giovedì 20 gennaio 2022

Di cosa parliamo quando parliamo di vaccini?

 
L’intervista al dottor Gianni Gentilini: la Tragedia degli inganni

di Simona Maria Frigerio

Il Comitato Internazionale per l’Etica della Biomedicina (CIEB) ha pubblicato, il 10 gennaio corso, un Parere sull’eticità e la trasparenza della comunicazione scientifico-sanitaria e sui doveri del giornalista nel quadro dell’emergenza Covid*, in cui si accusa parte della stampa italiana non solamente di “sensazionalismo” ma altresì di “marginalizzazione delle opinioni scientifiche e politiche minoritarie o dissenzienti” (oltre a denunciare l’elargizione di una serie di fondi governativi a favore della stampa italiana, considerandoli contrari alle norme europee). 

Nello stesso Parere – rivolto alla Commissione Europea, al Governo italiano e all’Ordine dei giornalisti – si ricorda anche ai medici “Il principio del consenso informato” (che non si comprende come possa essere rispettato di fronte a un obbligo di Legge come quello per gli over 50) e che: “la disciplina del controverso ‘scudo penale’ certamente non esime il medico/sperimentatore dalla responsabilità di natura civile che potrebbe derivare dal contenzioso destinato a essere dischiuso dalla cosiddetta campagna vaccinale anti-Covid”. 

L’informazione (giornalistica e medica) completa è, quindi, indispensabile ai cittadini non solamente per formarsi un’opinione a livello politico ed esercitare conseguentemente il diritto al voto in piena coscienza ma, nel caso si tratti di salute personale e collettiva, per assumere atteggiamenti responsabili e scegliere quali terapie accettare o meno per il proprio corpo ...


Dopo mesi di disinformazione o informazione (volutamente?) di parte, arrivano conferme sulle posizioni critiche assunte da alcuni – pochi – medici e ricercatori (spesso ostracizzati e, nel caso italiano, anche sospesi dall’Ordine). 

Proprio l’11 gennaio il capo della strategia vaccinale dell’Ema, Marco Cavaleri, ha affermato – apprendiamo a mezzo stampa – quanto la politica e la medicina (oltre che il giornalismo) avrebbero dovuto comprendere fin da subito: “le vaccinazioni ripetute a breve tempo di distanza non rappresenterebbero una strategia sostenibile a lungo termine”. 
E più oltre: “Se abbiamo una strategia in cui diamo booster ogni quattro mesi potrebbero esserci alla fine problemi con la risposta immunitaria e non essere più buona come la vorremmo. Dovremmo quindi stare attenti a non sovraccaricare il sistema con una ripetuta immunizzazione” (posizione, questa, condivisa dal professor Crisanti a Otto e Mezzo: “Non credo che la soluzione al problema possa arrivare dal vaccino mRna che Pfizer o Moderna produrranno per la variante Omicron… Il problema è strutturale, è legato alla formulazione di questi vaccini che inducono un’immunità di 4-5 mesi. Non si possono vaccinare 50 milioni di persone ogni 4 mesi”). 
Cavaleri ha anche aggiunto: “C’è il rischio di una ‘fatigue’ nella popolazione con la continua somministrazione dei booster. Se si vuole andare verso l’immunità, tale richiamo andrebbe sincronizzato con l’arrivo della stagione più fredda in ciascun emisfero, in modo simile a ciò che facciamo con l’influenza».

Anche dall’Oms arriva una raccomandazione di buon senso – ossia che “sono necessari e dovrebbero essere sviluppati” vaccini in grado di prevenire le infezioni e la trasmissione del Covid, oltre alla malattia grave e al decesso. Il che implicitamente ammette che i vaccini attualmente in uso (almeno in Occidente, dato che non abbiamo informazioni precise a livello giornalistico, su quanto accada, ad esempio, in Cina) sono trattamenti terapeutici preventivi e non vaccini sterilizzanti. 

Dogma, al contrario, sostenuto da molti Capi di Governo e che è implicito nell’imposizione dell’obbligo vaccinale agli over 50 in quanto si giustifica il sacrifico della libertà del singolo in favore di un bene collettivo superiore, ossia la sanità pubblica. Non solo, tale affermazione dell’Oms rende ancor più insostenibile a livello giuridico, sociale e politico il Green Pass – più o meno rafforzato che sia – dato che ammette come i prodotti in uso anche in Italia non rendono la popolazione vaccinata incapace di contagiare e contagiarsi.

Viste le molte novità in discussione, abbiamo intervistato il dottor Gianni Gentilini, laureato in medicina e chirurgia, con una specializzazione in neurologia e una seconda laurea in storia, autore e divulgatore. Una voce criticamente lucida alla quale chiedere una serie di delucidazioni e chiarimenti.

Cos’è un vaccino? 

Domanda: Pensavamo fosse una ‘preparazione’ tesa all’immunizzazione dell’individuo e all’inibizione della trasmissibilità, ma questi ‘vaccini’ servirebbero soprattutto a evitare un aggravamento della malattia. Come si può imporre l’obbligo agli over 50 per quello che parrebbe un trattamento terapeutico?

Gianni Gentilini: «Lei pensava correttamente, infatti secondo la definizione della Treccani: “un vaccino è una preparazione rivolta a indurre la produzione di anticorpi protettivi da parte dell’organismo, conferendo una resistenza specifica nei confronti di una determinata malattia infettiva (virale, batterica, protozoaria). In origine, il termine designava il vaiolo dei bovini (o vaiolo vaccino)…”. 
Ciò che si cerca di sfruttare è la memoria immunologica, in grado di garantire un’immunità permanente o comunque di lunga durata. 
Oltre alle comuni vaccinazioni profilattiche, capaci di prevenire malattie infettive e parassitarie, in passato erano in uso per alcune patologie vaccinazioni dette terapeutiche, allo scopo di attivare la risposta anticorpale (oggi, ad esempio, ancora s’impiega in talune patologie neoplastiche il BCG). 
Erano anche impiegate vaccinazioni desensibilizzanti per trattare fenomeni di ipersensibilità, attualmente sono desuete. 

Dunque, lo scopo ‘classico’ sarebbe quello di rendere resistente l’individuo ovvero immunizzarlo rispetto alla malattia, sicché possa rimanere ‘sterile’ nonostante il contatto col patogeno (e infatti si parla anche di ‘vaccini sterilizzanti’). Ebbene, nel secolo scorso girava un libro di tal Cesare Giardini dal titolo: La Commedia degli inganni, con Arlecchino Re degli Azzeccagarbugli; ora, a distanza di meno di cent’anni, sembra di star vivendo in qualcosa di assai meno divertente e che, purtroppo, potrebbe trasformarsi in una Tragedia degli inganni dove Arlecchini e Azzeccagarbugli la fanno da padroni. So da tempo che l’accidia dei purtroppo miei colleghi li porta assai spesso a non leggere nemmeno i bugiardini, e qui se ne ha la conferma fino ai più alti livelli. 

Infatti, prendendo a caso il bugiardino di Comirnaty Pfizer Biontech redazione 2020a pag. 9 punto 5.1, meccanismo d’azione, si legge: 

“Il vaccino induce sia una risposta anticorpale neutralizzante che una risposta immunitaria cellulo-mediata verso l’antigene delle proteine Spike (S), che possono contribuire a proteggere contro COVID-19”. 

Disabituati a pensare che le parole pesano, pare che un’infinità di medici e ‘scienziati’ abbiano dimenticato che la COVID-19 è la malattia e non l’agente patogeno, che si definisce invece SARS-CoV-2. 

Se le parole non sbagliano qui non si parla di ‘immunizzazione’ dalla malattia e dal virus, bensì di ‘contributo alla protezione dalla malattia’, che poi l’inganno si nasconda nell’equivoca definizione di ‘vaccino’ che ha automaticamente indotto la pigrizia dei medici ad attribuire ai nuovi farmaci genici i caratteri dei vaccini tradizionali, non ci dovrebbe nemmeno esser bisogno di dirlo. 

Era dunque chiaro dall’inizio, per chi l’avesse voluto, che non si trattava di un vaccino sterilizzante e, quindi, in grado di proteggere anche gli altri, ma solo, forse, di un ‘vaccino terapeutico’. 
Tuttavia, se si fosse applicato questo concetto sarebbe risultato più difficile approvare tali farmaci con le procedure d’emergenza riservate ai vaccini. 

Così gli inganni vanno avanti e all’Azzeccagarbugli si potrebbe chiedere non solo come si fa a imporre obbligatoriamente un trattamento terapeutico (esiste in proposito il TSO), ma addirittura che si possa chiedere un consenso informato all’obbligo stesso! Non è materia mia ed esprimerei non fatti bensì opinioni, le consiglio quindi di girare la domanda ai legulei della patria del diritto».


D: Secondo la rivista Nature: “nelle persone che hanno recuperato dalla malattia, sono rilevabili nel midollo osseo plasmacellule di lunga durata capaci – se stimolate – di produrre nuovamente anticorpi contro il virus”. Come mai si impone a chi è guarito il vaccino a distanza di soli 180 giorni dalla negativizzazione? 

G.G.: «È una domanda alla quale mi trovo imbarazzatissimo a rispondere, perché sinceramente non me ne capacito, a meno di ricorrere all’armamentario della mia esperienza di neurologo e psicoterapeuta. Potrei pensare ad un fenomeno di dissonanza cognitiva che abbia sincronicamente colpito tutta la classe medica, o comunque a qualche evento di carattere psicopatologico sociale, ma si tratta di pure ipotesi. 
In realtà l’articolo da lei citato in domanda (www.nature.com) corrisponde appieno alle aspettative che si suppone dovrebbe avere chiunque possegga una conoscenza dell’immunologia di livello universitario; non pare però sia così, nonostante anche molti altri studi concorrano a dimostrare l’efficienza dell’immunità di memoria cellulare naturalmente acquisita (in The Lancet si veda anche, ad esempio: www.thelancet.com/pdfs ). 

L’unico punto debole dell’immunità naturale sta eventualmente nella nota variabilità dei virus a RNA, peraltro punto assai critico anche ai fini vaccinali. In realtà, però, data la pluralità e la comunanza di epitopi (i loci riconosciuti dal sistema immunitario) antigenicamente attivi tra i vari coronavirus che infettano l’uomo, l’immunità naturalmente acquisita dà delle garanzie anche ai fini di un’immunità crociata tra i diversi virus corona e le loro varianti, cosa che invece non fanno, o fanno piuttosto male, i vaccini basati unicamente sulla Spike. 

Entrando nel campo scivoloso delle opinioni potrei dire che in generale per ogni prodotto lanciato da campagne promozionali, specie se aggressive, si magnificano gli effetti e si omettono comparazioni e difetti. 

Per tornare alla realtà, il fatto è da ricollegarsi a ciò (cito): “Come da indicazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), l’esecuzione di test sierologici volti a individuare la positività anticorpale nei confronti del virus o di altri tipi di test non è raccomandata ai fini del processo decisionale vaccinale”. Affermazione fatta in spregio alle regole dell’immunologia e adducendo il fragile pretesto che i laboratori non sarebbero in grado di fornire dati accurati e attendibili. 
Tale ‘raccomandazione’ ha portato ad apodittiche affermazioni come la seguente, presente in una Circolare proveniente da una nota Azienda sanitaria: “Non è opportuno effettuare test sierologici prima della vaccinazione per studiare eventuali infezioni pregresse non note, né per misurare il livello di anticorpi allo scopo di ottenere informazioni sulla base delle quali decidere la successiva strategia vaccinale. 

La decisione di vaccinare e il numero di dosi da somministrare devono essere aderenti alle indicazioni fornite dal Ministero della Salute e da AIFA”. A coronamento va detto che per il Governo l’immunità da malattia cessa, non in base alle evidenze scientifiche, bensì dopo 6 mesi o in base alle decisioni ministeriali; di più, scompare tanto completamente da rendere necessaria la vaccinazione… Credo che le cose si commentino da sé, tragga le sue conclusioni. 

Come ulteriore commento potrei solo citare Andrea Crisanti, che, in un raro, benefico lampo d’illuminazione, tra un canto e l’altro, ha detto: “Siamo all’improvvisazione. L’obbligo agli over 50 non si può imporre senza una revisione del consenso informato. C’è anche un problema di carattere giuridico perché lo si fa per impedire la malattia, ma non per limitare la trasmissione. Questo diventa un obbligo terapeutico, è una novità assoluta nella sanità pubblica. Mi sembra solo frutto del panico. Tra l’altro lo si impone a tutti, anche a persone che magari non ne avrebbero bisogno, è una autentica follia”».

D: La comunità scientifica si è divisa sull’affermazione che i vaccini a mRNA siano o meno terapie geniche. Può spiegarci il funzionamento degli stessi? Siamo certi che la ‘mutazione’ indotta in alcune cellule abbia breve durata e, soprattutto, che dette cellule restino localizzate solamente in una parte del corpo e non possano causare danni?

G.G.: «Qui si torna agli equivoci dei quali sopra detto. Tanto per fare chiarezza, quando si parla di RNA ci si riferisce a una macromolecola biologica che converte le informazioni genetiche del DNA in proteine e, ovviamente, lo stesso può dirsi dell’mRNA. Quindi questa entità biologica gioca un ruolo fondamentale nella trasmissione dell’informazione genetica, ovvero ha una funzione collegata ai geni, e dunque genica. 
Quando si inserisce nella cellula un mRNA estraneo e modificato si pretenderebbe (erroneamente) trattarsi di un ‘vaccino’, in realtà, come visto alla domanda iniziale, si tratta al più di un ‘vaccino terapeutico’ ossia di una ‘terapia’, ammettendo la stessa Pfizer che non è immunizzante contro il virus se non in parte. 

Si tratta comunque, e in ogni caso, di prodotti a carattere genico. Tanto chiarito, terapie geniche più o meno funzionanti o pasticciate sono in sperimentazione e in parte in uso già da qualche tempo e non è qui il caso d’infilarsi in quel ginepraio. Qui siamo però al primo caso di un presunto vaccino somministrato a centinaia di milioni di individui in tempi rapidissimi e prodotto inserendo nelle cellule una falsa informazione (e lo dico perché è informazione non propria del genoma della cellula che la riceve e che ne viene ‘ingannata’), dotata di carattere genico (basata infatti, a seconda dei casi, su mRNA o DNA). 

Tale falsa informazione induce la cellula a produrre, tramite i ribosomi, una proteina ad essa totalmente estranea, la Spike, che almeno in parte viene espulsa dalla cellula che l’ha sintetizzata attraverso la membrana plasmatica, che in tale fase muta caratteristiche, e poi immessa in circolo dove andrà a suscitare una reazione immunitaria; va da sé, però, che una simile cellula alterata verrà individuata come ‘malata’ dal sistema immunitario innato che, ovviamente, reagirà cercando di eliminarla. 

Quanto alle successive conseguenze immunitarie o meno non mi dilungo, sono intuibili. Relativamente a quello da lei proposto circa la distribuzione nell’organismo di cellule interessate al fenomeno, devo correggerla: le cellule, anche se affette dal vaccino, seguono le loro vie usuali; ciò che invece si muove assai bene potendo andare a interessare tutto l’organismo sono le nanoparticelle lipidiche dei vaccini a mRNA: tali vaccini infatti non rimangono affatto localizzati nel sito d’iniezione ma si distribuiscono abbondantemente, potendo superare anche la barriera emato-encefalica e giungere nel sistema nervoso. Uno studio sulla farmacocinetica in animali da esperimento è stato condotto da Pfizer per le autorità sanitarie giapponesi ed è stato esaminato nel lavoro seguente: https://doctors4covidethics.org/wp-content/uploads/2021/07/Pfizer-pharmacokinetics-and-toxicity.pdf

Quindi, almeno per Comirnaty, esiste una qualche dimostrazione che il messaggio genico veicolato dall’mRNA del farmaco potrebbe, almeno ipoteticamente, interessare qualsiasi distretto corporeo. 
Cosa che, peraltro, parrebbe confermata dall’osservazione clinica (https://link.springer.com/content/pdf/10.1007/s00415-021-10780-7.pdf). 

Quanto poi alla domanda se “la mutazione indotta in alcune cellule abbia breve durata” si devono fare alcune precisazioni: il termine di ‘mutazione’ in genetica è altra cosa; l’mRNA del ‘vaccino’ innesca un funzionamento alieno dei ribosomi che sono indotti alla anomala produzione di una Spike estranea; ufficialmente l’informazione ‘falsa’ (il concetto è in sostanza quello di hackerare la cellula) dovrebbe essere labile e transitoria. 

Quanto alla possibilità che, però, tale informazione genica venga ‘incorporata’ dalle cellule interessate, le possibilità che ciò avvenga non dovrebbero essere escluse per principio, le cellule, infatti, possono avere diversi meccanismi di retrotrascrizione dell’RNA nel DNA e ormai la cosa è argomento da giornali (https://tg24.sky.it/salute-e-benessere/2021/06/14/dna-rna-studio-dogma-biologia). 

Senza dilungarsi vi sono studi in proposito: quello che segue, effettuato in vitro, è pertinente: https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/33958444/ – riguarda in realtà non il ‘vaccino’ in sé ma l’RNA del virus e, tuttavia, induce a ovvie riflessioni. 

Naturalmente, data l’estrema delicatezza del tema, non sono mancate le contestazioni. L’argomento è scottante, dato che ormai è abbastanza evidente il crollo del dogma della biologia secondo il quale l’RNA non potrebbe essere retrotrascritto come DNA!».


D: I vaccini a mRNA non sembrerebbero favorire lo sviluppo di una memoria immunitaria e, quindi, appena si abbassa il numero degli anticorpi nella persona vaccinata, si dovrebbe ricorrere a una nuova dose. Perché tale breve durata? 
E il nostro sistema immunitario è così plastico da poter essere sollecitato anche tre o quattro volte l’anno con una dose di vaccino?

G.G.: «Qui lei entra nel merito del funzionamento dei vaccini. Le istruzioni impartite alla cellula dovrebbero, in teoria e come sopra detto, essere labili e funzionare il tempo strettamente necessario a produrre le Spike utili per evocare la risposta immunitaria. Però, dovrebbe indurre a riflettere già la enorme variabilità dalla risposta umorale tanto puntuale che nel tempo (testata tramite gli anticorpi circolanti): un elemento, questo, verificabile da qualsiasi medico che volesse esaminare coscienziosamente i dati di laboratorio spesso forniti dai pazienti stessi, che prima o post vaccino si premurano volontariamente e indipendentemente dalle indicazioni OMS di procedere a un dosaggio sierologico anticorpale. 
Risulta piuttosto evidente che detta risposta è estremamente variabile da individuo a individuo, essendo anzitutto influenzata da precedenti contatti con il virus e, in secondo luogo, dalle caratteristiche del soggetto, legate all’età o ad altri molteplici fattori (ad esempio, patologie del sistema immunitario, eccetera). La risposta tende ad essere maggiore nei soggetti giovani, per ovvie ragioni metaboliche e di maggiore efficienza del sistema immunitario, mentre tende a deflettere con l’età, quando declina il potenziale immunitario. In ogni caso il tasso di anticorpi tende a declinare col tempo più o meno rapidamente. 

Ciò si verifica anche nel caso della immunità da malattia (naturale) e, tuttavia, come asserito nel già citato lavoro pubblicato da Nature nel maggio 2021 (https://www.nature.com/articles/s41586-021-03647-4), a livello cellulare (plasmacellule) la memoria immunologica persiste nel tempo, pronta a rideterminare rapidamente la sintesi anticorpale in caso di contatto col patogeno. 
Qui di seguito altri studi in proposito con simili conclusioni: https://ilbolive.unipd.it/it/news/covid19-anticorpi-diminuiscono-tempo-memoria

Naturalmente, tanto per dare un colpo al cerchio e un colpo alla botte, la stessa Nature il 28 giugno 2021 si affrettava a pubblicare un articolo, nel quale si spezzava una lancia a favore dei vaccini: “SARS-CoV-2 mRNA vaccines induce persistent human germinal centre responses” (https://www.nature.com/articles/s41586-021-03738-2). 

Un altro articolo cerchiobottista di Science è il seguente: https://www.science.org/doi/10.1126/sciimmunol.abj1750

Peccato che l’andamento delle campagne vaccinali, pervicacemente perseguite nei Paesi europei, sembrino a tutti gli effetti contraddire l’ipotesi di una persistente risposta immunitaria a partire dai centri germinali a seguito della somministrazione del ‘vaccino’. 

La cosa salta all’occhio di chiunque non sia non vedente anche solo consultando i dati forniti giornalmente in grafico per Gibilterra:
https://www.google.com/search?q=gibilterra+covid, dove, con pressoché il 100% dei 34.000 abitanti vaccinato completamente, in data 6.01.2022 si sono raggiunti i 232 positivi al virus, cifra record riguardo ai massimi del gennaio 2021 (172 casi). 

Nonostante spregevoli ‘fact checkers’ (altresì ‘debunkers’) si affannino ad arrampicarsi sugli specchi, ciò dimostra in modo incontrovertibile: 
- 1) che il cosiddetto ‘vaccino’ non funziona come tale (ossia non immunizza); 
- 2) che la trasmissione del contagio non può essere dovuta ai non vaccinati in quanto in quella comunità costoro sono inesistenti; 
- 3) che, nonostante ‘l’atto d’amore’ compiuto verso gli altri, chi si è sottoposto al vaccino sta infettando il suo prossimo (pandemia dei vaccinati); 
- 4) che il ‘paradosso di Simpson’ (ci sono tanti positivi tra i vaccinati perché sono la maggioranza, ma proporzionalmente i non vaccinati positivi sono di più) va messo in soffitta; 
- 5) che, ad ogni buon conto, il ‘farmaco genico’ può considerarsi al più un ‘vaccino terapeutico’ ma non un vaccino vero e proprio. L’unico argomento al quale si aggrappano disperatamente tali ‘debunkers’ (che spero prezzolati, altrimenti dovrei ritenerli idioti) è che “i morti sono meno di un anno fa e quindi il vaccino funziona”. 

Tralasciamo il fatto che in tal caso (se fosse dimostrato) si dovrebbe parlare come già detto di ‘terapia’, ma l’argomento è peraltro fragilissimo per una lunga serie di ragioni: 
- 1) anche la più legnosa delle cervici dei medici dovrebbe aver compreso che si tratta di una malattia eminentemente infiammatoria e, quindi, somministrare un ‘antipiretico analgesico’ (paracetamolo) anziché un antinfiammatorio potrebbe essere un grave errore. 
Si vedano in proposito i lavori di Remuzzi dell’Istituto Mario Negri che hanno avuto risonanza anche sui giornali (https://quifinanza.it/info-utili/video/covid-antinfiammatori-ricovero-remuzzi/444694/). 
Si potrebbe quindi supporre che siano migliorate le terapie domiciliari, nonostante la perdurante vigenza di protocolli governativi ‘inadeguati’ (eufemismo); 
- 2) anche terapie più specifiche (come i monoclonali) e assai efficaci sono nel frattempo entrate in uso; 
- 3) molte delle persone a maggior rischio sono (purtroppo) decedute durante le prime ondate (si vedano i dati sulla diminuzione delle pensioni erogate dall’INPS); 
- 4) il virus è abbondantemente circolato per ormai due anni di seguito e dovrebbe essere intuitivo che si sia diffusa una immunità naturale più efficiente di quella indotta da vaccini
- 5) alcune varianti assai diffusive stanno prevalendo e fortunatamente risultano assai più benigne delle precedenti. Attribuire quindi solo ai vaccini la minor mortalità appare estremamente fuorviante. 

Ciò detto situazioni simili a quella di Gibilterra si verificano in Israele che, a gennaio 2022, ha il 71,9% della popolazione vaccinata e il 47,0% di popolazione con III dose, e in proposito si potrebbero fare altre interessanti osservazioni. Situazioni simili sono rilevabili in numerosissimi Paesi europei intensamente vaccinati. 

Il caso poi dell’Inghilterra, che fornisce dati aggiornati e puntuali (a differenza di ISTAT, AIFA e ISS), è assai interessante – si vedano in proposito: il rapporto relativo alla settimana 42 e altri documenti come:
Coronavirus (COVID-19) Infection Survey, UK: Characteristics related to having an Omicron compatible result in those who test positive for COVID-19 (84.8 kB xlsx).

Tutto pare indicare che negli individui che contraggono l’infezione dopo 2 dosi di vaccinazione, i livelli anticorpi N (ovvero contro il Nucleocapside, parte del virus cruciale nella risposta del sistema immunitario della popolazione non vaccinata) siano più bassi. Ciò potrebbe significare che i vaccini Covid-19 interferiscono con la capacità del sistema immunitario di produrre anticorpi contro altri epitopi propri del virus SARS-CoV-2 in seguito all’infezione. 

Pertanto, se si verificassero modificazioni della proteina Spike del vecchio virus di Wuhan SARS-CoV-2, sul quale sono modellati i ‘vaccini’ in uso, tali da aggirare la difesa anticorpale contro questa parte del virus stesso, i vaccinati sarebbero più vulnerabili e forse non protetti per via della loro incapacità di produrre l’anticorpo N, anche se sono già stati infettati e guariti dal Covid-19. 

I non vaccinati godrebbero invece di un’immunità molto migliore, nonostante le modifiche di S, grazie alla loro capacità di produrre, a seguito dell’infezione, sia anticorpi S che N. 

Che l’immunità indotta da vaccini sia transitoria e, dopo un certo lasso di tempo, possa portare addirittura al paradossale risultato di favorire l’infezione, che dovrebbe contrastare, pare confermato anche dagli studi danesi qui consultabili: https://www.medrxiv.org/content/10.1101/2021.12.20.21267966v2 e https://www.medrxiv.org/content/10.1101/2021.12.27.21268278v1

Spero di avere, almeno in parte, risposto alla sua domanda, rimane il perché (perché proteggono per tempi così brevi? E il nostro sistema immunitario è così plastico da poter essere sollecitato anche tre o quattro volte l’anno con una dose di vaccino?). 

Premesso che l’inefficacia come ‘vaccino’ tradizionalmente inteso è dimostrata dai fatti, sarà a questo punto necessario valutare anche una eventuale dannosità immunologica (specie per le dosi ripetute), così come lascerebbero intuire i dati inglesi e danesi nonché le cause eventuali di tale fenomeno. In proposito esistono studi e qui vi si fa riferimento: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC8538446/

Lo studio in questione, pubblicato sulla rivista Viruses già il 13 ottobre 2021, dimostra il possibile ruolo negativo delle proteine Spike presenti in caso di malattia (ma ovviamente ciò vale anche per quelle prodotte dal ‘vaccino’), relativamente sia alla risposta immunitaria sia alla capacità di riparazione del DNA umano. 

La Spike deve essere considerata una pericolosa tossina e molti degli effetti della malattia sono riconducibili alla sua presenza, incluse le alterazioni immunitarie, in particolare a livello dei linfociti, alterazioni peraltro constatate dallo scrivente già nei primi mesi del 2020 in tipizzazioni linfocitarie eseguite su pazienti Covid. 

Concludo citando la letterale traduzione di parte dello studio:

“I nostri risultati forniscono prove che la proteina Spike devia il meccanismo di riparazione del danno al DNA e il meccanismo immunitario adattativo in vitro. Proponiamo un potenziale meccanismo mediante il quale le proteine Spike possono compromettere l’immunità adattativa inibendo la riparazione del danno al DNA. 
Sebbene non sia stata pubblicata alcuna prova che SARS-CoV-2 possa infettare i timociti o le cellule linfoidi del midollo osseo, il nostro test del reporter V(D)J (un meccanismo di ricombinazione somatica del DNA a livello di linfociti e cellule T, la memoria del sistema immunitario NdT) in vitro mostra che la proteina Spike ha notevolmente impedito la ricombinazione V(D)J. 
Coerentemente con i nostri risultati, le osservazioni cliniche mostrano anche che il rischio di malattia grave o morte con COVID-19 aumenta con l’età, in particolare gli anziani che sono a più alto rischio. Ciò può essere dovuto al fatto che le proteine Spike di SARS-CoV-2 possono indebolire il sistema di riparazione del DNA delle persone anziane e di conseguenza impedire la ricombinazione V(D)J e l’immunità adattativa. 
Al contrario, i nostri dati forniscono dettagli preziosi sul coinvolgimento delle subunità proteiche Spike nella riparazione del danno al DNA, indicando che i vaccini basati su Spike a lunghezza intera possono inibire la ricombinazione di V(D)J nelle cellule B, il che è anche coerente con un recente studio che un vaccino a lunghezza intera basato su Spike ha indotto titoli anticorpali inferiori rispetto al vaccino a base di RBD. 
Ciò suggerisce che l’uso di epitopi antigenici della proteina Spike come vaccino SARS-CoV-2 potrebbe essere più sicuro ed efficace del picco a lunghezza intera”.

Ora se si continua ad indurre un organismo a produrre Spike tramite ʻvaccini’, veda un po’ lei quali potrebbero essere le conseguenze immunologiche. 
L’ultima frase suggerisce infatti, assai intelligentemente, di non usare a fini vaccinali tutta la Spike ma di usarne segmenti immunogenici non direttamente attivi. L’esortazione pare sia caduta nel nulla.


D: Oggi vediamo un’impennata di casi nella popolazione italiana, come in quella israeliana, sebbene siano tra le più vaccinate al mondo. Cosa sta accadendo?

G.G.: «Cosa stia accadendo l’ho raccontato nella risposta precedente, occupandomi degli effetti dei ‘vaccini’ genici. 

Riguardo poi alla mostruosità d’individuare degli ‘untori’, cosa degna di un, purtroppo obliato, scritto di Manzoni: La colonna infame, mi pare un gravissimo fenomeno politico e culturale che in questo caso è supportato da una ‘scienza’ di arlecchini canterini che è inimmaginabile definire ancora come tale. 
Nei Promessi Sposi, libro prezioso e dimenticato dalle scuole, don Ferrante, aggrappato alle sue astrologiche convinzioni diceva, “non ci son che due generi di cose: sostanze e accidenti; e se io provo che il contagio non può esser né l’uno né l’altro, avrò provato che non esiste, ch’è una chimera…”,  andando con ciò incontro alla morte per peste convinto dalla sua ‘scienza’ dell’inesistenza del contagio. 

In quella stessa manzoniana Milano, un tal Massimo Galli arciconvinto dell’efficacia dei suoi tre vaccini, è andato incontro alla Covid dovendo poi ricorrere a una delle efficaci terapie tanto negate e svalutate, i monoclonali; ebbene, rispetto al più sfortunato, antico collega, per il quale non esistevano antibiotici o immunoterapie, è redivivo ma, al pari di lui, si dichiara ancora convintissimo d’essersi salvato solo perché esistono i vaccini. Mah! Follia o che altro? Che dire non so, di certo i tempi sono bui, ma, al di là dei casi clinici di Ferrante o Galli, le valutazioni ulteriori non sono pertinenti all’intervista e le lascio alla sua intelligente cortesia». 

D: Il Covid, indipendentemente dalle varianti, secondo alcuni medici va trattato prontamente, mentre la maggioranza si affida ancora al paracetamolo e alla ‘vigile attesa’. Un suo parere?

G.G.: «In parte alla sua domanda ho già risposto, almeno tra le righe. Per completezza posso dire che esistono trattamenti ‘preventivi’, tesi ad aumentare, per mezzo di opportune integrazioni, l’efficienza immunitaria dei soggetti:
- terapie ‘preventive’ che potrebbero essere applicate anche già dopo un contatto che, ragionevolmente, possa aver infettato e quindi utilizzabili in fase d’incubazione della malattia; 
- terapie ‘precoci’ (le più efficaci), che intervengono appena appare la positività e/o la sintomatologia, prima cioè che si sviluppi la temibile fase infiammatoria; terapie per la fase florida della malattia; e, da ultimo, terapie di sostegno e recupero. 

Ogni terapia andrà guidata da un medico esperto previa attenta valutazione del paziente e del suo caso. Tanto detto se il nucleo centrale della malattia è l’infiammazione, pare assolutamente irragionevole somministrare un ‘antipiretico-analgesico’ quale il paracetamolo, anziché, appunto, un antinfiammatorio (potrebbe capirlo un asino). Ho visto ‘colleghi’ (mi vergogno) giungere a somministrare 3000 mg di paracetamolo al dì: in tal caso sarà necessario fare i conti pure con una certa tossicità, anche indiretta, legata ad esempio alla distruzione delle riserve di Glutatione ridotto, preziosissimo proprio per contrastare qualsiasi tipo d’infiammazione. 

Quanto all’uso dei monoclonali, è stato ‘ritardato’ e ‘ostacolato’ sin dal momento della loro introduzione, infatti, nel protocollo terapeutico emanato nell’aprile del 2021, le procedure sono farraginose e troppo lunghe, specie per una terapia che dovrebbe essere precoce. 

I medici di base, i quali dovrebbero fungere da ‘segnalatori’ dei casi idonei, non sono adeguatamente informati, la somministrazione è prevista solo in centri talora unici in aree vaste e, quindi, per molti poco raggiungibili. Esistono comunque alcuni, pochi, esempi virtuosi che dimostrano come i monoclonali possano ‘congelare’ la malattia entro due giorni nell’80% dei casi, si veda la notizia giornalistica: www.avvenire.it/attualita, tutto ciò mentre in Italia si rischia di dover buttar via gran dosi di monoclonali perché, dato il mancato uso, vanno in scadenza. 
Naturalmente si sa che esistono i raccomandati, in tal caso le terapie e gli esami di laboratorio si fanno a domicilio e precocemente».

D: Guardando ai dati dell’ISS del 5 gennaio, si nota come a fronte di 1.170 morti tra i non vaccinati (dati 12/11/2021- 12/12/2021), ne siano stati ricoverati in terapia intensiva 1.202 (dati 19/11/2021- 19/12/2021). Tra i vaccinati (con una dose, due dosi – da più o meno di 120 giorni – e tre dosi), si vede che a fronte di 1.578 decessi (in pari torno di tempo) solamente 645 sono passati dalla terapia intensiva. Come si spiega tale dato?

G.G.: «Non ho analizzato nello specifico i dati che lei mi fornisce, a occhio e se è vero che i decessi sono stati di più tra i vaccinati, potrei pensare a un decorso più rapido e grave tra questi ultimi, tale da non far giungere il paziente nemmeno in terapia intensiva. 
Ciò potrebbe avere molteplici spiegazioni per poterle avanzare – uscendo dal mero campo delle ipotesi necessitano almeno due cose: molti altri dati puntuali e la speranza che la raccolta dei numeri sia stata fatta in modo corretto». 

D: Secondo Report di lunedì 25 ottobre, l’Europa regalerà all’Africa, grazie al Covax, oltre 200 milioni di dosi di Astrazeneca ma, visti i casi di reazioni avverse (perfino mortali) nei giovani verificatesi anche in Italia, sempre nello stesso programma, i medici tedeschi, che avevano denunciato la connessione con il vaccino, si auguravano che la giovane popolazione africana avesse “colleghi preparati a far fronte ai casi di trombosi associata a trombocitopenia”. L’OMS continua a porre la vaccinazione dell’Africa come elemento indispensabile per bloccare lo sviluppo di nuove varianti. Come ne veniamo a capo? 

G.G.: «In Europa pare si cerchi disperatamente, vaccinando tutti, di eliminare il gruppo di controllo dei non vaccinati, che sarebbe elemento fondamentale per valutare un qualsiasi farmaco sperimentale, attraverso il confronto nel tempo, tra gli esiti nel gruppo vaccinato e in quello non vaccinato. 

Al contrario il continente africano, grazie alla elevata diffidenza delle sue popolazioni, oltre a proteggersi dagli effetti collaterali, si offre e si offrirà, inevitabilmente, come ‘continente di controllo’. 
Già oggi mi risulta che molte delle ‘generose’ (Astrazeneca in Europa è praticamente fuori mercato) donazioni di vaccini fatte all’Africa siano finite in discarica. 

Il Sudafrica è nel continente uno degli Stati più vaccinati** (è stato coinvolto nella sperimentazione già nel 2020), i dati provenienti da quel Paese (da lei citati) e da altri, che presentano percentuali assolutamente irrisorie di vaccinati, si presterebbero già d’ora – ma si presteranno ancor più in futuro – a interessanti e dettagliate valutazioni di confronto effettuate in base a vari parametri (fasce d’età, sesso, numero d’infettati, numero di ricoveri, numero di decessi, eccetera). 
Naturalmente in assenza di tali maggiori informazioni qualunque valutazione ulteriore ricadrebbe nel campo delle opinioni e, quindi, me ne astengo».    

* Il testo originale del Parere è pubblicato sul sito: www.ecsel.org/wp-content
** N.d.g.: In Sudafrica, al 9 gennaio 2022, è stato vaccinato il 27,1% della popolazione (ossia gli anziani e le persone a rischio, come di solito avviene per il vaccino antinfluenzale).

- venerdì, 14 gennaio 2022 -

In copertina e nell’intervista: immagini tratte da Pixabay. Rispettivamente di: Spencer Davis, Tumisu, Pixxl Teufel e Alexandra Koch.


Nato a Borgo Valsugana il 6 giugno 1950, il dottor Gianni Gentilini ha conseguito la Maturità classica al Liceo A. Mariotti di Perugia (1968-69). 
Nella città umbra intraprende gli studi universitari e si laurea in Medicina e Chirurgia. Prosegue gli studi a Vienna, specializzandosi poi in neurologia. Consegue anche la specializzazione in psicoterapia. 
La sua attività di medico generale e neurologo, che egli esercita a Trento dal 1979, non gli impedisce di coltivare la passione per gli studi classici e la storia. 
In quest’ultima disciplina si laurea a Venezia nel 1990, con G. Ortalli. Tra le sue pubblicazioni si ricordano: Tra Gli Asburgo e Bernardo Clesio, Venezia, 1992; Gli statuti di Pergine del 1516, Venezia, 1994; Schizzi e piccole storie, Trento, 1999. Ha  collaborato alla redazione della rivista scientifica Skepsis.

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