- Ciao.
- Ciao.
- Come va?
- Tutto bene*.
- Cos’è?
- Cos'è cosa?
- Quella cosa che hai sopra il…
- Sopra il?
- Boh, magari ho visto male io. Comunque tutto a posto?
- Sì, sì, t'ho detto che sto bene*.
- Sicuro?
- Sicurissimo.
- Guarda che non c’è mica niente di male a parlare.
- Si può sapere che hai?
- No, scusa è che è strano…
- Cosa è strano?
- C’è qualcosa che non… dillo di nuovo. Di' che stai bene.
- Ciao.
- Come va?
- Tutto bene*.
- Cos’è?
- Cos'è cosa?
- Quella cosa che hai sopra il…
- Sopra il?
- Boh, magari ho visto male io. Comunque tutto a posto?
- Sì, sì, t'ho detto che sto bene*.
- Sicuro?
- Sicurissimo.
- Guarda che non c’è mica niente di male a parlare.
- Si può sapere che hai?
- No, scusa è che è strano…
- Cosa è strano?
- C’è qualcosa che non… dillo di nuovo. Di' che stai bene.
- Esatto, la vedi? C’hai come una… una cosa che… come faccio a spiegartelo… è come se… tu sei sicuro di star bene?
- Oh che palle. Come te lo devo dire? Sto bene*. Sto benissimo*.
- Eccola di nuovo!
- Ma cosa?
- Una specie di… non so. Probabilmente mi sbaglio.
- Ecco, ti sbagli.
- Me lo diresti se ci fosse qualcosa?
- Certo*.
* Sto bene. Davvero, sto bene. Tant’è che ogni giorno mi sveglio e faccio delle cose per non destare sospetti, come tutti quelli che stanno bene. Alcune per sentirmi meno in colpa, altre perché c’è sopra un’etichetta con scritto "divertente", solo che… be’, da un po’ non riesco né divertirmi, né a sentirmi meno in colpa. E vado a dormire sempre più tardi, perché non voglio che cominci domani.
Non è depressione, so com’è la depressione, sono stato depresso, c'ho vinto anche dei tornei. Questo è più il fondo del tubetto di ketchup della depressione, una depressione light, ipocalorica. Sarà per questo che non ne riesco a parlare, che me ne vergogno. Perché mi sembra stupida, e non voglio farti perdere tempo con una depressione al kamut.
D’altra parte è da un po’ che non riesco a dire niente di vero alle persone a cui voglio bene e mi sento solo anche quando sto con me. La cosa mi scoccia un po' visto che ero il mio migliore amico.
Mi sono sempre sentito alla deriva nella vita, ma adesso non ne vado più orgoglioso e ho la sensazione che ci potrebbe essere solo mare in tutte le direzioni. È una sensazione che mi fa paura, ma poi mi accorgo che anche la paura, quando mi raggiunge, mi trova tiepido. Nel dubbio cerco di non guardare avanti e vivo tenendo gli occhi fissi sul marciapiede, sperando di non venire investito quando attraverso la strada. Una strategia che, a lungo termine, potrebbe crearmi qualche problema.
Sto bene, anche se ho trentotto anni e tutto mi fa sentire inadeguato, dal mio dentista alle pubblicità della Diesel. Io e la vita siamo alla stessa festa, ma non ci parliamo e quando lo facciamo siamo così formali che mi scappa da ridere. Ma rido sempre da solo. Come un deficiente.
Così mi concentro sulle piccole rogne. Son quelle che più mi spaventano. Penso a quando i miei genitori moriranno, ci saranno tante carte? Tanti documenti da sbrigare, tante questioni da risolvere, tante responsabilità? Con chi parlerò? Chi mi consiglierà cosa fare? Non posso certo consigliarmi da solo.
A proposito di responsabilità, inizio a intuire con puntuale ritardo che la più importante di tutte ha a che fare con la propria felicità. E io, mi pare evidente, sta responsabilità di rendermi felice non me la so prendere.
Certe volte mi sento un anacoluto vivente, una mezza intuizione sospesa e poi sfuggita di mente, una cosa che c’avevo qui sulla punta della lingua e ti giuro, davvero, era importante, ma adesso proprio non mi viene. Ma sto bene.
Certo, non credo di stare più bene-bene da quando ho scoperto che Babbo Natale è una carta di credito, ma non credo neppure di stare male. Temo invece di essere intrappolato nel mezzo, schiacciato pian piano dalla banalità delle mie ansie e la mediocrità delle mie soddisfazioni.
Perciò, quando mi chiedi se sto bene, ti dico che sto bene perché è vero, è così, perché nel mondo in cui vivo stare bene ha come requisito fondamentale quello di non stare male. E io, te l'ho detto, male non sto. Lo giuro.
Anche se…
Anche se c’è un posto dentro di me. Un posto dentro di me dove non vado più. Però conosco a memoria la strada.
Ma sto bene. Davvero. Magari in ritardo per tutto, magari con meno aria nelle bombole del previsto, ma ho fatto i calcoli e ce la dovrei fare. Se vado sempre dritto e tengo gli occhi bassi e sto attento a cosa sogno e respiro piano e stringo i denti ed evito di tornare in quel posto dentro di me, anche se conosco a memoria la strada, magari.
Magari ne trovo un altro di posto. Che ne sai? Un posto mio. Perché tutti trovano il posto loro, no? La propria dimensione. O tutti o nessuno. Altrimenti è ingiusto. Però se è nessuno, perché nessuno lo dice? Vorrei essere il primo a dirtelo che non lo trovo e non lo troverò, ma non ce la faccio. Non mi esce di bocca. E sto qua e ti guardo e ti parlo per riempire i grandi spazi fra una cosa che non riesco a dirti e l'altra.
Non voglio frignarti addosso le mie debolezze. Sto bene e non so se troverò mai il coraggio di dirti il contrario.
Sto bene. Solo questo. E se c’è un asterisco mi dispiace, ma io non riesco più a vederlo.
Lo puoi vedere solo tu.
Nicolò Targhetta
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