Parlare di femminicidio e di violenza sulle donne non è un tema nuovo.
Negli ultimi anni, però, è diventato uno degli argomenti più "gettonati" dai mass media, tanto da diventare uno dei tormentoni mediatici che più che fare luce sulle vere cause e ragioni, contribuisce alla formazione di atteggiamenti e opinioni che incrementano odio e pregiudizio senza tenere conto delle variabili psicologiche, sociali e "spirituali" di un fenomeno di cui ben poco si conosce.
Prima di iniziare a trattare l'argomento vorrei sottolineare che personalmente non giustifico nessun tipo di violenza, a prescindere che sia diretto verso una donna, un uomo, un bambino o un animale. Chiunque sia stato vittima di violenza fisica, emozionale o psicologica o anche solo spettatore conosce la differenza tra vivere una tale dolorosa esperienza e sentirne solamente parlare.
Nel numero 243 di Psicologia contemporanea, Mauro Fornaro ordinario di Psicologia dinamica all'Università di Chieti-Pesacara, psicologo e psicoterapeuta, ha scritto un interessante articolo dal titolo: "Femminicidio le motivazioni dell'uomo". Nell'articolo Fornaro mette in guardia le persone, e sopratutto chi studia il fenomeno, dalla facilità con cui si cade nel giudizio per ignoranza. Se è vero che non si può giustificare la violenza, compito di uno psicologo però non è giudicare, bensì "capire" le dinamiche psichiche che intervengono nei fenomeni sociali e spiegarle.
"La diffidenza di cui è oggetto lo psicologo che cerchi di spiegare le drammatiche e frequenti notizie di violenza sulle donne deriva dal sospetto che lo sforzo di capire scivoli insensibilmente nella giustificazione", scrive Fornaro.
Spiegare e giustificare sono due cose differenti, come giudicare e discernere. Così il compito rischioso a cui mi appresto è quello di comprendere, e non giustificare, come dei maschi possano essere indotti a fare violenza contro le donne ...