sabato 25 ottobre 2025

Protocollo SETI 2025 — il passaggio da “collaborazione libera” a “gestione controllata”


Il protocollo SETI (Search for Extraterrestrial Intelligence) è un processo standardizzato internazionale che delinea i passaggi da seguire in caso di rilevamento di un segnale potenzialmente extraterrestre.

La procedura prevede che l'osservatorio che rileva il segnale lo comunichi ad altri osservatori per confermare la sua natura aliena. 

In caso di conferma, l'informazione andrebbe inoltrata a organizzazioni scientifiche come l'Ufficio Telegrammi Astronomici dell'Unione Astronomica Internazionale, al Segretario Generale dell'ONU, alle agenzie spaziali e ai principali organismi di telecomunicazioni.

Il primo protocollo è stato formulato nel 1989, con un lieve aggiornamento nel 2010.
L'ultimo è stato rilasciato pochi giorni fa..

Perché proprio oggi, nel 2025, dopo 15 anni di silenzio? E' soltanto un caso?

Partiamo dall'inizio.. 

Con “protocollo SETI” si intende generalmente la Declaration of Principles Concerning Activities Following the Detection of Extraterrestrial Intelligence, adottata nel 1989 dall’International Academy of Astronautics (IAA). 

Questa dichiarazione è un insieme di linee guida volontarie — non obbligatorie — per il comportamento della comunità scientifica e delle istituzioni qualora venisse rilevato un segnale o un’evidenza di intelligenza extraterrestre. 

Il protocollo del 1989 nasceva in un’epoca in cui la comunità SETI era ristretta, accademica, e relativamente autonoma.

Pur raccomandando prudenza e verifica, lasciava molto spazio all’iniziativa individuale o di piccoli gruppi: in caso di rilevamento, si chiedeva semplicemente di coordinarsi e condividere le informazioni prima di un annuncio pubblico.

La “non risposta” era una raccomandazione etica, non un divieto operativo.

Nella bozza di pochi giorni fa (16/10/2025), il tono cambia sensibilmente.

Pur mantenendo l’ispirazione “umanitaria e cooperativa”, emerge con chiarezza un nuovo asse: controllo istituzionale, gestione centralizzata e limitazione delle libertà d’azione dei singoli.

In pratica: non solo prudenza, ma procedura.

Ecco i punti centrali di questo spostamento.

1 - Divieto esplicito di risposta autonoma

È la novità più netta e simbolica.

Dove prima si parlava di “non rispondere fino a consultazioni internazionali”, ora si legge che nessuna risposta potrà essere inviata da individui o gruppi privati, in nessun caso, fino a decisione e autorizzazione esplicita da parte di un consesso internazionale riconosciuto (ONU o organismo equivalente). 

Questo non è più un consiglio etico, ma un principio operativo:
No reply shall be sent to any source of extraterrestrial signal or message without prior authorization following international consultation and agreement.”
L’intento dichiarato è evitare azioni impulsive o “messaggi a nome dell’umanità” inviati da singoli — ma di fatto istituisce un monopolio decisionale globale su ogni eventuale comunicazione con intelligenze non terrestri.

2 - Centralizzazione della gestione e dell’informazione

Altro passaggio cruciale: il draft 2025 prevede che la gestione di un evento post-detection — dai dati all’annuncio pubblico — debba avvenire solo attraverso enti riconosciuti, come l’IAA, l’ONU, o un gruppo internazionale di coordinamento.

Chi rileva un segnale non è più libero di comunicarlo autonomamente, ma deve: 

- segnalare la scoperta a un centro di coordinamento,
- attendere la verifica da parte di altri osservatori accreditati,
- non divulgare nulla fino a conferma e validazione ufficiale.


Il testo prevede anche la creazione (o designazione) di un “Post-Detection Coordination Committee”, che gestisca comunicazione, verifiche, e protocolli di sicurezza.
In sintesi, il potere di decidere cosa dire, quando dirlo e come dirlo non è più dei ricercatori, ma di un organo centrale.

3 - Limitazione dell’iniziativa individuale o privata

Un’altra implicazione importante: oggi chiunque può avere un radiotelescopio o un sistema di ricezione sofisticato (non più solo le grandi istituzioni).

Il nuovo testo tiene conto di questa democratizzazione tecnologica, ma la incanala:

- chiunque rilevi qualcosa è moralmente (e implicitamente operativamente) obbligato a non divulgare pubblicamente i dati fino a conferme ufficiali;

- la “collaborazione indipendente” rimane permessa solo per verifica scientifica, non per comunicazione o interpretazione pubblica.

L’effetto è quello di ridurre il margine d’azione dei ricercatori amatoriali, privati, o di piccoli centri indipendenti.

La logica è quella della catena di comando: segnale → verifica → autorità → comunicazione.

4 - Protezione dei ricercatori (ma anche controllo dei flussi informativi)

Sotto il titolo della “protezione”, il documento introduce in realtà un livello ulteriore di controllo.

La protezione da disinformazione, trolling o campagne mediatiche è reale e necessaria — ma implica anche che la comunicazione sia gestita da portavoce autorizzati e che i dati sensibili non siano diffusi liberamente.

Il principio è: meglio centralizzare che rischiare caos.

In pratica, un singolo scienziato che volesse annunciare qualcosa autonomamente verrebbe dissuaso, se non bloccato, dal protocollo.

Una misura prudente, certo, ma che segna un cambiamento culturale: dal “diritto di scoprire” al “diritto di comunicare controllato”.

5 - L’idea di “documento vivente” — flessibile ma sempre sorvegliato

Infine, il fatto che il protocollo sia dichiarato “living document” non significa libertà: al contrario, è una flessibilità interna al sistema, cioè controllata dall’alto.

Il documento sarà aggiornato da gruppi tecnici e comitati approvati, non da iniziative spontanee.

È un modello simile a quello delle norme internazionali: modificabile, sì, ma solo da chi ne detiene la legittimità.

Il protocollo 2025 segna, in sostanza, la transizione da un’etica di cooperazione aperta a una struttura quasi normativa.

Non vieta la ricerca — ma norma la comunicazione.

Non impedisce di scoprire — ma centralizza il diritto di parlare.

Il linguaggio è ancora quello della prudenza scientifica, ma la sostanza è una gerarchia dell’informazione: chi capta, segnala; chi governa, decide.

Il passaggio di 3I/Atlas: coincidenza temporale?

Questa coincidenza temporale fa drizzare un po’ le antenne: da un lato un aggiornamento ufficiale del protocollo SETI — cosa rarissima e che arriva dopo 15 anni di silenzio — e dall’altro la cometa 3I/Atlas, oggetto interstellare come ‘Oumuamua e Borisov, che torna a far parlare di sé proprio ora.

Ora, probabilmente è davvero una coincidenza, ma è comunque suggestivo notare che entrambi gli eventi — l’oggetto interstellare e la revisione del protocollo per “eventuali contatti” — ruotano intorno allo stesso tema: l’interazione con ciò che viene da fuori del nostro sistema.

Conclusione

La nuova versione del protocollo SETI solleva una domanda più ampia e tutt’altro che accademica: a chi appartiene la voce dell’umanità?

Il rafforzamento del divieto di risposta e la centralizzazione della gestione appaiono, a prima vista, come misure di prudenza: un modo per evitare che l’entusiasmo o l’improvvisazione portino a comunicazioni maldestre, magari compromettendo un momento storico irripetibile.

In un mondo iperconnesso, dove un tweet può diventare notizia planetaria in minuti, la cautela è senz’altro giustificata.

Ma al di sotto di questa prudenza tecnica si intravede un secondo livello, più politico: chi controlla il flusso dell’informazione controlla anche il significato dell’evento.

Stabilire chi può parlare, cosa può essere detto e quando può esserlo significa anche definire come l’umanità percepirà un eventuale contatto.

Da strumento di coordinamento scientifico, il protocollo diventa così — almeno potenzialmente — uno strumento di gestione narrativa globale.

In questo senso, le nuove norme riflettono la tensione del nostro tempo: da una parte la necessità di cooperazione internazionale e responsabilità collettiva, dall’altra la crescente tendenza a centralizzare il sapere e a limitare l’autonomia dei singoli attori.

Il rischio, anche se non dichiarato, è che la “prudenza” si trasformi in custodia del messaggio — e che la “voce dell’umanità” diventi prerogativa di pochi.

Riferimenti:

Protocolli di post-rilevamento SETI: progressi verso una nuova versione

https://www.arxiv.org/pdf/2510.14506 (PDF completo della bozza)


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