medio e lungo periodo l’obiettivo è lavorare sulla cosiddetta “appropriatezza prescrittiva”.

Spesso infatti i medici prescrivono esami e visite in più per tutelarsi anche quando non sono necessarie, cosa che contribuirebbe ad aumentare le liste d’attesa.

Così si è pensato di affidare all’Istituto superiore di Sanità il compito di definire le linee guida sui percorsi di cura in cui saranno definite le prestazioni da prescrivere per evitare sprechi. Speriamo tuttavia che non sia l’occasione per tagliare ancora di più su prestazioni che potrebbero essere dirimenti per la salute del cittadino.

Fonte: www.byoblu.com


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