giovedì 7 giugno 2012

L’Inganno Chemioterapico

Luciano Gianazza

In alcune mie conferenze sul Sistema di Guarigione della Dieta Senza Muco a volte affermo, in occasione della presentazione del libro, che le terapie contro il cancro ufficiali sono inutili e i dati relativi ai miglioramenti falsi, in quanto i farmaci fanno solo raggrinzire il tumore “come una mela raggrinzita, ma il tumore è lì tutto, lo hanno fatto solo restringere”.

In effetti si sente spesso dire che il tumore si è ridotto con la chemioterapia. Il tumore è diventato di dimensioni ridotte, e questo spesso viene fatto passare per regressione, e viene data l’idea che il malato quindi stia guarendo. Oppure si dice che ne è stata contrastata la crescita. Ma cosa significa questo veramente? Significa solo che la dimensione del tumore è minore, non significa affatto un progresso verso la guarigione. L’immagine a sinistra può darti un’idea di cosa intendo.

La guarigione implica la risoluzione della causa che ha prodotto il tumore, con conseguente scomparsa del tumore stesso, il resto è solo un tentare di sopprimere i sintomi.

L’articolo che segue e che ho tradotto contiene i riferimenti scientifici che supportano le mie affermazioni.

Ridurre i tumori, prolunga la vita?..

Per superare la prova di “efficacia”, la FDA [Food and Drug Administration, USA) impone una sostanziale evidenza che i rimedi non salvano vite umane, ma sono efficaci solo per lo scopo per cui sono destinati. "Prove sostanziali" sono definite come "indagini adeguate e ben controllate ... sulla base di ciò che si potrebbe concludere in maniera responsabile ed equa ... che il farmaco avrà l'effetto che si suppone o si è dichiarato che debba avere sotto le condizioni d'uso previste, raccomandate e suggerite nell'etichetta" [1]. Nonostante questo obbligo legale, l’Ufficio del Technology Assessment degli Stati Uniti [OTA) ha riferito che: "Solo dal 10% al 20% di tutti i trattamenti e le procedure attualmente in uso in medicina si sono dimostrati efficaci in studi clinici controllati" [2].

I farmaci contro il cancro sono considerati “efficaci” se meramente comprimono i tumori. Ma la ricerca medica fa notare che le radiazioni e la chemioterapia, pur comprimendo il tumore NON necessariamente prolungano la vita. Un ricercatore che è venuto a questa conclusione nel 1990 è il Dott. Ulrich Abel, biostatistico tedesco. Ha scoperto che la riduzione delle dimensioni del tumore non solo non prolunga la vita, ma può anche causare che il cancro ritorni più aggressivo, dato che mentre uccide la maggior parte della massa tumorale, facilita la crescita di cellule maligne farmaco-resistenti. [3]. La stessa conclusione appare in un articolo del British Medical Journal, che ha detto che, sebbene la riduzione del tumore è il solito modo di misurare l’efficacia della chemioterapia, “la riduzione radiologica dei tumori solidi spesso … ha poco o nessun beneficio nel prolungare la vita della persona … purtroppo, pochi studi hanno confrontato la chemioterapia, con le cure palliative senza chemioterapia “[4].

Uno dei pochi studi che hanno fatto un tale confronto è stato condotto dal Dr. Hardin Jones, professore di fisica medica e fisiologia presso la University of California, Berkeley. Di fronte a una commissione della American Cancer Society, ha dichiarato: “I miei studi hanno definitivamente dimostrato che le vittime del cancro che non ricevono un trattamento chemioterapico, in realtà vivono fino a quattro volte più di quelli che lo ricevono. Per un tipo comune di cancro le persone che hanno rifiutato il trattamento hanno vissuto una media di 12 anni e mezzo. Coloro che hanno accettato l’intervento chirurgico e altri trattamenti hanno vissuto una media di soli 3 anni. [...] Attribuisco questo al traumatico effetto della chirurgia sui meccanismi di difesa naturali corpo. Il corpo ha una difesa naturale contro tutti i tipi di cancro “[5].

La ricerca del Dr. Jones risale a vent’anni fa, ma mancano dati più recenti perché gli studi comparativi su pazienti trattati farmacologicamente e pazienti non trattati non vengono più fatti. Non trattare pazienti con tumori potenzialmente curabili con “provati” metodi è ora considerato non etico. Tutto ciò che fa la maggior parte degli studi sui farmaci oncologici è quello di confrontare l’effetto di due regimi di trattamento, entrambi più o meno ugualmente tossici, sulla proporzione di crescita del tumore [6].

Nel 1984 passando in esame 80 studi di chemioterapia per il cancro al seno ha rivelato che 76 degli studi ha valutato solo restringimento del tumore, non all’effetto sul prolungamento della vita o la qualità della vita, e dei restanti quattro, tre non hanno visto alcuna estensione della vita grazie ai farmaci chemioterapici [7]. Altri riesami hanno ottenuto risultati ugualmente inquietanti [8].

Per quanto riguarda la chirurgia e la radioterapia, entrambi i trattamenti sono stati utilizzati molto prima che i requisiti di “efficacia” della FDA entrassero in vigore. Per la chirurgia, non sono stati condotti studi su grande scala che dimostrino un prolungamento della vita rispetto a quelli che non sono stati sottoposti ad alcun tipo di intervento; e nel caso di radiazioni applicate dopo l’intervento, studi controllati su larga scala su soggetti presi a caso non hanno dimostrato un grande vantaggio nel prolungare la vita rispetto a quelli trattati con il solo intervento chirurgico [9].

Le radiazioni vengono utilizzate per comprimere i tumori in situazioni critiche (per esempio, quando il tumore preme contro un’arteria, le vie aeree, un organo vitale o un nervo), ma in verità l’effetto a lungo termine può essere la riduzione della vita della persona [10]. In un’analisi di otto studi effettuata nel 1987, la conclusione è stata che il rischio di morte dopo dieci anni per le donne che non avevano ricevuto radioterapia dopo l’intervento è stato del 26% inferiore rispetto a quelle che l’avevano ricevuta [11].

Il Dott. John Cairns di Harvard, ha scritto nel 1985 che “la maggior parte dei tumori non può essere curata con le radiazioni, in quanto la dose di raggi X necessaria per uccidere tutte le cellule tumorali uccide anche il paziente” [12].

Nel caso della chemioterapia, sono stati compiuti progressi nel trattamento di alcuni tipi di cancro, ma i farmaci contro il cancro, non hanno ottenuto molto in termini di estensione della vita per i principali tipi di cancro al seno, al colon e al polmone [13] .

Secondo il Dr. Cairns, la chemioterapia impedisce la morte di solo il 2 o il 3% dei pazienti con tumore. Le probabilità che i farmaci uccidono il paziente sono circa gli stessi: tra il 2,5 e il 5% [14]. In uno studio del 1991 rivolto a 250 donne con carcinoma mammario metastatico, nel quale la chemioterapia è stata comparata al non fare alcun trattamento, i farmaci non solo non ha allungato la vita, ma ha causato una significativa diminuzione della qualità della vita [15].

D’altra parte, nel caso di cancro al seno iniziale, è stato trovato un modesto vantaggio per quanto riguarda l’estensione della vita. Una analisi britannica condotta nel 1992, che ha valutato 31 studi clinici randomizzati che coinvolgono 11.000 donne, ha trovato un leggero vantaggio di prolungamento della vita dopo dieci anni nei pazienti che avevano ricevuto “chemioterapia” (più di un farmaco contro il cancro per più un mese). Le probabilità che le donne erano vive dieci anni più tardi, tuttavia, erano solo il 51,3% con i farmaci, contro il 45% senza farmaci, solo il 6,3% in più di prolungamento della vita. E questa infausta prognosi era per donne con tumore al seno allo stadio iniziale “curabile” [16].

Nonostante questi vantaggi modesti, il National Cancer Institute (USA) ha raccomandato la chemioterapia per tutte le pazienti di tumore al seno, con e senza segni visibili di cancro dopo l’intervento chirurgico. La teoria è che intervenendo a largo raggio su migliaia di donne, molte possano essere salvate [17]. Il problema, soprattutto per il 93,7% che non ne trae alcun beneficio risiede negli effetti collaterali devastanti dei farmaci contro il cancro. Praticamente tutti gli agenti chemioterapici sono tossici e immunosoppressivi. Non essendo in grado di distinguere tra cellule tumorali e cellule normali, finiscono per ucciderle entrambe. Inoltre, la maggior parte di essi danno origine a tumori secondari, che possono comparire molti anni dopo un trattamento “di successo” con la chemioterapia [18].

Adattato da Forbidden Medicine (Medicina Proibita – libro non tradotto in italiano) di Hodgson Ellen Brown, distribuito da Third Millennium Press.




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