venerdì 31 ottobre 2014

Le rivoluzioni colorate: un nuovo modo per fare la guerra

 di Andrew Korybko

E’ attualmente in corso negli Stati Uniti un colossale cambio di strategia, con l’America che si sta trasformando da “gendarme” a “guida occulta” del mondo (Lead From Behind Strategy). Questo fondamentale cambiamento comporta che gli Stati Uniti debbano passare da operazioni militari condotte in prima persona, ad operazioni del tipo stay-behind.

Parte di questa trasformazione consiste nella riduzione delle forze militari convenzionali sostituite da forze speciali ed agenti dell’Intelligence. Anche le Compagnie Militari Private hanno un ruolo maggiore nella nuova grande strategia.

Questo non significa, naturalmente, che gli Stati Uniti non abbiano più la capacità o la volontà di agire in prima persona (niente affatto!) ma che, per proiettare la propria immagine di “potenza globale”, preferiscono metodi più indiretti e sottilmente nefasti, piuttosto che ricorrere ad invasioni di massa e bombardamenti.

Gli Stati Uniti intendono seguire la massima di Sun Tzu: “la suprema eccellenza consiste nel rompere la resistenza del nemico senza combattere”. Il risultato è un mix di Rivoluzioni Colorate, guerre non convenzionali ed operazioni dei mercenari – basate in ogni caso sul coinvolgimento per procura degli alleati regionali – per evitare l’uso diretto delle truppe statunitensi.

Tutto ciò si traduce nella promozione della politica americana attraverso l’uso di metodi obliqui, e quindi nella negazione (relativamente credibile) del proprio coinvolgimento. È importante sottolineare, inoltre, che l’assenza di forze convenzionali è stato pensato anche per ridurre il rischio di un confronto diretto tra gli Stati Uniti e la Russia, la Cina e l’Iran – gli obiettivi primari di queste guerre per procura ...


Il piano per la destabilizzazione strategica e lo smembramento degli Stati eurasiatici deve la sua genesi a Zbigniew Brzezinski ed alla teoria che egli ha chiamato “Eurasian Balcans” (http://en.wikipedia.org/wiki/Greater_Middle_East, ndt).

Gli Stati Uniti sono comunque notevolmente flessibili nel mettere in pratica queste idee, e non si infilano in un vicolo cieco se la destabilizzazione incontra degli ostacoli e non può essere portata avanti. In questo caso (come ad esempio in Ucraina, Siria, Iraq e presto, forse, nel Mar Cinese Meridionale) lo stratagemma si evolve in un fortissimo caos provocato all’interno degli stati-cuscinetto, posizionati sulla soglia delle potenze eurasiatiche.

L’idea è quella di creare dei “buchi neri” di assoluto disordine in cui Mosca, Pechino e Teheran saranno in ogni caso condannati, sia se intervengono, sia se non lo fanno. Gli Stati Uniti preferiscono, idealmente, che gli obiettivi che hanno nel mirino vengano risucchiati in un pantano che li insanguini e li destabilizzi a casa propria, come ad esempio la guerra sovietico-afghana che Brzezinski ha concepito oltre 30 anni fa.

Allontanarsi dall’espansionismo dell’“Eurasian Balcans” per tornare alle radici dell’”anarchia afghana” è l’essenza del piano “Reverse Brzezinski” (http://orientalreview.org/2014/06/22/the-reverse-brzezinski-the-ultimate-eurasian-dilemma-i/, ndt), che pone il dilemma di cui sopra (intervenire-non intervenire, ndt) come trappola per le potenze eurasiatiche.

L’esperienza degli Stati Uniti nel formare ed armare i mujaheddin utilizzati nella guerra sovietico-afgana, può essere vista come la prima incursione all’interno della strategia “Lead From Behind”.

Gli Stati Uniti hanno lavorato mano nella mano con il Pakistan e con gli altri Stati Islamici per spargere in Afghanistan i semi del caos (fra i quali la creazione dell’organizzazione mercenaria internazionale Al Qaeda), creando in quel paese una destabilizzazione strategica così grave, che l’Unione Sovietica non fu in grado di resistere alle sollecitazioni, e decise di intervenire.

Era questo l’obiettivo … e per gli Stati Uniti fu un successo clamoroso. Fu anche l’apice delle guerre-per-procura nel periodo della Guerra Fredda, che in quel momento si mescolava perfettamente con l’equilibrio internazionale del potere. Si trattò di un successo tale da essere accreditato come uno dei fattori che contribuirono alla dissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1991.

D’altro canto tutto ciò alterò l’equilibrio globale del potere, portando al “momento unipolare” degli Stati Uniti. In questo periodo il prototipo afgano della strategia “Lead From Behind” non è più stato visto come un qualcosa di necessario, perché gli Stati Uniti avevano in quel momento la forza, la volontà, e la possibilità di proiettare in modo diretto il loro potere su tutto il mondo.


IL MOMENTO UNIPOLARE DELLA STRATEGIA “SHOCK AND AWE”

Ubriachi di potere per essere emersi dalla Guerra Fredda come potenza vincitrice, gli Stati Uniti diedero il via ad un’ondata di interventi militari, che ebbero inizio con la 1a Guerra del Golfo. 

Anche se “venduta” come operazione multilaterale, gli Stati Uniti erano il paese primario di quella coalizione di guerra.

Nel giro di pochi anni gli Stati Uniti bombardarono anche le posizioni serbe in Bosnia, prima di dar inizio ad una guerra unilaterale nel Kosovo (tramite la NATO), che era una Provincia della Serbia.

Fu proprio il bombardamento della Serbia a rendere consapevoli i leaders russi della necessità di difendere il proprio paese dalle minacce future, dando il via alla modernizzazione della sua industria della difesa, per dissuadere un eventuale attacco diretto degli americani (e della NATO) agli interessi russi. Tutto ciò non porterà, tuttavia, ad un cambiamento immediato … il potere degli Stati Uniti continuava ad essere al suo apice.


Dopo gli attacchi terroristici dell’11 Settembre gli Stati Uniti intrapresero nuove operazioni militari, fra le quali l’occupazione dell’Afghanistan – un paese situato a metà strada di tutto il mondo, e nei pressi della “Heartland” dell’Eurasia (è il nome che venne dato alla zona centrale dell’Eurasia dal geografo inglese Sir Halford Mackinder, corrispondente grosso modo alla Russia ed alle province limitrofe, ndt).

Quella massiccia espansione delle ricche e potenti forze militari americane all’interno del continente eurasiatico era senza precedenti … ma non segnò il punto culminante dell’era del post Guerra Fredda. L’epitome del “momento unipolare” fu in realtà la campagna “Shock and Awe” del 2003 in Iraq.

In quegli anni gli Stati Uniti bombardarono massicciamente l’Iraq, nell’ambito di una dimostrazione di forza fatta per ricordare al resto del mondo il loro status di unica superpotenza mondiale. Dispiegarono, inoltre, un’incredibile quantità di truppe e di armamenti in quella regione del Medio Oriente.

Ironia della sorte, i successivi costi della guerra e dell’occupazione avrebbero giocato un ruolo notevole nella decrescita della potenza americana, consentendo ad altri paesi come la Russia e la Cina di raccogliere la sfida e di difendersi dagli Stati Uniti nell’ambito della propria sfera d’interesse.

I BALCANI EURASIATICI

Fu proprio nel bel mezzo del “momento unipolare” (nel 1997) che Brzezinski scrisse “The Grand Chessboard” (La Grande Scacchiera), in cui stabilì le priorità geostrategiche degli Stati Uniti per l’Eurasia, ed i mezzi migliori per poterle conseguire.

Egli postulò che era indispensabile, per gli Stati Uniti, mantenere un’influenza dominante sull’Eurasia … e che uno dei modi migliori per poterlo fare era d’impedire la collusione fra Russia e Cina. La strategica “balcanizzazione” della società di tutto il continente eurasiatico era lo strumento-cardine per destabilizzare l’intero continente.

Presa nel suo fine logico, la strategia “Lead From Behind” prevede la creazione di ondate di anarchia etnica, religiosa e politica, in grado di schiantare e smembrare le diverse civiltà della Russia, della Cina e dell’Iran. Si può dire che, per certi aspetti, le guerre degli Stati Uniti in Afghanistan ed in Iraq, con le loro caotiche conseguenze, hanno seguito i dettami filosofici di questo principio.

Ma gli Stati Uniti, per perseguire la destabilizzazione del continente eurasiatico e spingere più in profondità il potere occidentale, hanno anche intrapreso delle operazioni di “cambio di regime”.


IL CAMBIO DI REGIME

Il “cambio di regime” è sempre stata una caratteristica della politica estera americana. A partire dal ribaltamento del governo siriano nel 1949, è stato stimato che la CIA ha rovesciato, o tentato di rovesciare, più di 50 governi, anche se ne ha ammesso solo 7.

Il “cambio di regime” può essere diretto o indiretto. Come esempio della prima specie si può guardare a Panama del 1989 o all’Iraq del 2003, come esempio della seconda si può guardare al “colpo di stato” iraniano del 1953, o alle Rivoluzioni Colorate.

Come ben evidenziato dal recente “colpo di stato” in Ucraina, il “cambio di regime” può essere oggi a buon mercato, solo 5 miliardi di dollari (palese il riferimento alle dichiarazioni di Victoria Nuland, Assistente al Segretario di Stato USA, ndt), una frazione del costo che avrebbe comportato il rovesciamento diretto di Yanukovich e l’invasione di quel paese.

Inoltre, conseguentemente alle circostanze internazionali e alla rinascita della potenza militare russa, potrebbe non essere stato possibile, per gli Stati Uniti, il poterlo fare senza rischiare una guerra di notevole importanza. Le operazioni segrete di “cambio di regime”, pertanto, sono senz’altro da preferire quando sono in gioco gli interessi di altre grandi potenze.

E’ in ogni caso molto importante, per la nuova leadership (che si va a formare conseguentemente al “colpo di stato”, ndt), conseguire legittimità all’interno della comunità internazionale. Visto che la democrazia occidentale è considerata un legittimo standard di governo, le Rivoluzioni Colorate pro-occidentali costituiscono il mezzo ottimale per effettuare il “cambio di regime” in alcuni Stati “mirati”, che attualmente non praticano questa forma di governo.


LE RIVOLUZIONI COLORATE

Le Rivoluzioni Colorate sono supportate dall’esterno da golpes filo-occidentali. Si avvalgono, inoltre, degli strumenti dei social media per infiltrare la società, far crescere le loro fila e migliorare la loro efficacia, dopo che l’operazione “cambio di regime” ha avuto inizio. Manipolando tipicamente dei grandi gruppi di persone, le Rivoluzioni Colorate creano l’illusione che ci sia un vasto movimento popolare di massa, composto da persone scontente che si ergono contro una tirannica dittatura.

Questa percezione – del tutto fuorviante – consente al tentativo di “colpo di stato” di ottenere l’accettazione ed il sostegno della comunità occidentale e la denigrazione, allo stesso tempo, delle legittime autorità che stanno cercando di respingere il rovesciamento illegale. Le manipolazioni delle masse assoggettate sono state progettate per i “movimenti di strada”, e seguono le tattiche proposte da Gene Sharp (http://it.wikipedia.org/wiki/Gene_Sharp, ndt) per amplificare nella massima misura possibile i movimenti di protesta sociale.

Questo nuovo metodo di fare la guerra è veramente efficace, perché presenta un dilemma spaventoso per lo stato che viene colpito: per colpire al cuore la destra militante, può far uso della forza contro i manifestanti civili (che sono de-facto inconsapevoli scudi umani, politicamente manipolati)?

Con gli occhi dei media occidentali a seguire gli sviluppi, può permettersi, il Governo di quello Stato, l’isolamento dalla comunità internazionale, seppur per difendere legalmente sé stesso? In questo modo le Rivoluzioni Colorate presentano al Governo preso di mira una logica strategica del tipo Catch-22 (quando c’è un’apparente possibilità di scelta, ma solo un’unica possibilità, ndt), e non è quindi difficile capire perché sono state distribuite in tutto lo spazio post-sovietico (ma non solo).

Le Rivoluzioni Colorate hanno sostituito i “tradizionali” colpi di stato della CIA, e sono diventati il segreto “​​modus operandi” per effettuare i “cambi di regime”.

Fonte: www.comedonchisciotte.org



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