sabato 5 aprile 2025

Maschere

 La prima maschera me l’hanno regalata i miei genitori quando ero piccolo, si chiama Non Piangere. La uso ancora.

La seconda maschera serve a nascondere la vergogna. Ce l’ho allacciata alla nuca con tanti di quei nodi che pare saldata.

La terza maschera è omologata. Si può comprare, costa poco, ce l’hanno tutti. È una maschera fatta di serie tv, libri letti, cose viste e sentite. Si toglie e si mette facile. Quando esce un modello nuovo la butto e la cambio.

La quarta maschera fa ridere solo a guardarla. L’ho messa un giorno, è piaciuta e non l’ho tolta più.

La quinta maschera ha una faccia incazzata. La uso ai semafori, sui social, per menare per primo e menare due volte. Da un po’ di tempo la metto sempre più spesso.

La sesta maschera si chiama Sto Bene. Anche se leggera, ha un sorprendente potere contenitivo ...


La settima maschera è composta da tante responsabilità incollate fra loro a formare un’espressione di vaga consapevolezza, è la mia maschera da adulto. Col caldo, perde pezzi.

All’ottava maschera ho insegnato a pronunciare “ti amo”. Mi basta metterla per dirlo e farlo sembrare vero.

Sulla nona maschera ci ho lavorato un sacco e ho dovuto scartare una marea di prototipi, ma adesso funziona. Adesso piace proprio a tutti.

La decima maschera è uno specchio, asseconda pregiudizi e alimenta stereotipi. La uso per fare amicizia.

L’undicesima sembra me in tutto e per tutto tranne per un paio di particolari fondamentali. Ne vado molto fiero. La tiro fuori quando qualcuno mi chiede di fargli vedere il vero Nicolò.

La dodicesima è solo ansia, migliaia di insetti ronzanti e brulicanti sopra quella che credo sia carne marcia. Non l’ho fatta io, un giorno semplicemente mi è caduta addosso.

La tredicesima è composta di fatture, di codici, di username, di caffè alla macchinetta e di professionalità. È la maschera del lavoro. Ha l’espressione di chi sa esattamente cosa sta facendo.

La quattordicesima è contorta in un urlo perpetuo. La metto sempre sotto alla tredicesima.

La quindicesima è uno dei pezzi più rari, difficilissima da fabbricare. Se la metto provo vergogna per la mia felicità.

La sedicesima è bianca e pulita come un osso spolpato. Ci copro tutte le cose che non dico.

La diciassettesima è di pelle e serve per il sesso. Non l’ho assemblata io. Me l’hanno messa addosso i porno.

La diciottesima è molto utile, serve per farmi i cazzi miei. La metto e fa tutto lei, risponde, domanda, ride nei momenti giusti. Intanto dietro io sbrigo altre faccende.

La diciannovesima è la porta di un caveau e pesa cento tonnellate. Tiene dentro un paio di paure e qualche dolore. Neanche volendo saprei come toglierla.

La ventesima è vuota e terrificante. Non la metto mai, ma c'è.


Ogni tanto penso che da qualche parte, sotto tutte queste maschere ci dovrei essere io. 
Poi cambio maschera e il pensiero scompare.

Nicolò Targhetta


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